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Dante Carraro
Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana dal 1982.
Accademico della Pontificia Accademia Tiberina delle Arti e delle Scienze dal 1992. Medaglia d’oro nel 2010 per i servigi resi alla comunità di Quarto d’Altino.
Medaglia d’oro per le opere pittorico-poetiche “Il Sile tra Natura e Arte” (2011) e per l’opera storico-poetica-plastica “ALTINUM – La Ricerca” (2014), ricevute dal Presidente della Repubblica On. Giorgio Napolitano.
Bibliografia: 8 sillogi, 44 antologie nazionali, 34 premi nazionali in lingua italiana, 6 premi in Vernacolo veneziano.
CORRUSCA E’ LA BELLEZZA INTORNO

Senti il mio canto:
si fida solo di suoni sommessi,
perché l’ascolto n’è più dolce.

Quando luce rosa precede il sole
brividi di vento la scoprono un po’, la spogliano dal velo
come una bella donna svegliata all’amore.
Aspra e maliòsa riannoda i pensieri
sulle semplici cose conosciute,
conduce le lontane e immaginate,
nutre la fantasia o dei remoti arpeggi di remoti cantori.

In pieno giorno, quando il sole splende così vivamente,
“nuvole” si sperdono in un frullo di aironi,
dee color giunco ergono la lunga arpa delle loro dita,
l’anima appesa a un sorriso canta
attorno, nello spazio che non pesa,
leggera, sospesa, semina sogni
nell’Infinito che T’appartiene,
dove ogni strido è un richiamo d’Eterno.
Natura sì la privilègia…
D’oro giada bordeaux si tinge all’imbrunire;
bagliori d’amaranto viola la fine
segue lo sguardo il montare della sera,
dal fondo oscura, arresa al buio, penetra il cielo.

A sera il sortilegio dura:
battito lento in cadenza dei remi,
Bach sconosciuto accompagna il mio ultimo canto:

“…non disturbarla, mio canto, Laguna è già assopita”,

tutto riposa, sciolto è ogni giogo.
Nuvole rosa trasparenti passano sul grande cielo;
la luna sorge dalle infinite profondità,
abbellendola come una tenera donna che si appresta ed adorna.
Poi è ancora l’immenso silenzio
assorto, con echi d’attesa…
SOSTANO I TUOI OCCHI SULL’ACQUA

Sosta sulla riva
della Laguna... Sosta.

E’ un posto per starci,
per distendere all’ombra,
di un’età stramatura, i nervi.

Gira il gabbiano a frotte
e l’airone s’attarda al nido,
e il pescatore si flette
seguendo i giunchi
popolati del ghèbio.

Forse non è solo il tuo cuore
mentre segui la mossa
del vento che indugia
nel casone da caccia
abbandonato, in gramaglie
tesse pensieri e foglie
nell’unico filo che lento
si torce e s’avanza nella tela
resa lucida dall’attesa.

E’ inutile ti pare
quel suono che svirgola
da Burano a Mazzorbo a Torcello
a Treporti, seguendo i campanili
che tacciono adesso
ma riprenderanno stasera
con battiti frementi oltre i canneti
e destano memorie e volti.

Resta lì… Tenero il fru-fru,
pigolìo degli uccelli
senti il rumore dell’onda che cresce
dei sentimenti che sottovoce parlano
dei pensieri di vento che si specchiano
dentro le porte dell’Infinito.
Dio viene col vento?
Urlo di silenzio la sua voce
Sull’orlo del Tutto e del Nulla.

T’ascolterai parlare… e ti sorprenderai
a pensare come possa da un giorno all’altro
tu correre lontano da lì
o fermarti sulla riva
e riguardare il casone da caccia rosso,
il pescatore, gli aironi e i gabbiani
e la saetta che incide
già le velme e le barene.

Tu guardi Laguna
e un desiderio ti vince
di partire
e restare.
LIO PICCOLO

Sussurro di fiori
soffici dai tamerici
chiama farfalle
libellule ballerine
lungo i canaletti chiari.

Lungo la strada piena di curve
che porta al paese,
sciacquìi, e appresso,
lento qualche ciangottìo
e gridìi striduli
- fedele sintonia, quasi ripetitiva -
battito d’ali e il passo delle onde piccole
verdognole, crescenti,
sono fiato, vena, luce,
non respiro di gente.

Vengo alle sue pietre - spesso -
e ancora mi afferra il tempo
che distende e intorbida
la sua storia.
Loro sanno l’antico canto,
cielo lontano, suono, stagioni.
Solo tempo monotono
hanno in cuore; e diventa l’affanno
ascoltare quel lamento
che non sosta, fatto di eguale moto, senza vita.

LIO PICCOLO,

anche se non lo si vive
lungamente, imprigiona l’anima.
E mi turba un destino di abbandono,
finestre vuote senza eccesso di luce.

Ma la sua tomba è dimora di gatti
che nessuno accarezza.
Qui,
in questo altrove
è polvere di silenzio
la memoria rimasta,
silenzio così profondo
da far vibrare l’aria…
IL POSTO DELLE CONCHIGLIE

Figlia,
non su tutta la terra
non dovunque ma solo
dove oggi ti penso,
dove il mio sguardo corre
su uno scorcio di natura,
dove scelse il mio cuore,
non è più il “senso” inquieto a prevalere
ma l’armonia vitale, equilibrata, cosmica.

Colto da un’aura sospesa, adatta allo spirito,
per la soavitudine interiore che provoca,
e che fa bene all’anima,

IL POSTO DELLE TRENT’UNO DIGHE

sa farci conciliare con le asperità del quotidiano;
aggraziato e, di volta in volta, smisurato
in orizzonti informali
al liminare della favola
e del racconto nostalgico,

COSI’ BELLO -

ha un paragone di più alto livello,
il giardino zen e le sue quindici pietre:

…l’onda scura… lo sciacquìo dell’onda…
       …intorno l’onda… e l’onda infinita…
                                        un’onda crea…,

ti fa star bene
star male,
perché “tra iniqui rumori” t’avvicina,
un passo in più,
al “silenzio del Cosmo”.

Spalle al fiume Sile, in dissolvenza
finisce sottilissimo a Punta Sabbioni,
dove puoi spalancare le braccia, sentire il vento,
fors’anche le stelle…
Ti porta indietro quando è grigio autunnale…
ti porta in direzione opposta, dove lascia intravedere
voli pindarici e qualche ricordo rimasto,
fugace, e di per sé incline a svanire
nell’assenza di un punto
o nella levità di un volo, vero.

Non su la terra
non dovunque ma solo
NEL POSTO DELLE CONCHIGLIE
dove oggi mi rinvenni,
dove scelse il mio cuore…
UNA VOLTA

Barena
di bianchi aironi
dove il silenzio crespo
limpido su banchi di sabbia
sospeso
traccia su lunghe linee
di buio obliquo
attira la mente…

Era tempo di crescita.
Eravamo
dentro l’erba alta
noi e te.
Volgeva tra pioggia e schiarita
la vaga ruota dai raggi.
Nell’aria sfocava il paesaggio.

Eravamo alla verde età
(quella che più non torna)
alunni al tuo sapere
sospesi in un mondo,
esitanti…
Ombre
di vetro:
gentili.
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