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George Gavrilita
LAGUNANDO 2020 > selezionati 2020
Classe ’92, nato a Macin, piccola cittadina rumena, si trasferisce a Torino a dieci anni, e prosegue gli studi in Francia e Cina.
Parla correntemente sei lingue, imparate anche nel corso dei suoi viaggi in oltre cinquanta paesi.
Laureato in Scienze Politiche, è stato collaboratore dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ha partecipato alla fondazione di una startup di educazione sessuale ed è arbitro certificato del gioco fantasy Magic: The Gathering.
Nel tempo libero pratica la meditazione e suona pianoforte e batteria.
ORTI DEI DOGI
ROMANZO
La sua essenza era musica     

           
Capitolo 1 - La scena
Sceso dall'autobus faccio fatica a capire se sono in mezzo alla strada o sul marciapiede. Sono pavimentati allo stesso modo, con quelle pietre grigie e rosa a forma di Turchia che si incastrano l’una all’altra. L'architettura moderna e sciccosa del centro e le persone che si affrettano per andare chissà dove non ci sono più su queste stradine di periferia, solo alberi e case tranquille. Ha smesso anche di piovere.

Trovo l'edificio col numero giusto ma non vedo né ingresso né citofono. Girato l’angolo vedo due ragazzi della mia età.

"Ciao Davide, sei qui per Hugo, vero?"
Chi è questo qua, e perché sa il mio nome? Ma poi sgrano gli occhi. L’ho già visto!
"Sei Steven, vero?"
"Sì, sono io. Io e Hugo viviamo nello stesso edificio!" mi risponde e inizia a ridere.

L'altro ragazzo ha lo sguardo educato e sereno che hai quando sei davvero desideroso di unirti alla conversazione, ma non sei sicuro di essere benvenuto e aspetti che ti coinvolgano gli altri. Steven fa proprio questo:

"Davide, lui è Jim. Una settimana fa Davide mi ha chiesto di ospitarlo su couchsurfing, quel sito dove accogli i viaggiatori sul tuo divano di casa, ma questo weekend sono impegnato e non posso occuparmi di lui. Ma ho pensato che Davide ha molto in comune con Hugo, quindi li ho messi in contatto".

"Ah, ho capito. Benvenuto Davide!"
"Grazie. Ci siete più tardi per suonare?"
"Forse. Hugo ha detto che stasera ci si sballa sul serio, ne sei consapevole?"
"Son qui per questo."
"Questo è lo spirito! Secondo piano, porta a sinistra."

Mi son sempre trovato bene con couchsurfing, c’è molta gente in tutto il mondo che vuole dare una mano ai viaggiatori, e poi si possono far ospitare a loro volta da altri quando poi viaggeranno. Ma stavolta ho scritto a tipo 18 persone diverse, e mi hanno anche risposto, ma erano fuori città, altri si sono ammalati, altri hanno appena avuto un bambino… Insomma fino a ieri sera non sapevo dove sbattere la testa, fino a quando ho ricevuto il messaggio di Hugo:

"Ehi Davide. Stasera mi faccio di funghi e poi suonerò con degli amici da me, ho uno studio di registrazione in casa, se ti va vieni pure :D"

Chi mi ha ospitato in passato mi ha offerto una cena, oppure abbiamo fatto degli scambi linguistici, però Hugo mi ha preso davvero alla sprovvista. Io non ne sapevo niente dei funghi però ho letto qualcosina su internet, mi sono un po’ tranquillizzato e ho detto vediamo come va.

Mi avvio lungo la stretta scala con il mio zaino sulla schiena. Mi sento come se scendessi nel seminterrato per i servizi igienici in una discoteca, solo che invece di scendere, salgo. Sarà perché ho anche bisogno di fare pipì, ma è tutto improvvisamente buio e solitario quando appena un minuto prima c'erano Steven e Jim che bevevano tranquilli birra per strada. E poi ci sono anche graffiti sui muri.

La porta a sinistra è aperta e sento la musica da dentro, quindi busso alla porta e la apro.
"Ciao? Hugo?"
"Entra."

Hugo risponde senza girare la testa verso di me, gli occhi fissi sullo schermo mentre un gruppo numeroso suona musica blues sul palco. È un pezzo orecchiabile ma allo stesso tempo elaborato, tipo 20 persone sul palco tra coristi, due trombe e tutti gli strumentisti soliti. Ma Hugo non solo sta guardando il video, sta anche suonando con una chitarra acustica.

"Mettiti comodo, sono subito da te"

Vedo sullo schermo che sono rimasti 12 minuti nel video, probabilmente un concerto completo. In attesa delle solite informazioni - dormirai qua, questa è la password del Wi-Fi - comincio a mettermi comodo. In realtà, non è che mi serva il Wi-Fi. Posso disconnettermi tranquillamente per una notte. Lo faccio anche di solito le domeniche, è quello che chiamo una vera vacanza: sabato sera metto il telefono in modalità aereo e la tolgo solo lunedì mattina. L'ho già fatto quattro o cinque volte e nulla è esploso in mia assenza. Per essere onesti, la maggior parte della gente magari non si rende nemmeno conto che lo faccio. E dal momento che non userò il telefono, potrei anche riporlo in sicurezza nello zaino, non voglio perderlo o romperlo. Ma aspetta, prima devo impostare la sveglia. Bene, questo è fatto.

Anche se è chiaro che non mi comporto come un drogato classico, ad essere sinceri nemmeno Hugo lo sembra. È vestito borghese con jeans, un maglione e un normale taglio di capelli corto, se lo vedi per strada con un completo potrebbe essere un giovanotto che lavora in finanza. Hmm, immagino non sia un buon argomento, il film Wolf of Wall Street ci ha insegnato che la finanza non è l'ambiente più privo di droghe, ma quello che voglio dire è che Hugo pare così conformista. O almeno, conformista come qualcuno che ha appena accolto un estraneo incontrato su Internet a casa sua e che poi l'ha ignorato per continuare a strimpellare. Invidio quanto sia concentrato sul suo modo di suonare, quanto sia sereno... è strano ma in senso positivo, e semmai sottolinea come la normalità della distrazione, della tristezza e del non farsi trascinare da qualcosa come una canzone sia parte della vita di molte persone.
Dal minuscolo sacco a pelo sul divano su cui sono seduto deduco che questo sarà il mio letto, ma per il resto non mi trovo in un salotto che vedrei tutti i giorni: la porta si apre a malapena senza colpire un synth, uno fico come quello che ho a casa, con le due ruote che fanno quel piacevole effetto di distorsione che hai anche sulle chitarre con il wah wah. Parlando di chitarre, ce ne sono tre sul muro e ne vedo altre tre su uno stand dall’altra parte della scrivania: elettriche, acustiche... Accanto a loro un’altra tastiera, penso che sia un piano elettrico, probabilmente coi tasti ponderati, e tornando di nuovo a guardare di fronte al divano c’è un’enorme TV. Proietta lo stesso spettacolo del monitor del computer, tutte quelle persone che si divertono sul palco. E cavi, cavi ovunque, che vanno dentro mixer, o dentro microfoni o amplificatori sparsi in giro come calzini quando torni a casa tardi e vuoi solo buttarti sotto la doccia se non direttamente sotto le coperte.

Chiedo dove sia il bagno per cambiarmi. Certo che dovrei fare come a casa mia, ma andare in giro per casa di qualcuno non è carino, forse è meglio lasciare alcune porte chiuse eccetera. E no, non mi vergogno di cambiarmi di fronte a un ragazzo che sta già fissando un monitor ed è preso dalla musica, ma non indosso mutande quasi mai e non vorrei scandalizzarlo da subito. Troppe info? Vabbè...

“Il, gabinettooo! si trova in fondo aaal, cooor-riii-doiooo ...” mi canta Hugo, “E la porta no!, non si chiudeee!”. Doveva ripetere “no” per rispettare la metrica del verso mi dico. La folla al concerto inizia ad applaudire selvaggiamente dopo che finisce di parlarmi, e la cosa mi fa sorridere.

Lascio l’appartamento e decido di lasciare la porta leggermente aperta come l’ho trovata. Per qualche motivo, sembra fuori posto chiusa completamente. Il bagno è a metà tra quello di un bar e quello di un adolescente. Poster ma anche graffiti, non esattamente pulito, ma a essere corretti comunque ragionevole se più persone con standard igienici diversi lo usano tutti i giorni. Voglio dire, per una notte sono felice che l’acqua scorra e che ci sia della carta igienica, e sospiro mentre insieme alla pipì scarico anche gran parte dell’ansia dei giorni precedenti, dal non sapere dove dormire, al rimanere svegli fino a tardi stanotte, alla stanchezza per lo zaino appesantito dalla pioggia. Mi trattengo dal lasciare con il gesso sulla lavagna del cesso un messaggio per le generazioni future - starò crescendo? quando hanno smesso di essere esilaranti i disegni di piselli? - e con un’ultima occhiata a una rivista patinata dei primi anni duemila, torno nella stanza.

Hugo è ancora lì e mi calcola ancora meno di prima.
Conosci quella metafora del bicchiere pieno di palline da ping pong? Quelle sono le cose grandi che occupano molto spazio, ma una volta che le hai sotto controllo, nello spazio rimasto libero nel bicchiere puoi aggiungere cose via via più piccole, prima ciottoli, poi sabbia e infine acqua. Allo stesso modo, mi ha colpito prima lo studio musicale in piena regola, ma ora che l’ho analizzato, i miei sensi notano molti souvenir e arazzi esotici, incluso uno molto grande proprio sopra la scrivania. C’è un varco nel muro con quel tipo di fili di perline che trovi quando entri in alcuni negozi etnici - immagino che porti in cucina - e poi un’altra apertura senza porta sulla destra, che deve essere la stanza di Hugo. Sto ancora guardando in giro nei miei pigiami, affascinato come un bambino, quando altri fischi e applausi sono seguiti dal toc della chitarra che viene messa sul pavimento.

“Scusa per l’attesa, ma adoro i Vulfpeck.”

(continua)


 Nella presente   antologia è stata riportata solo la presentazione del romanzo.

Per l’Opera   completa contattare l’Autore.

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