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Gaia Lo Monaco
LAGUNANDO 2020 > selezionati 2020
Nata a Verona nel 2004.
Vive a Oppeano e frequenta l’istituto Luigi Einaudi di Verona.

I LIOPICCOLI
RACCONTO
LA CASA DIROCCATA





Solita routine.
L’altro giorno mi stavo recando, come ogni lunedì, al piccolo negozio di alimentari e oggetti per la casa, a qualche chilometro dalla mia abitazione.                                                                                     Vestivo un bel abito a maniche a tre quarti, a righe orizzontali bianche e nere, con un fiocco in vita, anzi, appena sotto al seno.
Per avere cinquant’anni, mi tengo bene, infatti quel giorno avevo un sottile ombretto neutro e un rossetto nude alle labbra, più carnose rispetto a quelle delle mie coetanee, che le hanno invece secche e raggrinzite; mentre un po’ di correttore copriva le poche rughe e le occhiaie. Tutti i sabati vado dalla parrucchiera a fare la messa in piega; mentre la tinta, rigorosamente biondo platino (colorazione 10.0) la applico una volta al mese, dalla mia parrucchiera di fiducia.
Quindi, quel giorno avevo dei capelli a dir poco perfetti, un ottimo make-up e delle ottime pumps nude tacco 12 cm ai piedi.
Era una bella giornata: ancora nessuno mi aveva rivolto parola.
Un tiepido e pallido sole illuminava il cielo di una semplice e regolare mattina di aprile, e io scendevo la collinetta che porta al “centro” del paese, molto piccolo, nel quale abito: Ca’ degli Oppi. “Come al solito, sempre lì” avevo pensato, mentre in lontananza avevo notato quella vecchia racchia di Angiolina,
Avevo anche udito un: “Eccola, ‘miss sono tutto io’, ora mi tocca parlarle e fingere interesse.
E’ strana, non poteva restarsene a casa sua, chissà dove?”
Lei e le sue amiche ridacchiavano, ma avevano cambiato argomento immediatamente, e subito dopo, un improvvisato: “Beh, avete sentito dell’ennesimo fatto?” da Angiolina, donna di circa sessantacinque anni, decisamente in carne, con i capelli bruni e lisci, mentre vestiva una orribile gonna a fiori rossi su sfondo viola, e una camicia beige.
Accanto a lei, una donna magra e dai capelli ricci e biondi, Rosetta, aveva risposto, fingendo interesse, una frase da me non udibile, tanto poco mi interessava.
“Una bella giornata mandata a quel paese” avevo pensato, fingendo un sorriso, fin troppo credibile, mentre mi avvicinavo a lei e alle sue amichette.
Avvicinatami a loro, le avevo -obbligata dalla situazione-  salutate, improvvisando poi un: “Uh, Angiolina, carina la gonna. Dove l’hai comprata?” tanto pensavo che l’avesse trovata in un cassonetto, che il mio tono di voce soltanto esprimeva quanto per me fosse orribile e disgustosa quella gonna.
Così Gabriella, altra loro compare, mi aveva risposto: “Beh, sai, l’ha acquistata con me al mercato del paese, quello del sabato, alla bancarella di Giuliano, il marito di Giovanna, che ha avviato l’attività qualche…”
“Sì, sì.” Avevo risposto, prima che iniziasse una delle sue noiosissime storie riguardo le noiosissime vite delle noiosissime persone in paese.
“Pff, neanche si è accorta di quello che indossa lei, mica posso pretendere che si accorga di cosa indossano le sue amiche pettegole” pensavo, riferendomi a Gabriella, una donna apparentemente ingenua, ma furba, e spettegolatrice quanto le altre.
E subito Angiolina, intromettendosi nella conversazione, aveva aggiunto: “Eh sì. Hai sentito di cosa stavamo parlando?”, cogliendo il senso della mia domanda riguardo la sua gonna.
Come potevo non averle sentite? Solo loro c’erano, stupide civette…Ma, indifferentemente, avevo risposto: “No, cosa stavate dicendo?”. “Come? Non lo sai? Nella casa abbandonata è successo l’ennesimo delitto: degli studiosi e alcuni giornalisti sono tornati dopo una notte al suo interno, però alcuni di loro mancavano all’appello... Sono stati trovati nei giorni seguenti, morti, sulla riva del fiume lì vicino” mi aveva spiegato Giovanna (sì, la stessa Giovanna moglie di Giuliano, quello della bancarella al mercato, quella della gonna orribile) aggiungendo poi: “Credi che siano stati i fantasmi che ci abitano?”.
“Che comunque avrei potuto spiegarlo meglio io, insomma, riguardo alla morte non mi sai dire nulla? Pettegola da quattro soldi, vuoi sapere e non sai” pensavo tra me e me, e, trattenendomi dal dirlo ad alta voce, mi ero limitata ad aggiungere: “No, non ne sapevo nulla, non che io mi preoccupi di chi se le va a cercare, lasciassero stare quella casa, e chi ci abita…
E no, non è disabitata, e no, non ci abitano dei fantasmi” con un tono decisamente irritato, prima di andarmene dicendo: “Beh, signore mie, c’è una spesa che mi aspetta, Olivia al negozio ha già i miei prodotti nelle buste, e sicuramente mi starà attendendo, quindi arrivederci”.
Non avevano risposto, ma di certo non bramavo dal sapere cosa avrebbero voluto dire, e finalmente mi ero liberata di loro.
Ebbene si, gli abitanti del paese andavano dicendo che la casa diroccata in fondo al bosco fosse infestata.
Con i miei sottili tacchi continuavo a scendere la collinetta, il negozio al quale mi stavo recando si trova alla fine di essa. Lungo la strada avevo notato un tipo davanti all’indovina che legge i palmi delle mani, giunto a Ca’ degli Oppi probabilmente per lavoro, ma che non fosse del posto era sicuro. Era molto magro ed alto, giovane ed indossava degli occhiali rettangolari. I pochi peli sul petto si intravedevano da una leggera camicia bianca, accostata a degli shorts color verde mimetico. Aveva anche uno zaino, pieno di chissà cosa, ma molto pieno;parlava animatamente al cellulare.
Non sono molto socievole, quindi lo avevo evitato: poco m’importava del perché fosse lì.
Giunta al negozio stavo andando da Olivia, la dolce e giovane commessa che mi stava aspettando in un angolo, con la mia borsa di spesa, ed in quel momento si stava legando i lisci capelli scurissimi.
“Oh eccoti, Gaia. Ti stavo aspettando! Tutto bene? Ti ho preparato tutto: pasta, quella che piace a te, senza farina di frumento e senza fecola di patate, insalata, i due cespi più belli e grandi, acqua frizzante…Insomma, c’è tutto quello che prendi di solito. Avevi già pagato, ricordi? Alcuni tuoi soliti prodotti erano in offerta, quindi ti sono costati di meno, qui c’è lo scontrino e qui il resto!” aveva subito aggiunto lei, ed io, notando, legato alla busta, il solito fiore che raccoglie del giardino, come “pensierino” per me, le avevo risposto: “Oh, tesoro, grazie mille di tutto, il resto tienilo pure tu, bello il fiore. Io sto bene, grazie. So che tu e Daniela state programmando il matrimonio, vi pongo i miei più sentiti auguri; ora devo andare, ci vediamo più tardi per un caffè se vuoi. Il mio numero lo hai, fai uno squillo.” Per quanto io sia poco sociale, Olivia è l’unica ragazza che mi fa piacere vedere e sentire, so tutto di lei, anche se non lo sa. Ha frequentato un liceo, scienze umane, alle superiori…Tanta psicologia per poi trovarsi a fare la commessa…
“Certo Gaia, se vuoi appena finisco il turno ti chiamo, per le 17, circa. Grazie.” Mi aveva risposto lei, per poi abbracciarmi e tornare alla cassa, dove una fila di clienti la stava attendendo impazientemente.
Stavo uscendo, quando ho sentito dalla TV del negozio una notizia inerente la casa in fondo al bosco, così ho afferrato un prodotto a caso, fingendo di leggerne l’etichetta, così da ascoltare senza venire notata:
“…I corpi sono stati ritrovati lungo la riva Nord del fiume, a qualche chilometro di distanza dalla casa ‘infestata’, ed appartenevano a due giornalisti ed un appassionato di soprannaturale.” Diceva un anonimo telecronista, così ho afferrato di nuovo la busta, che avevo poggiato a terra, e sono uscita. Erano le 10.15 circa, quindi ho deciso di passare dalla farmacia, che si trova vicino all’indovina, dove prima si trovava il forestiero.
Ripensando a quanto udito all’interno del negozio, pensavo, ridacchiando tra me e me: “Ma non c’è leggenda senza il suo destino tragico.” citando un cantante che ascoltavo da giovane, non so se riferendomi ai morti, alla casa o ai “fantasmi” che “abitano” la tanto temuta casa in fondo al bosco. Uscita dal negozio di alimentari avevo svoltato a destra, superato il semaforo e raggiunto la farmacia, che fa angolo.
“Buongiorno, ibuprofene da 800 mg, ecco qui la ricetta, Enantyum, Tachipirina da 500 mg, Uhm…Antistaminico, antibiotico e qualcosa per la gola” avevo pronunciato, rivolgendomi alla farmacista, aggiungendo: “Antistaminico Robilas, e della crema lenitiva, grazie.”
E, mentre la signora prelevava dai cassetti e metteva in conto i farmaci, anche qui la stessa notizia alla radio: “…La scorsa notte cinque studiosi e appassionati di soprannaturale, assieme a sei giornalisti reporter, si sono recati nella ben conosciuta casa ‘infestata’ a Ca’ degli Oppi…”
Poi ho smesso di ascoltare, conoscendo tutta la storia meglio di chiunque altro, pensando: “Che noia, neanche fosse l’evento del secolo, se la sono solo che cercata, che noia…”
Roberta, la farmacista, provava, come sempre, a farmi alcune domande per farsi gli affari miei, cercando di sgranare informazioni da passare poi alla madre Angiolina: tale madre, tale figlia. Senza ascoltarla, ed afferrando i miei farmaci, ponendoli nella borsetta abbinata alle scarpe, ho aggiunto semplicemente un: “Grazie, buona giornata.”         Uscendo ho svoltato a sinistra, tornando sulla strada principale, ed il tipo era ancora lì. Cosa ci facesse davanti all’indovina, non è che mi interessasse, infatti è stato lui a fermarmi per chiedermi alcune informazioni.
“Salve signora, io sono Andrea, potrei chiederle alcune cose?” così si era presentato quel ragazzo, neanche trentenne. Subito ho pensato: “Ecco un altro che mi tocca uccidere, madre mia, quanto non sopporto queste persone…”
Ma, siccome mi dispiaceva non rispondergli, o essere sgarbata, gli ho risposto: “Certo, figliolo, dimmi pure” sperando avesse poco da chiedere, senza trattenermi troppo a lungo.
“Lei crede nei fantasmi? Ha qualcosa da dire riguardo la casa che si trova in questo paese, nel bosco? Ultimamente in giro se ne parla sempre di più, ha presente?” mi aveva chiesto, curioso e speranzoso, il ragazzo. “Crederò nei fantasmi soltanto quando ne vedrò uno dal vivo e sarò certa della sua esistenza” gli ho risposto, forse infrangendo ogni sua aspettativa sulla gente del posto, o sul posto stesso. “E, riguardo alla casa, no, non ho niente da dire, se non che chi si reca lì, sbaglia. E se le cerca. Come mai questa domanda?” ho ribattuto io, senza nemmeno voler sentire la risposta, che già immaginavo.
“Beh, sa, ho deciso di andarci questa notte stessa, non da solo, ovviamente, ma ho intenzione di scoprire se veramente questi famosi fantasmi esistono davvero” ha risposto lui , troppo convinto, mentre dentro di me già ridevo, “Ma non c’è leggenda senza il suo destino tragico” pensavo ancora, e un po’ mi dispiaceva.
“Buona fortuna, figliolo, ora devo andare, ho un impegno, ciao.”
“Arrivederci, grazie per la disponibilità.”                                
Arrivata a casa, ho pranzato e dato i croccantini ai gatti e ai cani, e cibato i miei animali vari, poi ho ricevuto la chiamata da Olivia, alle 17.30: “Ciao Gaia, sono Olivia, ho appena finito di lavorare, caffè Al Leone tra dieci minuti?” mi aveva chiesto con la sua voce piena di amore.
“No, mi dispiace, ho avuto alcuni imprevisti, scusami, facciamo colazione insieme domattina, sempre Al Leone, alle 10.30? avrò alcuni cad-impegni di cui liberarmi.” “Certo, va benissimo, ci vediamo domani, un bacio.” “Un bacio, ciao.”
5.15.
Già in piedi, stavo pulendo e riordinando casa, e cibando tutti gli animali, per ricompensarli.
Non avevo affatto dimenticato l’impegno con Olivia, mi ero fatta il bagno, vestita e preparata, per poi scendere in paese.
Avevo un bel paio di decolté nere, tacco 10 cm, a punta, con il lato interno aperto, un bel vestito grigio e nero, con dei fiori ricamati in rosa e il solito trucco leggero: tinta labbra nude, ombretto neutro ed un filo di mascara allunga-ciglia.
“Ciao Gaia! Buongiorno! Come stai?”
“Un po’ stanca, ho dormito poco, ma tutto bene, grazie. Tu invece?”
Chiacchierando e facendo colazione, mentre bevevo il mio cappuccino, avevo sentito alla radio della pasticceria un’altra delle entusiasmanti notizie:“…Qui Leonardo Molinari, un altro delitto alla casa di Ca’ degli Oppi…”
“Olivia, come sta andando con Daniela?” chiedevo serenamente, disinteressandomi di quanto veniva detto alla radio.
“…Marco Giavoni, con Giorgio e Osvaldo Tirotta, erano insieme ad Andrea Praga, questa notte, nella casa in fondo al bosco…”
“Tutto bene, per ora stiamo procedendo per l’unione civile, più avanti cambieremo Paese per il matrimonio; stiamo decidendo tra le calde spiagge spagnole e l’accogliente caldo dei geyser islandesi, dovunque si svolgerà, sarà magico.”
“…Il corpo di Andrea è stato ritrovato, come in tutti gli altri casi, ancora una volta lungo la riva del fiume. Si tratterà di fantasmi?...”
“Mi fa piacere, Olivia, molto piacere. Sarò invitata?”
“…Durante la notte, infatti, i ragazzi hanno affermato di essere stati attaccati e rincorsi dai fantasmi che presumibilmente abitano la casa, ed è durante uno di questi attacchi che Andrea è sparito. ‘C’era moltissimo rumore, accompagnato da urla strazianti, si sentivano come i versi di animali, ero terrorizzato’ ha detto così Marco. Invece Giorgio ha affermato che, appena usciti dalla casa, senza Andrea, prima di fuggire, hanno sentito una voce che diceva: ‘Ma non c’è leggenda senza il suo destino tragico’, ma nessuno ha capito cosa cosa volesse dire tale frase, si sa solo che la voce proveniva dall’interno della casa. Questo è tutto. In caso di ulteriori aggiornamenti torneremo più tardi. Arrivederci.”
“certo che sarai invitata.”
“Uh, bene. Comprerò un bellissimo vestito per l’occasione, ora devo andare, vado a pagare tesoro, ci sentiamo” le avevo detto, abbracciandola e baciandole le guance.
“Certo Gaia, vienimi a trovare più spesso al negozio, che si sente la tua mancanza eh! Ciao!”                      
Finita la colazione, andando a pagare, ho estratto il portafogli dalla borsetta, mentre camminavo.
“Ahahah, ho il portafoglio di un certo ‘Andrea Praga’” ho pensato, per aver preso il portafoglio sbagliato, che poi ho reinserito nella pochette, per poi estrarre il mio e pagare, indifferentemente. Uscendo dalla pasticceria ho visto che tutti parlavano dell’omicidio alla “casa infestata dai fantasmi”; ascoltavo in silenzio, risalendo la collinetta, superando prima il negozio di alimentari, poi la farmacia e l’indovina.
Sono arrivata al confine tra la parte abitata del paese ed il bosco, ho tolto le decolté nere ed infilato gli stivali impermeabili.
Camminando lentamente, sono giunta ad una casa diroccata, apparentemente disabitata e per molti infestata dai fantasmi: casa mia.
Ovviamente, quando ho pensato: “Ecco un altro che mi tocca uccidere” non pensavo che l’avrei ucciso davvero, ma sono stata obbligata a farlo…
Alla fine, ho passato una vita intera ad addestrare i miei cari animali a seguire i miei comandi, e quella notte sono stati bravi, più del solito, a terrorizzare ed attaccare i ragazzi.
I miei gattini, i miei cagnolini, le mie galline, le mie oche, le mie caprette ed i miei maialini, beh, non credo possano essere definiti “fantasmi”, Marco & company affermano di essere stati attaccati da spettri ed esseri orribili e spaventosi…
Del cadavere me ne sono già liberata, e so per certo di non aver lasciato alcuna impronta digitale su di esso; sono solo infastidita dal fatto che ora mi tocca pulire il caos combinato dalla milionesima visita da parte di persone che vogliono incontrare i fantasmi, e non ne ho proprio voglia.
Ma ridacchio e penso: “Ma non c’è leggenda senza il suo destino tragico.”
Casa mia, con i suoi “fantasmi”, rimarrà sempre la leggenda più suggestiva di Ca’ degli Oppi.
Vado a saziare i miei “fantasmi”: i miei “spettri” vari hanno fame.

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