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Elisabetta Liberatore
LAGUNANDO 2020 > selezionati 2020
Nata a Pratola Peligna nel cuore d’Abruzzo. Coniugata vive e lavora nel luogo di nascita.
Dal suo esordio nel novembre- dicembre 2018, ha conseguito decine di riconoscimenti e pubblicazioni in antologie.
Ha in programma una sua raccolta.
LEGGERE LAGUNE
POESIE
Cosa rimane



Suona come   musica fatata

la morte   cellulare programmata

Indica la fine   delle voglie

come dagli   alberi cadono le foglie

E intanto   spariscono i dolori

così cadono i   petali dei fiori

Non è necrosi   e neppure svista

è detta anche   “morte altruista”

quella che   consente la vita

è la nostra   “morte pulita”

A contarle   puoi fare tardi

ogni giorno   sono miliardi

le cellule che   sono andate

ed altre   eccole rinnovate

A voi forse   non sembra vero

ma in un anno   è il corpo intero

Così allo   specchio mi chiedo

chi è quello   che io vedo

che ora indica   col dito

il vecchio o   il giovane ricostruito

che quasi   finge di non sapere

al di là del   principio del piacere

perché teme   ancora parole storte

quando si dice   istinto di morte

Non c’è nulla   di triste nel contrasto

di funereo,   odioso o nefasto

perché quando   la vita scoppia

sempre bianco   e nero vanno in coppia

Chiara   l’evidenza conduce:

solo nel buio   risplende la luce

e forse non ho   del tutto torto

se mi credo   anch’io più volte morto

e risorto

Emerge allora   una riflessione ardita

che cancella   il dubbio della sorte

la legge   inusitata della vita

è la certezza   programmata della morte

Processo   inarrestabile e cadenzato

che   continuamente conduce ad altro stato

di cui forse   conserveremo memoria

Metempsicosi   forse...

ma questa è   un’altra storia.

 DIBATTITO TELEVISIVO


In principio   fu l’urlo

sottile   alterno audace

come un   disturbo

Poi rotta   ormai la pace

e alzato il   limite dell’asta

contro ogni   argomento contenuto

ecco la voce   che sovrasta

e brucia

l’equilibrio   ormai perduto

Quindi viene   l’insulto

roboante   sfacciato divertito

senza amnistia   o indulto

come s’infila   nell’occhio il dito

Infine delle   anatre il coro

altisonanti   grida di oche

guerrieri   fieri senza decoro

e con idee   rimaste poche

Aspettando che   scorra il sangue

l’attenzione   certo rimane fissa

Il   ragionamento un poco langue

ma fa più   spettacolo la rissa

Poi tutti   sorridono al conduttore

come un teatro   che finge la realtà

Fine della   guerra con l’interruttore

ecco lo spazio   padrone: pubblicità

Quasi svenuto

mi chiedo dove   è avvenuto

e come e   quando

Schiaccio   triste il telecomando

apro una birra   dal frigo

di risposta ne   trovo una sola

e cerco in un   libro

la vecchia   parola.

 FUOCO A MARE


Nel mare nero

si perde

anche l’uomo   più sincero

Quasi di   scatto

copre gli   occhi con la mano

Lo sguardo   distratto

cerca ancora   più lontano

La ragione   s’inceppa

su quella   barca infame

dalla stiva   piena zeppa

che rivela   perfide trame

Quel tappo che   chiude lo sbarco

e affoga donne   e bambini

come nelle   fiabe l’orrido orco

trasforma i   distratti in assassini

Ognuno diventa   nefando

se distoglie   la vista dal male

Quel tocco di   telecomando

che cambia   veloce canale

Almeno lo dica   sicuro

urlando feroce   alle genti

l’idea   efficace del muro

è finirla con   quei pezzenti

Io vedo il   corpo che trema

il pianto del   sopravvissuto

E sento nel   cuore la pena

per quel che   ho e lui non ha avuto

Qualcuno lo   dice destino

altri la   chiamano sorte

è solo un   compagno vicino

che abbiamo   condannato alla morte

Dirà più d’uno   convinto

“Ma io non ho   fatto niente!”

Con questo il   verdetto è dipinto

di chi è morto   innocente.

L’   EQUILIBRISTA



In alto

ben sopra   l’affollata pista

non di solido   basalto la pedana

e quasi fuori   dalla vista

ondeggia la   figura lontana

sul filo   sottile

ecco   l’equilibrista

Il cuore non   vile conquista

la gravità   spietata oltraggia

Appeso alla   magica asta

d’equilibrio   prolungata lancia

l’aria attorno   frusta

all’effimero   solido s’aggancia.

Dall’una e   dall’atra parte

senza   possibile remissione

incombe   irrimediabile la sorte

alla minima   distrazione

Balla   minaccioso il filo

di salvezza   unico sostegno

rischia ai   lati il tragico volo

Il piede   avanza con impegno

Il vento   fischia improvviso

esplode della   folla il boato

La piroetta   poi torna il sorriso

di nuovo   procede, eccolo salvato

Quel cavo ci   tiene tutti

metafora del   quotidiano travaglio

Speriamo del   futuro i frutti

poi basta un   accidenti o uno sbaglio

Così   nell’oceano della vita

fragili   sull’onda in barca

come   equilibristi in gita

inganniamo il   taglio della Parca

Perciò il   saltimbanco Cagliostro

che la morte   sfida con l’asta

è un fratello,   è l’eroe nostro

anche per un   attimo, ma questo ci basta.

LUOGO   ANTROPOLOGICO


Tempesta con furore
oltraggio
difenderò il mio onore
con indomito coraggio
Dovere che mi spetta
davanti alla mia setta
Totale appartenenza
io sono chiaro e puro
si nota la differenza
Verdetto forse duro
in te i simboli non vedo
che dichiarino il mio credo
Chi sei?
Di paura fremo
mi sento al fondo perso
invadi il mio terreno
non parli la mia lingua
in tutto sei diverso
è inutile che finga
Non riconosco la tua faccia
fame che non è mai sazia
il posto rubi, sei una minaccia
Se non ti fermo
diverrai disgrazia
Storia complessa
spirale che non cessa
contorto è il   reale
a volte
un vero enigma
Pensare molto fa male
Risolve tutto lo stigma
un segno
che definisce la squadra
facile
perché tutto inquadra
Dunque io sono qui
e tu stai di là
No, no non conta
la dignità
universale democrazia
diritto di libertà
uguaglianza, solidarietà
Questa è terra mia
Ognuno uguale declassa
la globale società di massa
che distrugge la mia casa
e della storia fa tabula rasa
Al fantasma
io accendo il rogo
Mi serve
un nuovo pilastro del luogo.
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