Ho pubblicato a febbraio 2018 il mio primo giallo “ConDELITTO Primavera” e ho vinto alcuni premi a concorsi letterari nel 2018 e 2019.
Mio nonno mi diceva sempre: «Un uomo senza sogni è come un contadino che ara il suo campo, ma non semina mai». Queste parole mi sono sempre tornate alla mente ogni qual volta mi sono trovato di fronte ad una scelta. Ho dedicato molto tempo della mia vita per decidere cosa avrei voluto fare da grande. I miei genitori, che ringrazio sempre, mi hanno dato la possibilità di studiare quello che ho sempre amato: la natura.
Mi sono laureato in Scienze Forestali e ho avuto la possibilità di vedere le foreste di tanti paesi. Ho viaggiato alla ricerca dei posti più isolati al mondo.
Ho cercato la pace, l’armonia con la natura perché ero convinto che così avrei coltivato la felicità.
Del mio girovagare mi rimane il periodo passato in Ecuador a studiare la foresta pluviale più grande del mondo. Anche l’Africa e i suoi infiniti spazi hanno un grande posto nel mio cuore.
Se chiudo gli occhi vedo ancora davanti a me in modo nitidissimo alberi enormi, grandi come cattedrali una vicina all’altra e una varietà di specie infinita. Ancora adesso rivivo la sensazione che ho provato allora, irrilevanza, piccolezza, nullità, ma anche piccolo elemento indispensabile per il raggiungimento dell’equilibrio.
La vita è uguale per tutti. Ciò che mi stupisce è vedere come l’apparato radicale di tutte le piante siano simile a un cervello umano. O osservare come il nostro apparato respiratorio sia simile all’apparato fogliare dei grandi alberi. Ho sempre saputo che noi uomini, le piante e gli animali abbiamo bisogno dei quattro elementi fondamentali per la vita: l’acqua, la terra, l’aria e il sole.
Studiare le scienze è sempre stata la mia passione. Ricordo come momenti di gioia trabordante il tempo dedicato agli esperimenti in classe. Amavo vedere come nasce una pianta. Rendersi conto, man mano, dello sbocciare della vita.
Amavo quando mettevo un seme di fagiolo in un piattino con del cotone e ogni tanto aggiungevo qualche goccia d’acqua. Attendevo che spuntassero le prime radici ed ero sempre impaziente. Ho compreso allora quanto importante sia aspettare. Era impressionante osservare come la prima cosa che nascesse di una pianta fossero le radici. Quei infiniti tubicini che con il passare del tempo si ancoreranno sempre più alla terra e faranno crescere la pianta sana e rigogliosa.
Con il passare degli anni, mi sono reso conto che anch’io sono come quel seme, ho bisogno di radici profonde perché solo grazie a quelle posso dare frutto.
Così ho deciso di tornare alle mie radici, quelle di montanaro.
Ho ripreso i terreni aspri dei miei nonni e ho iniziato l’attività di apicoltore.
Le api stanno scomparendo dal nostro mondo a causa dell’inquinamento ma la mia fortuna è l’ambiente incontaminato in cui vivo. Ho già una ventina di alveari e riesco a produrre un buon miele. E’ diverso rispetto alle stagioni. Il mio preferito è il millefiori che riesco ad ottenere in estate quando i prati sono coloratissimi dalle più svariate qualità di fiori. Il bosco rimane una parte essenziale della mia vita. Ogni tanto mi ci addentro per ascoltare gli scoiattoli indaffarati a far provviste. Riesco,qualche volta a vedere caprioli e cervi sotto qualche bel pino, in attesa che il sole cali d’intensità e così possano scendere ad abbeverarsi al ruscello senza particolari rischi.
Per regalarmi un nuovo sogno, ho deciso di dedicare una parte dei terreni alla produzione di un vino di nicchia. Ho impiantato diverse piante di Riesling. Finalmente dopo alcuni anni ho ottenuto un vino fruttato e aspro allo stesso tempo. I barili di legno sono diventati il mio tesoro.
Finalmente ero riuscito a trasformare in realtà le parole di mio nonno.
Qualche mese fa, purtroppo a causa dei cambiamenti climatici qui abbiamo avuto tre giorni d’inferno. Non era mai scesa tanta acqua come in quei momenti terribili e gli alberi del mio bosco sono caduti come birilli.
Il problema più grave è che sono andati distrutti anche i vigneti e le casette delle api.
La desolazione di vedere un bosco cancellato in così poco tempo si è accompagnata alla sensazione di essere rimasto solo con il cuore in frantumi.
Ho ripensato a mio nonno e ho ricominciato d’accapo.
Ho deciso di coltivare ancora di più la mia passione per la montagna e ho iniziato a trasformare gli alberi caduti in sculture a forma di cuori in legno e viste le mie attitudini con il computer ho iniziato a venderli tramite internet.
Il successo è arrivato quasi immediato e ora ho già i soldi per ricostruire e ripartire. La mia idea è quella, ora, di trasformare la tenuta in una fattoria didattica di montagna per le nuove generazioni.
Ho già deciso di ospitare qui una famiglia proveniente dalla Nigeria che mi aiuterà a gestire il tutto.
E’ un nuovo inizio, nuovi semi messi nella mia terra.
Due muscoli forti sulle gambe, un cuore che pompa senza problemi e tanta voglia di lavorare all’aperto. E’ così che recitava il volantino che avevo ricevuto un anno fa quando, senza lavoro, non sapevo cosa fare. Correre in bicicletta era la mia passione e finalmente potevo coronare il mio sogno. Ho iniziato a riscoprire la città, gli stretti vicoli e impossibili da raggiungere con altri mezzi. Angoli nascosti che sembrano paradisi. Spostarmi per consegnare pacchi da una parte all’altra, correndo come una saetta, perchè più pacchi porto più guadagno, è uno sforzo continuo ma mi piace. Non corro più forte di me stesso, come quando stavo dietro ad una scrivania e l’unico pensiero che avevo era che presto mi avrebbero licenziato e sostituito con una macchina. Andare in bici mi permette di pensare, di vedere al di là del mio naso.
Siamo un gruppo di giovani rampanti e il capo, invece, è un uomo sulla cinquantina che ha scoperto l’acqua calda più di vent’anni fa e ora ha un impero ai suoi piedi anzi sulle due ruote.
A volte ho l’impressione che si sia dimenticato da dove viene, anche lui era un giovane di belle speranze, con una semplice bicicletta con il cestello davanti. Ha iniziato a fare consegne a breve distanze in concorrenza ai pony express motorizzati.
Ora si veste da uomo in carriera, e si attornia sempre di belle donne.
Oggi è la vigilia di Natale e ha chiesto se qualcuno era disponibile per un servizio extra. I soldi non bastano mai ed io e altri sette ragazzi abbiamo accettato pur non sapendo di cosa si trattasse.
Ci ha soltanto detto di presentarci alle tre del pomeriggio in azienda.
Dopo i quindici chilometri della mattina, su e giù per la città, ero un po’ stanco e prima di ritornare in azienda sono passato a casa a farmi una doccia.
Chissà cosa intendeva il capo con “servizio extra”. Quasi sicuramente vista la sua megalomania si vorrà travestire da babbo natale per fare una sorpresa ai suoi nipoti. Noi vestiti da folletti a seguirlo come servi.
Mi sono già pentito della mia scelta, ma d’altra parte, i soldi mi fanno comodo.
Alle due e tre quarti sono già qui davanti; entro e vedo le biciclette preparate. Sono tutte addobbate come delle renne, con grandi corna davanti al posto dei manubri. Ecco, come avevo previsto, ci farà fare la figura dei servi.
A trecento metri dall’uscita sulla destra c’è la sua casa e ormai sono sicuro che andremo lì. In ufficio trovo dei vestiti pronti per me e per gli altri. Sono tutto marrone con in testa delle belle corna da renna; uno spettacolo. Sono arrivati anche gli altri e ci mettiamo a ridere prendendoci in giro sul fatto che quelle corna potrebbero essere vere.
Di lì a poco il capo vestito da Babbo Natale fa il suo ingresso in ufficio e con fare amichevole esclama «Mi raccomando, questa è una festa speciale, alla fine ci sarà anche una sorpresa per tutti voi!».
Con quanto poco la gente riesce a comprare gli altri.
Ogni pony prende la sua bici e si allinea: davanti a noi ci sono due moto della polizia municipale che ci fanno strada. Dietro alle otto biciclette, su un carretto motorizzato a forma di slitta, ha preso posto il gran capo.
Partiamo e con mia enorme sorpresa anziché girare a destra il corteo si dirige verso sinistra. Dove stiamo andando?
Dopo dieci minuti di pedalata tra due ali di folla, con mia enorme sorpresa, mi accorgo che ci stiamo dirigendo verso l’ospedale pediatrico.
Una volta dentro il perimetro della casa di cura, percorriamo i vialetti interni mentre alcuni genitori in compagnia dei loro figli salutano Babbo Natale. La nostra corsa è ad andatura lenta ed io posso osservare il viso provato di questi ragazzi che, al passaggio del nostro corteo, è attraversato da un guizzo; i loro occhi s’illuminano come non pensavo fosse possibile.
Il capo a quel punto ci ordina di fermarci. Con l’aiuto di altre persone vestite da elfi entriamo in ospedale. Il reparto in cui siamo è quello di oncologia infantile. Entrando nelle stanze vedo questi bambini distesi sui letti con grandi occhi che ci sorridono. Sono senza denti e le loro teste calve luccicano sotto la luce dei neon: risultato delle chemioterapie. Ci fermiamo da ognuno e loro con uno sforzo immenso ci abbracciano e il mio cuore si scioglie.
I selfie si sprecano ma per una volta sono proprio felice di farli.
Dopo tre ore il gran capo decide che è ora di tornare in ufficio.
Ci cambiamo e aspettiamo il gran capo, ma nessuno ha voglia di parlare. Dentro abbiamo tutti un senso di gratificazione, il cuore è finalmente ricco. I sentimenti sono però contrastanti con una grande tristezza per quei piccoli.
Dopo cinque minuti il capo entra accompagnato da alcuni camerieri che iniziano ad allestire un gran buffet. Poi si avvicina e consegna a ognuno una busta e con un grande abbraccio ci ringrazia.
Nella busta vedo duemila euro. Non avevo mai guadagnato tanti soldi. La faccia degli altri è la stessa. Ci guardiamo negli occhi e senza dire nulla tutti riconsegniamo la busta al capo dicendo di far arrivare quei soldi all’ospedale.
Il capo ci guarda e ci dice «Cari ragazzi, dovete sapere che tanti anni fa un giovane come voi aveva deciso di iniziare un nuovo lavoro. Il primo pacco da consegnare era per un bimbo in quell’ospedale. La nonna non poteva portare il dono e si era affidata ad un giovane di belle speranze. Purtroppo però il pacco arrivò tardi, il bimbo poche ore prima era salito in cielo. Da quel giorno il giovane, ora ormai con i capelli bianchi, ha sempre sperato di poter tornare e fare felici quei bambini e ha destinato gran parte del suo guadagno a quell’opera meravigliosa. Ora non vi preoccupate e usate questo per la vostra famiglia. Buon Natale a tutti». Ci ha restituito le buste e tutti lo abbiamo abbracciato come si fa con un padre.
Esco con il cuore pieno di gioia e il Natale non è più una festa così distante da me.