Vai ai contenuti
Daniela milani
Nata a Venezia
Pubblicazioni:
ESP in Laguna (ed. Paoline) Gente del Lido , Gente di Osteria, Il pane è da millenni (ed Helvetia) Il Pane a Venezia, El Felze, Gli Scaletteri, Fondamenta dei vetrai (Centro Internazionale della Grafica) Naufragio a Rost (Panorama ed.) Alchimie (Granviale e Supernova).
Inoltre più libri di favole e racconti per l’infanzia

ROMANZO
 Questo non è un “giallo”. E’ il racconto dello scorrere di una normale vita familiare al cui interno, dall’improvvisa apertura di una finestra entra, come nebbia, un’atmosfera densa, opaca che ha molto da spartire con le pagine del succitato genere letterario.

Il romanzo ha inizio senza un fatto delittuoso, né tantomeno il corpo di una vittima. C’è di certo solo una persona che è scomparsa, nella cui bella casa va a vivere la protagonista Matilde, con la sua famiglia.

Gli anni trascorrono tra varie vicende e la curiosità che all’inizio aveva destato la misteriosa scomparsa sembra assopita.

Eppure, a volte, anche l’evento più occasionale può riaprire un capitolo.

La componente misteriosa, enigmatica, il sottile filo che attraversa i vari momenti del quotidiano, che a volte si tende, a volte scompare generando un’atmosfera inquietante è sicuramente figlia della creatività dell’autrice.

L’amore per la famiglia, il senso di possesso che genera quel guscio protettivo che è la casa sono sentimenti autentici, emergenti tra le righe, quasi all’insaputa di chi le scrive.

 Il   giardino dalle lucertole con la coda mozza


Prologo


Ci fu un momento, negli anni a cavallo tra i   due millenni, quando ormai la vita di Matilde era avviata su binari   sicuri, in cui tutte le sue certezze, i chiodi ben infissi sulla   parete rocciosa che è la nostra vita, sembrarono vacillare, mettendo   in crisi quel suo equilibrio che l’aveva sempre retta, così come un   solido capitale sostiene il percorso di un’azienda.

I cani, i fiori, il giardino, la bella casa,   l’affetto per i figli e per il compagno sembrarono scossi da un   vento cattivo che non avrebbe lasciato più tutto come prima.

Si comprenderà proseguendo la lettura,   perché il patrimonio affettivo/domestico di Matilde procedesse in   questo ordine “cani, fiori…”

Cap. I

L’olio bollente sfriggeva a ogni nuova fetta   di melanzana immersa. Quella sera, a cena, avrebbe preparato un   piatto di caponata alla siciliana da accompagnare con il manzo   freddo.

Matilde, interrompendo il suo lavoro,   sollevò le tendine della finestra, posta a fianco del fornello.   Perché Telma stava abbaiando così?

Il cane, o meglio la signorina, essendo   stata sterilizzata in giovane età, era un meticcio, per metà husky e   per metà boxer: di quest’ultimo conservava il colore inconfondibile   del manto e la mascherina del muso nera, mentre dal siberiano aveva   preso il muso un po’ allungato e la criniera di peli del dorso che,   normalmente piatta, quando abbaiava ai cancelli, inviperita, formava   una cresta irta di peli da far invidia a un istrice.

Come sono snob, i cani, non poté fare a meno   di pensare Matilde guardando un signore anziano che procedeva   faticosamente, oggetto di tanta irosa attenzione, abbaiano sempre   alla povera gente, quella che veste male o che si muove con   sciatteria…

“Brava!” la incoraggiò e subito tornò ai   fornelli per rigirare una melanzana che si stava bruciacchiando.   Seguendo una sua teoria, che aveva elaborato durante la sua lunga   frequentazione di cani da compagnia, essi andavano incoraggiati   quando assolvevano al loro ruolo di difensori della proprietà. Il   loro lavoro ai cancelli di casa andava riconosciuto e premiato.

Era questo uno dei motivi, ma non il solo,   per cui una abitazione come quella in cui la sua famiglia viveva,   aveva assoluto bisogno di un guardiano, così isolata e con quei   cancelli esposti sulla via.

Le melanzane erano già tutte fritte e, non   appena si fossero raffreddate, le avrebbe disposte in una teglia da   forno con gli altri ingredienti. Così si sedette sui gradini   dell’ingresso a godere gli ultimi raggi di sole di quella lunga   stagione, calda e luminosa, che sembrava non voler cedere il passo   all’inverno.

I cani, questa casa e soprattutto il vasto   giardino sono un insieme inscindibile, pensò ancora una volta mentre   lo sguardo spaziava intorno. Fu così che il pensiero corse ai   numerosi quattro zampe che le avevano fatto compagnia per una bella   fetta di vita.

Poco dopo il loro trasferimento nell’ampia   villa, ci fu un tentativo di furto nella soffitta, alla quale si   accedeva da un ingresso indipendente, dopo essere saliti per una   lunga scala esterna dagli alti gradini.

Tale evento casuale, considerato da tutti un   po’ inquietante, fece decidere a Francesco (lei lo aveva già deciso)   di tenere un cane. Oltre alla guardia, ecco la logica del marito,   avrebbe fatto compagnia a lei, per troppe ore sola in casa e sarebbe   cresciuto assieme ai bimbi, educandoli all’amore e alla cura per le   creature più piccole.

La proposta venne accolta nell’entusiasmo   generale e fu così che, in una domenica di maggio di tanti anni   prima (Matilde ricordava che era il giorno della festa della mamma)   si recarono tutti e quattro a scegliere il nuovo amico, in un paese   a un centinaio di chilometri da casa. Erano tutti al settimo cielo e   Matilde lo ricordava ancora come uno dei giorni più felici della sua   vita.

Lo lasciarono scegliere a lei, era appunto   la festa della mamma, ed ella lo volle maschio e proprio quello, non   perché fosse il più grosso della cucciolata, ma perché era affetto   da un lieve strabismo.

Un po’ come Francesco, aveva pensato, il cui   volto con i suoi difetti, Matilde amava tanto.

I proprietari del canile diede loro per il   cuccioletto un sacchetto di biscotti per cani, fatti a forma di   animaletti. Sarebbero dovuti bastare per l’intera giornata, che la   famiglia aveva così programmato: breve gita fino alle colline e   pranzo al ristorante a base di asparagi.

Già, si era in maggio… ricordava ancora   Matilde.

Non avevano lasciato il canile alle spalle,   che Snoopy, il nuovo componente della famiglia, aveva divorato   l’intero sacchetto, a eccezione della carta toltale velocemente di   bocca.

Era stato quello l’annuncio che, per tutta   la lunga vita, l’amico sarebbe stato perseguitato da un appetito   insaziabile.

“E’ la razza maremmana” commentavano in   famiglia guardando la grande ciotola sempre, disperatamente vuota.

“E’ una razza che conserva nel suo dna una   fame atavica.”


Continua...
 Nella presente antologia è stata riportata solo la parte introduttiva del romanzo.

Per l’Opera completa contattare l’Autore.

Torna ai contenuti