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Fabrizio Degano
Sono un sognatore (mi dicono che ho sempre la testa tra le nuvole), una persona molto semplice, in sintonia con il mondo che lo
circonda.

RACCONTO
LA LETTERA



Caro papà.

In una domenica pomeriggio, ti cerco.

Cerco un tuo abbraccio, un bacio sulla guancia, la forza che a volte non   ho. Mi ricordo quanto tu dormivi ed io, bambino piccolo e felice, venivo   a disturbarti e ti accorgevi della mia presenza e con la guancia   grattavi la mia.

Una foto scattata recentemente a Venezia, su un ponte. Come sfondo, una   nave.

Avevo la febbre, il vento scompigliava i miei capelli e le onde del mare   accarezzavano la mia anima. Sono allergico all’assenzio, e questo può   essere un deterrente. Ma voglio ubriacarmi, in modo da poter pensare con   più lucidità, la musica gothic metal dentro di me.

Ora più che mai c’è bisogno di viaggiare, navigare con te.

Tu comandante della nave, io allievo marinaio. Non importa se sono   vecchio, ho solo trentaquattro anni. Ho bisogno di sentire le tue   parole, sono ossigeno per respirare. La sensazione che a volte provo è   quella di un uomo che annega, ma che risale a galla in cerca di te. Ci   manchi.

Porto l’acqua dalle mani al mio viso e purifico i pensieri, le lunghe   attese, le meditazioni.

Ho bisogno di visualizzare mete da raggiungere, ho bisogno di regole, di   comandamenti, di lasciarmi andare. Ricordo quei momenti di silenzio ,   bastava uno sguardo e quella giornata a Gardaland, così rumorosa e viva.   La paura delle montagne russe, il bruco.

Fotografie che racchiudono la nostra felicità, il tuo sorriso ed il mio.   Un aquilone e corriamo, giochiamo sulla spiaggia. Fotografie, queste   sono rimaste.

Hai iniziato la tua carriera militare come fuochista. Come un vecchio   saggio raccontavi le tue esperienze vissute in nave, i luoghi visitati   come Tunisi, La Spezia e Genova. Questi ricordi sono dentro di me,   offuscati dal tempo, ma ci sono.

Tu eri quello che non sono. Cerco una tua lettera, ma non la trovo. Non   posso credere tu non abbia lasciato una lettera in casa, anche perché   sapevi nell’ultimo anno o meglio l’avevi capito, anche se ti   nascondevamo la verità, che ti stavi spegnendo. Sono trascorsi anni,   precisamente ventuno.

Sembra ieri che te ne sei andato. Ed io ancora cerco la lettera.

Probabilmente anche tu avevi le tue fragilità, ma io ti vedevo un uomo   forte e coraggioso.

Giocavamo in sala da pranzo, con i soldatini. Elaboravamo strategie   militari, non importa se c’erano tedeschi, cowboys e altri alleati o   nemici, ciò che importava era la tua presenza. Tu eri il castello, mi   difendevi dai nemici. In cameretta giocavamo con la Lego e costruivamo   il nostro futuro, insieme a mia mamma.

Ora siamo sulla nave, insieme. Il sole illumina il nostro percorso.

Mi guardi, scherzi con il tuo berretto da ufficiale marinaio. Ti chiedo   se posso indossarlo e mi rispondi di si, accennandomi un sorriso. Ti   ricordo sempre sorridente ma anche a volte severo, nel giusto. Tuo papà   era pittore, anche suo fratello, anche tua sorella.

Le tue firme accanto ai voti dei miei quaderni delle elementari,   l’orgoglio. Le tue camicie colorate e le sigarette, le frasi non dette e   le insalatone.

Una tempesta si abbatte su di noi. Veniamo risucchiati nel mare fino   all’oscurità. Sulle tue labbra sempre una sigaretta. Veniamo a   conoscenza della tua malattia. Io tredici anni, piccolo, minuscolo.

Il mondo precipita.

Sulla nave, mi insegni a pitturare.

Eri bravissimo. Quante volte tu volevi insegnarmi e io rifiutavo, e ti   dicevo che non avevo voglia? Ora pagherei per avere anche un minuto di   quelle lezioni. Davanti a me ho pennelli, colori acrilici e matite   varie, album da disegno della Winsor & Newton. Ho ritrovato i tuoi   disegni. A sedici anni, già eri un campione e ti piaceva disegnare   paesaggi anche se mia mamma mi racconta che eri un ritrattista più che   un paesaggista. Ed effettivamente, sai, ho preso da te. Mi vengono   meglio i volti delle persone e non gli alberi anche se sto cercando di   imparare, e così conosco meglio l’ interiorità di uno sguardo.

Mi abbracci. Il sole ci illumina. Il flauto e le lezioni di musica. Il   pianoforte e il pentagramma. L’emozione nei tuoi occhi. Chissà cosa hai   provato guardandomi per la prima volta, gioia?

Chiudo gli occhi e la musica pervade la mia anima. Mi sono appassionato   in questo periodo alle conquiste per un Trono, romanzato da George   Martin e prodotto in una serie tv. Mi ha deluso il finale e auspico di   leggere tutti i libri, e trovare una conclusione diversa.

Mi incitavi a non arrendermi e mi dicevi che anche se nella vita non   viene raggiunto un risultato, è l’impegno che ci hai messo per   raggiungerlo, ciò che veramente conta.

Fumo la tua sigaretta e tiro un pugno sul muro.

Alcuni mi hanno detto che, psicologicamente, si gioca tutto tra i tre e   i cinque anni, è lì l’età in cui il bambino si forma. In ogni caso, ora   sto cercando di essere quell’uomo che vorresti io fossi.

Ma sono sicuro, ce la farò. Perché sono tuo figlio, e siamo abituati   anche alle tempeste, noi marinai.

Mi ricordo il puntino rosso sul tuo naso.

Fuori sta piovendo, io cerco la tua lettera, dentro la mia anima.   Probabilmente non la troverò mai. Ciò che mi hai lasciato è dentro di   me. “Forse maturerò l’esperienza” è una frase di Marco Castoldi. Devo   imparare ancora tanto della vita. Hic   et nunc.

Seduto su una panchina, mentre piove, come Siddharta, affronto i miei   demoni. Cosa avresti voluto che diventassi da grande? E cosa avrei   voluto diventare? Un chimico o un pittore? Un impiegato o un astronauta?   Forse avresti voluto semplicemente la felicità del figlio.

Le lunghe passeggiate per Mestre e la spensieratezza di quei giorni.

Ora sono qui, ho la barba. Alterno periodi in cui ho la barba più lunga,   altri in cui è più corta. Quando la taglio percepisco un senso di   purificazione.

La lettera sono gli insegnamenti che per tredici anni mi hai lasciato e   che sono continuati successivamente con mia madre. Provo piacere   aiutando le persone, come fa Amelie nel suo “favoloso mondo”. Mi piace   il cinema, l’arte, il disegno, l’amore, le piccole cose, la semplicità,   i film, l’onestà, la correttezza, il Trono di Spade, la musica, la   politica, lo spritz.

La lettera è percepire un tuo abbraccio, ritrovarlo nelle fotografie, e   pubblicare nei social quelle in cui la tua mano mi avvolge,   proteggendomi.

La lettera è sorridere, perché quello che conta è il sentimento, gli   affetti, le persone che ti vogliono bene.

Voglio essere orgoglioso di te. Ti voglio bene.


Fabrizio

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