Roberto Conti
LAGUNANDO 2020 > selezionati 2020
Laureato in scienze geologiche, ha abbandonato quasi da subito il settore.
Attualmente è responsabile di filiale presso una società tedesca di trasporti chimici.
Appassionato di musica è bassista attivo sulla scena underground milanese da più di vent’anni.
Adora leggere, scrivere, guardare film e fare sport.
È felicemente sposato con Alessandra, dalla quale ha avuto un figlio, Giulio.
BENVENUTI A MORASCONE
1
CHENDO
Periferia di Morascone, venerdì - ore 21.10
Nella bassa c’è una nebbia che pare la Transilvania.
Del resto si sa, a novembre il tempo fa schifo.
“Pronto? Prontoo!? Oh, Chendo ...mi senti!?”
Cinque secondi di silenzio, poi la risposta secca dall’altra parte della cornetta.
“Sì.”
“Allora? Esci o no stasera?”
Serve qualche altro istante per ricevere la medesima risposta. Identica, monotona, priva di interpretazione. Sembra un messaggio registrato.
“Sì.”
“Oh, va che noi siamo al Trauma ...ma tu stai arrivando o no? Mica ho capito dove cazzo sei...”
Al contrario, il tono del primo interlocutore è sempre più affannato, quasi gli mancasse il fiato.
Altri secondi di silenzio.
“No.”
“Come no? Dai cazzo Chendo, muovi il culo!”
“Prima finisco, poi arrivo.”
Morascone centro, venerdì - ore 21.20
Chendo, così lo chiamano i suoi amici, sta per chiudere la cler del bar. Alto, prestante, capello medio lungo, la carnagione scura e l’aria un po’ vissuta. Trentacinque anni che sembrano quarantacinque, a giudicare dalle rughe sul volto. Uno spirito libero. Estremamente pragmatico, drastico, rude; l’utilizzo che fa della comunicazione verbale è quasi sempre ridotto ai minimi termini. Certo sentirlo al telefono fa impressione, sembra un robot.
Il bar non è il suo, ci lavora solamente e oggi giornata pesante. Del resto se hai un affitto da pagare ti servono i cash, è chiaro. Fin troppo chiaro. Negli ultimi anni sono diversi i modi con cui Chendo ha cercato di sbarcare il lunario, rotolando da una panchina in serie B alla tettoia di un benzinaio, poi il sedile di un furgone, infine il bancone di un bar. E chissà che altro lo aspetta ancora. Chendo, come lo storico terzino del Real Madrid. Un muro in difesa, un siluro sulla fascia. Il suo ex allenatore stravedeva per lui e non era l’unico. Oltre ad un soprannome gli aveva dato anche un posto in prima squadra, stipendio, auto ed appartamento. Peccato solo per quell’incidente.
Dio, che peccato davvero.
Eh certo, e come fai a prevederla una cosa del genere?
Maledetta, stramaledetta serata.
Periferia di Morascone, venerdì - ore 21.10
“Oh, Chendo ...senti noi ti aspettiamo dentro, che qua fa un freddo porco!”
Il Trauma Umano è un locale poco fuori Morascone, una specie di area concerti dal sano imprinting heavy metal. In realtà non è altro che un vecchio capannone, una delle mille aziende fallite in questa valle di lacrime e zanzare, ora riadattato a locale notturno. Al Trauma, così lo chiamano da queste parti, ci suonano band cattive e band cattivissime, a far loro da contorno un discreto branco di giovani e giovanissimi che durante il week end non sanno dove altro andare per farsi uscire la birra anche dalle orecchie. E che magari manco gli piace l’heavy metal.
Morascone non si può certo dire sia posto per divertirsi. I ragazzi appena possono scappano da questa specie di borgo, inspiegabilmente nato tra risaie, paludi, campi e boschi. Inspiegabile davvero. Questo paese va bene per i vecchi. Per i vecchi e per le zanzare.
Morascone centro, venerdì - ore 21.40
Un’ultima controllata generale.
Si direbbe tutto a posto. Tre giri di chiave, sciarpa, giubbotto allacciato e Chendo è pronto a fiondarsi in auto. Niente cappello, non gli piace. Fa freddo è vero, ma preferisce avere i capelli sciolti che gli cascano sulle spalle. Fanno parte della sua immagine. Non che ci tenga particolarmente all’aspetto estetico, ma gli piace essere identificato in un certo modo. Sarebbe dovuto uscire molto prima, ma con tutto il casino che è successo oggi, proprio non gli andava di lasciare il bar in quelle condizioni. E poi ci mancava solo Maurizio bloccato con l’auto a completare il quadro delle sfighe. Sfiga o no, si tratta pur sempre del suo nuovo capo e del suo nuovo impiego. E lui ha bisogno di lavorare. Ma dannazione, ci saranno volute tre ore a pulire quella pozza di sangue, schifo e vomito che dal bancone del bar, a momenti arrivava fino alla porta d’ingresso. Prima di uscire, Chendo ci passa anche il dito su quelle piastrelle.
Morascone centro, venerdì - ore 21.50
Ha ragione TDM, fuori fa un freddo porco.
E poi con ‘sta nebbia non si vede nulla, sembra che davanti al parabrezza abbiano steso un telo bianco. Poco importa, Chendo la strada la sa a memoria. Certo che la sa, una sola ce n’è. Se a Morascone non stai andando sulla provinciale, significa che stai andando a casa, ed in questo momento lui a casa proprio non ci vuole andare. Con il culo che si è fatto oggi, una bella birra se la merita tutta.
Altroché se la merita. Altroché una.
Quando la nebbia è così fitta, il trucco è tener d’occhio la striscia bianca a bordo strada, solo così sei sicuro di rimanere sull’asfalto. La visuale si riduce di fatto a pochi centimetri oltre il fanale, ma sono statisticamente sufficienti. Certo non puoi pretendere di guardare sia la striscia che la strada, ne viene da sé che se qualche bestia dovesse malauguratamente decidere di attraversare proprio ora, il suo destino si ridurrebbe ad un paio di alternative al massimo. E se a decidere di attraversare fosse invece una persona, beh se davvero lo fa adesso, proprio qua in mezzo al nulla, allora se lo merita anche di finire sotto.
Periferia di Morascone, venerdì - ore 22.25
Eccolo finalmente il Trauma. Con quella specie di faro che gli hanno installato sul tetto, spicca tra le risaie come una Las Vegas dei poveri. Intorno al locale la nebbia sembra diradarsi leggermente, giusto a dargli quell’effetto un po’ horror. Bello però. Certo è gigante, squadrato come un parallelepipedo. Un paio d’anni fa, dopo l’incendio, le pareti sono state dipinte di nero, come la pece. Classica soluzione di ripiego, in perfetto stile minimo sforzo massima resa. Dev’essere gremito di gente, a giudicare dalle auto nel parcheggio e dalla fila che c’è prima di entrare.
Chendo odia fare la fila.
Ma chi cazzo ci suona oggi, gli Iron Maiden? E poi dannazione, che cazzo di freddo fa?
L’umidità è alle stelle. Praticamente sta diluviando anche se non piove. Finalmente la porta del locale si apre, così che si passa dall’umidissimo e freddissimo, all’umidissimo e caldissimo. L’escursione termica è da clima desertico, quella percepita, da clima marziano.
Comunque no, non suonano gli Iron Maiden.
Sul palco svettano cinque presunti musicisti che inneggiano alla precoce morte dei loro spettatori. Davanti a loro, gli spettatori, appunto; centinaia di teste che acconsentono più o meno sincronizzate alla proposta. Alle loro spalle è ben visibile uno striscione riportante la scritta ‘ROTTEN DOGS’. I ‘cani marci’, così si fanno chiamare, sono tutti capelloni, tutti pittati e tutti sufficientemente agitati. Fanno anche tutti sufficientemente schifo, sia tecnicamente che esteticamente.
Eccolo là TDM.
Beh certo, è al banco, dove altro poteva essere. Di fianco a lui spunta anche il Nausea e quello di spalle dev’essere Petardo. TDM sta per Testa Di Mattone, nomignolo onorevolmente conseguito per l’aver cercato di demolire un pezzo di scuola a suon di capocciate. Con successo, ma senza motivo. E’ un tipo piuttosto robusto, spalle larghe, capello a spazzola alla Ivan Drago, sguardo da pesce lesso. Fa il magazziniere da un paio d’anni in una ditta di trasporti, da poco inspiegabilmente promosso ad impiegato d’ufficio. Il fatto che il padre sia dirigente nella medesima ditta non ha alcun collegamento con tutto ciò. Naturalmente.
Petardo è il suo braccio destro, tanto fedele quanto stupido. Qualche capodanno fa gli si è acceso un petardo nella tasca del giubbotto. Il suo limitato cervello non ha potuto far altro che suggerirgli di correre, correre, correre e ancora correre, fino a deflagrazione avvenuta. Nel deserto delle sue capacità, spicca il talento per il canto. Per intenderci, non ha nulla da invidiare al cantante dei Rotten Dogs.
A differenza dei primi due, il Nausea è un tipo tranquillo, molto tranquillo; di solito gli bastano un paio di birre per dimostrarsi poco più operativo di un cadavere. Meglio però non sottovalutarlo, sai mai cosa si può nascondere dietro quelle gambe smilze e la pettinatura da contabile. Di lavoro fa il becchino. Da queste parti si dice che qualcuno deve pur farlo, certo che se lo fa lui però è meglio. Anche questo si dice.
Strana gente che frequenta Chendo. Del resto, ognuno ha gli amici che si merita. Non si dice forse così? Che poi, alla fin della fiera, qui a Morascone nessuno è santo. Ecco cos’altro si dice da queste parti. E quindi giù con la birra. Una bella birra formato famiglia, per dimenticare questo schifo di primo giorno al lavoro. Chendo se lo vede ancora davanti agli occhi il tizio di oggi. Che poi a detta di Maurizio, il suo nuovo capo, doveva pure essere una giornata tranquilla.
(continua)
Nella presente antologia è stata riportata solo la presentazione del romanzo.
Per l’Opera completa contattare l’Autore.