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Elisabetta Liberatore
Sono nata a Pratola Peligna (AQ) nel 1966, dove vivo con la mia famiglia e lavoro come quadro direttivo bancario.
Ho ricevuto svariati premi e riconoscimenti.
Il mio esordio è recente e risale al novembre 2018.
NARCISO

Sboccai in un limbo
dalle livide pareti cineree,
sovente incendiata da scoppi d’ansia
gementi come lingue di fuoco
ritorte in camini che promettono
cenere nel fondo di braci ardenti.
Scuotevo l’anima da ancestrali torpori,
ignorando le vacue scintille di polvere
sul tuo sguardo acceso di gaudio,
tu, intabarrato nel tuo costume
votato all’inganno,
accecato da numinose effigi
plasmate su specchi bugiardi,
lembi di miserie esibite in monologhi
rigurgitati come povera mercanzia,
tracimando oltre confini
ignorati nel vano multiplo
mostrarti in spasmodici
approdi negati,
o raccontandoti mostrando
miraggi cuciti nell’orgiastico
tripudio dell’Io.
Alle tue ingarbugliate
metafore agoniche,
dal languore ubriaco di vaniloqui,
ventilai i miei orizzonti fragili
su terreni d’argilla,
il mio muto non senso
sulla tua desolata pantomima
soffiata nella polvere.
SUSSULTO NELLA QUIETE

Se la luce inonda, padrona,
pertugi ove riposte brulicano
esistenze sospese
in universi indifferenti,
senza scampo o requie
per chi indugiava nell'ombra,
beando nella negazione
dell'immagine il proprio profilo,
nulla sfugge al tripudio radioso,
immobile e assorto;
al di là del vano confine
opposto al bruire di tinte,
l'anima imbelle stornata
dai immoti risvegli,
folgorata da tanto lentissimo stupore,
indugia esitante, celando ferite
e rughe di silenzio mentre il cielo,
cerulea cupola su chiome esauste,
come serena plaga marina,
irrompe nella valle
venata di suoni e bisbigli.
Condanna o redenzione
questa bionda freccia
che passa da parte a parte?
Spingersi a viva forza
nel chiarore ch'esulta
ebbro di vita ch'edifica
e trafigge, irreparabile e primaria,
nella quiete il sussulto
che tutto rigenera.
 MERIGGIO

Sulle cime spoglie di neve
tarda ad ancorarsi il crepuscolo,
annegato da fiotti di nubi bigie
cariche di umide stille,
Sono qui, indolente
in questa curva del tempo,
illesa, in un’ansiosa marea
epicrasi di istanti vissuti,
occasioni sospese
nella vischiosa trama di incertezze;
voci rare orchestrano capannelli
nella profondissima
requie del meriggio,
effigi sulle sponde indocili
di questo rivo gorgogliante;
la tua presenza è una carezza
sui miei inesplicati turbini,
vi attingo a piene mani
inondando l’anima
del tuo sguardo ceruleo.
Più in là poche auto stridono
gemendo come bestie ferite
in un grigio moto perpetuo,
vaghi echi di campane festose
propagano speranza
negli animi in festa;
presto sarà buio
e un firmamento di luci tremule
rischiarerà il borgo
rapito dalle tenebre,
strade e vicoli saranno
come opachi nastri di cemento,
ove passi furtivi risuoneranno
tra pietre e ciottoli.
 NELLA VECCHIA CASA

Nel crepuscolo brumoso
di una Primavera scontrosa,
da un altare muto di sguardi
disgiunti dai tuoi confini,
nello strazio di un telefono muto
e di battenti serrati,
raccogli una manciata
di ricordi dalla vecchia casa
della tua giovinezza.
Da filamenti di memorie
galleggiano pensieri inerti,
come ghirlande afflitte di feste deserte,
il tuo cuore sospeso
in una pausa smarrita.
Le povere cose esanimi
di umili trafile orlate di vertigine,
il tuo tempo scisso
in frammenti irredimibili,
un vento invisibile sparge
palcoscenici remoti,
materie smarrite macerate
dall'agonico fluire di stagioni concluse.
Sigilli l'anima in un tabernacolo segreto
di silenzi inesplorati,
deponi con cura di mani di vetro
strati di ricordi,
di tanto in tanto
sospendi l'affanno
e anneghi in un placido
languore d'ubriaco.
 SENILITÀ


Hai lasciato indietro
carriaggi di idee vibranti
in notti regalate alla veglia,
in avelli agghiacciati
il tuo tempo dipanato
da mani ritorte,
sfiorito nell'equivoco
stanco di numi perversi
sotto un cielo sfrangiato
di nubi di pioggia avide,
al futuro un bavaglio
di sordi silenzi;
ora inali attimi fissando
penombre danzanti da lingue
di fiamma tortuose,
il tuo sentiero lastricato
di affanni attraversa
pertugi bugiardi
di guglie avvizzite,
esauste di ascese,
riluttanti alla vertigine
di estremi diradati,
il tuo nuovo universo
di inani certezze riflesse
su schermi opachi,
trafitto da indicibili
chiarori di crepuscoli,
ingannevoli illusioni
in un bicchiere mezzo vuoto
dietro un sipario.
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