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Cattolico Paolo
Lavora da molti anni nel mondo informatica, sempre in ambito internazionale. Ha scritto vari racconti, per hobby. E’ anche musicista. Vive presso Nizza, in Francia.
La Farfallomane




Una signora bellissima, dal nome sconosciuto, viveva in uno stabile presso la Nave e metteva inserzioni sui giornali dicendo di portarle farfalle, farfalle di ogni specie, che lei le avrebbe viste, giudicate e se ne valeva la pena anche comperate, al giusto prezzo. Ma, narrava la leggenda, se le farfalle le piacevano, allora pagava offrendo all’ospite il suo corpo meraviglioso.
Non ci voleva di più per gli studenti del Poli... la Farfallomane si impose rapidamente nell’hit parade del nostro immaginario; tutti sognavano di incontrarla, raccontavano storie incredibili, sentite dire dal sentito dire, e probabilmente si tenevano nel portafogli un paio di tignolette, casomai gli venisse l’ispirazione o il colpo di c.
Una sera ero rimasto al Pub F....’s con i due fratelli Cozzi; al Pub non ci andavo quasi mai, men che meno prima di cena, ma forse era una sera speciale, credo fossero finite le sessioni di febbraio, non so. Attaccammo bottone con un tizio alto e biondo, una faccia da russo, statica, l’occhio perso lontano. Parlammo dapprima di un raid che la polizia aveva fatto la sera prima per tirar su i soliti due o tre preccoli davanti al cancello di piazza da Vinci, e poi lui tirò fuori un cartoncino, formato carta di credito.
- Questo, ragazzi... è il via libera - disse.
- Ah si?! Cos’è, un biglietto del treno scaduto? - chiedemmo.
- Eh, guardino qui, cari...- lo girò, e c’era sopra incollata una farfalla, piccolissima.
- Oh, un’altro - disse il Cozzi minore - adesso ci dirai che ti sei fatto la Farfallomane!
- No.
- Bè, almeno è sincero - dissi io.
- Però l’ho vista! - disse il russo.
- E quando?
- La settimana scorsa.... Sono andato da lei, ma non mi ha voluto, forse non sono abbastanza bello, non so. Mi ha detto: mi spiace, ma se qualcuno dei tuoi amici venisse lui con questa farfalla, magari, se è un bel ragazzo...
- Cazzo! - dicemmo.
- Anche più di uno, potete andarci... - concluse lui, e fece roteare la cartina.
Così fu chiaro che cosa voleva; noi gli pagavamo le due birre che s’era scolato, più gli lasciavamo abbastanza per imbriacarsi tutta la sera, forse anche il sabato, e lui ci dava l’indirizzo della Farfallomane, nonché la tesserina magica. Facemmo finta di ridere, come se avessimo capito che era la solita fregnacciata e a noi non c’importava, che tanto scopavamo quanto volevamo.... durò circa dieci secondi.
- Va bene - disse il Cozzi grande - dài, daccelo! - E mettemmo tutti i soldi su un piattino.
Lo stabile era “di tono medio”, commentarono i fratelli; in effetti era uguale a tutti quelli che si trovavano presso la Nave. C’era il giardinetto oblungo, che separava il palazzo dal marciapiede, il cancello alto e appuntito, la cassette delle lettere luccicanti ma un po' scassate. Suonammo sull’unico campanello senza nome, il quarto nella prima colonna, ancora lo ricordo.
- Sì? – rispose una voce
- Ehm, scusi l’orario signora, siamo tre studenti, avremmo delle farfalle...
- Ok, salite pure, al terzo piano.
Click.
A me lo stomaco cominciò a farfugliare, e probabilmente anche ai due Cozzi. Il più giovane aveva quasi paura... “Andiamo veramente?” diceva.
Prendemmo l’ascensore e montammo su.
Al terzo piano si aprì una porta, e ne uscì lei, con una spece di tuta di spugna, morbida, i capelli rossi, luminosi sulla sua faccia di mela, forse quarantatrè anni, e disse prego, prego, accomodatevi.
Ci siamo, pensammo, entriamo nel suo regno e sia quel che sia.
La casa aveva molte carte geografiche, appese ai muri, anche alcuni bei disegni, riconobbi un ponte levatoio di V..., che avevamo studiato. C’erano varie statue, anche, astratte e sensuali. Due divani, rossi, un tavolo di vetro, sul quale era serigrafata la sua foto. Un paradiso. E nemmeno una farfalla in giro.
Lei disse:
- Vi va un drink?... L’aperitivo della casa, diciamo...
- Grazie.
- Allora, cosa avete lì?
- Abbiamo portato una farfalla! – disse il Cozzi piccolo, veramente lo avevamo già detto al citofono, ma non ci veniva in mente nient’altro.
- E com’è?
Lui tolse la cartina e glie la mostrò. Lei sorrise:
- Questa è morta, e non è neppure tanto speciale.
- Ah... lei le vuole vive?! – dicemmo, mandando il russo, mentalmente ed in coro, laggiù nelle miniere da cui non si torna.
- Oh, non fa nulla... forse vi pagherò lo stesso – disse. Ma lo disse in un modo strano, come se ci minacciasse. In effetti mi diede un piccolo brivido, con tutto che fosse così attraente. Anche i Cozzi avevano sentito la stessa scossa.
- Scusi - dissi – non avevamo capito che le voleva vive.... le tiene in gabbia?
- No, le succhio vive – disse lei – proprio come vi succhierò a voi, uno dopo l’altro!
Noi restammo lì, di marmo, a guardarla, poi il vento mosse le persiane abbassate, e si udì uno strano rumore nella stanza accanto.
- Beh, se non è per le farfalle - disse il Cozzi minore -... allora noi andiamo.
- Ma dài... senza neanche assaggiare un drink, non abbiate fretta, su... - disse lei.
- No.... si figuri, andiamo, veramente – disse, e i due fratelli uscirono davvero, guardandomi fisso come per dirmi ma che zz fai, resti qui? Guarda che ti filmano, ti fotografano e domani sei in prima pagina su qualche giornale porno, ah , poi vediamo tua mamma, a Monzoro (non abitavo a Monzoro...), che ne dice.... oppure di là c’è un paio di negri che ti sfondano, che è anche peggio... ciao, resta pure qui, a domani, forse. E uscirono.
Lei disse:
- Un po' mollucci, i tuoi amici... tu invece non hai paura di me?
- Mah... cosa potrebbe farmi?
- Ucciderti, trasformarti in farfalla... – rise.
- Forse più probabilmente farmi filmare e rivendere lo scoop, ricattarmi...
- No. – disse lei, seria.
- Attaccarmi una malattia...
- Ci proteggiamo, dai...
- Beh, ci sono altre ipotesi. Potrebbe esserci qualcuno, di là.
- Si, c'è, è il mio cane, parola, e lo devo portar fuori, ma dopo.... dopo. Ora, posso?
E incominciò a slacciarmi la camicia.
Quando uscii dallo stabile erano le due e mezza di notte.
Mi avviai verso il pensionato universitario, e nemmeno a farlo apposta mi imbattei nel russo, che era lì in giro da solo, e probabilmente mi vide perché aveva raggiunto l’al di là della sbrega, quando anche i sensi funzionano dal tanto che sono imballati.
- Allora, com’è andata? – mi urlò dall’altro lato del marciapiede.
- Niente, – mentii – voleva solo le farfalle, e allora siamo andati via, a fare un giro in centro, al Graniga.
- Oh, mi spiace.
- No, avevi ragione, comunque esiste ed è una gran f, ma non è per tutti.
- Ok, buonanotte, ciao.
- Ciao.
Infine mi sedetti sulle panchine del Politecnico, al freddo. Così, pensai, ecco che ho fatto l’amore. E ho scoperto che anche alla donna piace, e che è fantastico, piacerle. Chissà come mai non ci avevo mai pensato, prima.
Feci anche dei progetti, le avrei portato dei regali... poi conclusi che avrei avuto sempre un posto dove andare, adesso... forse avremmo potuto abitare insieme, un giorno... così naturalmente, con forza tranquilla, sentii che stava per cominciare una nuova vita.
Ma il mattino seguente, mentre tornavo a casa, in treno, mi accadde di pensare un po' meno a lei, come se volessi mettere il pensiero da parte e lasciarlo lì. Forse a causa di quella frase che lei mi aveva detto... “Ti adoro”.
Voleva dire troppo, per me, voleva dire aver più coraggio dello sfidare il negro nascosto, il film, il ricatto... ma lo capivo solo vagamente.
Bè, incredibile, ma in definitiva non ci sono più tornato. E ogni volta che gli altri raccontavano le storie su di lei, guardavo da un’altra parte e cercavo di cambiare argomento.
Poi fu soppiantata da altre leggende.
E io mi ricordai di lei solo la voglia tra noi due, quella notte fuori dal tempo ed un’altra piccola frase, che mi aveva detto, in francese: l’amore ha avuto paura dell’amore, che credo appartenesse a un musical.
Col tempo, tutto si è perso nei metrò, nelle lotte per l’esame, il voto, il posto, la cattedra e tutto il vario escrementume che costituisce “la vita” nel mondo universitario.
Ho avuto altre avventure, con varie donne, colleghe. Affari da poco, di cui ci vergognavamo noi stessi il mese dopo.
In nessuna ho trovato la minima somiglianza con quella volta. Né ho più provato quel bisogno disperato di prolungare un momento per sempre e per sempre, anche se è solo un t con zero, un flash di ipervisione, un battito d’ali...
Una sera ho incontrato il russo, a una cena del Consiglio di Facoltà. Insegna anche lui, come me, come molti di noi. Gli ho chiesto se si ricordasse della Farfallomane, ma mi ha guardato come fossi un deficiente. Gli ho raccontato com’era cominciata, al Pub.... e lui a dire di no, e a trattarmi come uno che aveva alzato il gomito.
Ma tale è il destino delle leggende, mi son detto. E tale è la necessità di amare. Continuiamo a parlarne e parlarne, ma appena diventa vera, calda, e umana, non c’interessa più così tanto.
Meglio tornare al bar a parlare di troie fenomenali, che te la danno per una farfalla.
Come loro, vivono solo un giorno, e poi è finita.


IL GIUDIZIO UNIVERSALE




Adesso mi dirà che sarebbe stato meglio incontrarsi prima, abbiamo aspettato troppo, ma forse ha bisogno d’un po’ aiuto per dirlo, meglio che gli dia io il la.
- È così strano, adesso. – gli dico
- È tutto il tempo che è passato – risponde lui - troppo... abbiamo aspettato così a lungo, prima di rivederci...
E’ un’ottima persona. Assolutamente buona e prevedibile. In montagna d’inverno fa freddo, per lui come per tutti noi, me lo dirà tra poco anche quello.
- Ora che fai, nella vita? Sei sposato? - chiedo
- Si.... Da cinque anni, ma senza bambini, e tu?
- Uguale.
- Lavori? – mi chiede
- Certo. Una cosa originale, pensa, faccio la ... la giardiniera, mantengo una decina di giardini, cioè, taglio l’erba, poto le piante, curo l’irrigazione... quelle cose lì
- Ma pensa.... E lo fai tu?!
- Beh... i, si, insieme a una socia! Due donne e via!
- Ma dove?
- Lì dove abitiamo, in Costa Azzurra.
- Ma ... è una bella differenza!
- Differenza... da me, cioè da com’ero prima? O da te?
- Differenza da quassù... qui fa così freddo, non ci sono giardini così belli come in Costa Azzurra.
Ah, ecco che il freddo l’ha tirato in ballo, anche se proprio sul gong. Proprio lui. Inossidabile. Continuiamo a chiacchierare, guardicchiamo il menù e a volte ci sbirciamo sopra, il camino scoppietta, gli altri clienti del ristorante galleggiano lontani.
- In effetti, quando sono arrivata volevo fare l’interprete, per due o tre mesi. O la hostess per le conferenze. Però sono arrivata troppo presto, cioè, le conferenze importanti cominciavano solo in ottobre, e allora ho cercato un lavoretto, giusto per mantenermi per qualche tempo, ho trovato un posto di aiuto giardiniere... un caso, poi ho conosciuto la mia futura socia, e via... mah, tutto è stato un po’ irreale.
- Ma prima le piante ti piacevano?
- Non so. Ho sempre abitato in un palazzo, con un giardinetto striminzito, e non ci ho mai tagliato l’erba di sabato... altra epoca. Beh, tu invece?
- Io, sempre il solito.
- Sempre a scuola? – chiedo, visto che lui era già all’epoca professore di lettere, faceva le supplenze al liceo
- Veramente no... dicevo “il solito” così, in generale. In effetti sono disoccupato.
- Ah... da poco?
- Da un anno... da quando, beh, da quando sono uscito. Cioè, sono stato in prigione, pensa un po’. Fa stranissimo dirlo....
- In prigione?! Stai scherzando? Tu?
- Dicevano che ho molestato un bambino...
- Cosa??
- Lui ha testimoniato, e anche un altro professore... incredibile. Mentivano così bene. Poi il dubbio ha iniziato a serpeggiare…
- Ti hanno condannato? Cioè, ti sei scontato la pena per una cosa così... pedofilia? tu?
- Si, otto mesi. Niente condizionale.
- E in carcere, oh Dio... scusa... mi spiace io son stata qui a dirti dei miei giardini…. E in carcere? Come ti trattavano? Non vuoi parlarne?
- In carcere è stata dura. Mi aspettavo che mi picchiassero, o peggio. Beh, quello non è successo, ma comunque è stata dura.
- Tua moglie ti è rimasta vicina?
- Si’...è stata bravissima, veniva a trovarmi, e mi ha aspettato all’uscita, l’anno scorso. Ora però siamo separati, cioè formalmente ancora sposati, ma... è un momento un po’ difficile, stranamente era più facile quando ero dentro. In più ora lei lavora lontano. Beh, dimmi di tuo marito, adesso.
Cosa devo dirgli? Mi sento un po’ deficiente, un po’ misera. La verità? ... vada per la verità.
- Beh, scusa, scusa... non volevo mentire... non ho proprio un “marito”, ho una specie di compagno... non proprio un marito ufficiale
- Non c’è gran differenza. Com’è?
Beh, c’è una bella differenza, vorrei dirgli. Ci vediamo solo per scopare. E i compagni sono tre, sì hai capito bene, tre, ogni tanto si esce insieme, si balla, si fa l’amore, ma con la a minuscola, poi ci si saluta, e il seguito alla prossima puntata. Vediamo di rispondere:
- E’... occasionale, non abitiamo proprio insieme. Più che altro, ci vediamo per il sesso.
- Beh, serve anche quello.
- Ehm.. e dopo la prigione... i tuoi amici, i colleghi, ti sono rimasti accanto?
- La maggior parte sì. Ah, già, dimenticavo...
- Cosa?
- Dimenticavo la parte più importante, o più divertente. Insomma poi hanno scoperto, che il bambino mentiva... aveva come una malattia. Mah, alla fine la giustizia ha trionfato- ...
- Comunque ormai era tardi per rimettere in causa tutto, mancava solo qualche settimana e tanto valeva finire di scontare la pena. Se riaprivamo il caso rischiavo di farmi dell’altra carcerazione preventiva... magari no, non so, visto come van le cose là...
- E il professore bugiardo?
- Trasferito. Dimenticato. Alla fine....
- Alla fine cosa?
- Ho pagato per qualcun’altro, ed è male ma forse ... boh, forse ho pagato così per un altro debito
- Per un altro debito? Per qualcos’altro che hai fatto?
- Si.
- Beh ma è troppo... cioè, non so cos’altro hai fatto, ecco, non venirmi a dire la storia tra noi, sarebbe una bella cagata di venirmi a dire che meritavi il carcere perché’ mi hai lasciata, dai... magari un pugno, un calcio, non so ... ma... dai... soffrire così...
- Beh, però ti ho fatto male.
- Mi fa più male sapere quello che hai passato!
- Va be’, è passato... Adesso forse è meglio che ordiniamo qualcosa.
Vorrei chiedergli qualcos’altro sul carcere, ma non vuole parlarne. Il fatto della pena scontata per me, poi... questo è proprio lui. Ha avuto anni tragici, vero, ma questa visione così da melodramma, sconta i peccati per me... ecco lui, sempre così, da ogni cosa viene fuori il Giudizio Universale, e lui sta sempre tra le vittime.
Ordiniamo lo stesso piatto.
Appena tocchiamo il vino, poi andiamo insieme a vedere il suo appartamento.
*
E’ tristarello ma in un modo familiare qui, pulito, e con un buon profumo, disegni e libri dappertutto, un disordine un po’ geniale, una visione in fondo sempre positiva. In una parola: lui.
- Ti faccio bere, adesso... – dice.
- Magari se fai il caffè, accetto la correzione grappa
- Va bene, però accompagnami di là, che mentre lo preparo chiacchieriamo
- Va bene, andiamo... qui, come va a donne? Ricevi?
- Oh sì... qualche ex-collega, qualche persona conosciuta su internet
- E... andate fino in fondo?
- Dai, ...
- Ma parla, su... siamo amici, adesso, o no?
- Amici per sempre. Ok, mi è andata bene, per dirla così, un due volte, da quando sono uscito. Prima mai, c’era mia moglie.
“Amici Per Sempre” dice, il mio amico del cuore... perché’ sono venuta? Ora mi sta facendo rimbalzare il cuore, sfrigolare la pelle, gli occhi non so più dove metterli... perché’?
- Stai bene coi capelli raccolti - dice
- Grazie – dico io, poi spegne il caffè, che non è venuto su, e passa un bel pezzo prima che ci diciamo una parola, solo spasimi e baci e mani che scivolano su di noi.
E’ piena notte, quando mi sveglio, lui sta leggendo a letto.
Strano, non eravamo mai stati a letto così, da coppietta sposata, lui con un libro in mano....
- Ciao – gli dico
- Ciao...
- E’ stato bello
- Sì, intenso.... Non trovo il modo per dirlo.
Passano le ore, ci diciamo cose molto semplici.
Io devo ripartire, domani ho un appuntamento, sono sei ore di viaggio... verso le sei e mezza mi alzo, mi rifaccio la doccia, esco e lui è lì.
Ha preparato la colazione, è per metà in pigiama, forse vuole offrirsi di accompagnarmi, poi però ci ha ripensato.
- Cosa farai tutto il giorno, qui? - chiedo.
- Come, cosa faccio?!... – dice lui – insegno!
- Ma scusa.... Se sei disoccupato!
- No, figurati, sono anche di ruolo, dall’anno scorso.
- Ma se me l’hai detto ieri, per via del carcere...
Lui ride, e capisco che erano tutte balle.
Il pedofilo... i colleghi che capiscono ma non dicono, ma lui resta in carcere... oh, Dio mio, che favole, ecco... ed io, la solita deficiente.
Ride e sorride, disarmante, ma sì, che differenza fa, sembra dire, se ero cattivo, se sembravo cattivo, se sono buono....
Probabilmente lo avremmo fatto lo stesso. Ci desideriamo, lui sempre coi suoi modi da tenerone, e io....
Così ci baciamo, tanto, ma questa volta non spegniamo il caffè, e quando ci separiamo lo facciamo ridendo; lui promette che domenica prossima verrà a trovarmi, e so che questa volta non mente.
*
Siamo alla terza istantanea di questa storia. È molto breve. È anche solenne, lontana dalle banalità di cui sopra, che però ci raccontano più di tante altre cose.
L’ultima immagine che ho di lui è una foto.
Schiantato sotto un camion. Dietro la sua un’altra auto, una intera famiglia... che però ne è uscita illesa. L’incidente è stato dopo Menton, a pochi chilometri da qui.
Quando non l’ho visto arrivare, quel sabato, ho subito pensato che gli fosse capitato qualcosa. Sapevo che lui, anche se racconta storie, su certe cose non scherza, e noi ci capiamo così.
Adesso mi vengono in mente solo cose cretine.
Tipo, adesso piangerò un po’, ma poi riprenderò a frequentare i miei tre tizi, dopo aver sistemato i giardini. Non cambierà niente, mi ci vorrà qualche tempo ma poi la vita è più forte... bella massima, il meglio che la filosofia possa produrre, oggi.
Poi penso anche: sarebbe lo stesso se lui, per dire, fosse rimasto paralizzato nell’incidente, vegetale, e io qui a imboccarlo e vederlo deperire… Meglio smettere.
Ho pianto per due giorni.
Ho dormito e guardato fuori per altri dodici.
Poi ho messo un paio di pantaloni che mi aveva regalato e sono uscita, al X….
Ho bevuto. Ho incontrato Roger. Ho scopato.
Mi ha detto che sono la fine del mondo.
Alla fine del mondo c’è il Giudizio Universale, ho pensato.
Ed è tutto quello che mi è rimasto di lui.
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