Fiorenza Biloghi 2022
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ORTI DEI DOGI
ROMANZI
Lorenza Posfortunato
Nata a Cavriglia (AR) nel 1956 e risiede a Montevarchi (AR).
Laureata in Lettere presso l’Università degli Studi di Firenze.
Ha pubblicato nel 1983 Quaderno 7 degli Studi di Filologia Italiana dell’ACCADEMIA DELLA CRUSCA: G. Leopardi, Appressamento della morte, Edizione critica e nel 2007 ACCADEMIA VALDARNESE DEL POGGIO Montevarchi, Memorie Valdarnesi, Anno 172°, Giacomo Leopardi “Appressamento della morte”.
Scrive nella rivista Luogos (ed. Setteponti).
Ha scritto a quattro mani, con una collega insegnante, il romanzo a carattere biografico dal titolo “Solite vite diverse” e si sta dedicando alla stesura di un saggio su Dante.
Fiorenza Biloghi
Nata a San Giovanni Valdarno (Ar) nel 1952, risiede a Cavriglia (Ar).
Laureata in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze, ha insegnato per lungo tempo Italiano e Storia nelle scuole Superiori di Secondo grado.
Tiene una rubrica di recensioni letterarie sulla rivista Luogos (ed. Setteponti) e in rete, sul sito di Libreriamo, si trovano alcune sue riflessioni su testi editi da importanti autori.
Ha scritto a quattro mani, con una collega insegnante, il romanzo a carattere biografico dal titolo “Solite vite diverse” e si sta dedicando alla stesura di un saggio su Dante.
Solite vite diverse
Questo è un romanzo scritto a quattro mani ma elaborato da ogni autrice in maniera autonoma. Si tratta della biografia, ambientata nei decenni Cinquanta - Ottanta, di due donne vissute senza conoscersi e che si ritrovano, a partire dagli anni Novanta, a praticare la stessa professione nella stessa scuola. La loro esistenza viene collocata all’interno di sei tematiche ritenute da ambedue fondamentali che sono: amore; radici; musica; cultura; amicizia; famiglia. Per ognuno di questi aspetti della loro vita, trattati in maniera duplice, sono stati analizzati gli avvenimenti privati fondamentali; ricordati, con riferimenti specifici, i sottofondo storici locali e nazionali; inquadrate in maniera ricorrente le caratteristiche dei personaggi e soprattutto delle protagoniste. Quindi la parte storica si fonde con quella privata, che pure prevale, per completare la definizione di due figure femminili, decisamente particolari nella loro normalità. Ragazze che hanno vissuto ansie, problematiche, insuccessi, ma anche realizzazioni e prospettive positive. L’ultimo capitolo è dedicato ad uno scambio congiunto di opinioni sulla qualità e sull’essenza dell’insegnamento in una scuola media superiore di secondo grado. Qui troviamo riflessioni personali ed esempi di vita vissuta a contatto diretto con gli studenti e con le Istituzioni specifiche, fino alla dichiarata speranza finale di poter scrivere un libro dove, in un progetto unico, si salvino le loro diversità.
1
Amore T.
Sarò madre. Teresa sfogliava con scetticismo le pagine di quel libro chiedendosi come fosse possibile che lo avessero scritto tre uomini. Ormai era certo: anche lei lo sarebbe diventata. I seni turgidi non lasciavano margine all’incertezza. Nella penombra di quell’assolato pomeriggio, stesa sul letto, sola, accarezzava il proprio corpo, bello, giovane, desiderabile sapendo che presto sarebbe stato sfigurato e deformato dalla gravidanza.
Aveva sperato in ogni momento di sentire uscire il sangue dal suo ventre, ma non era accaduto. Ora aveva solo voglia di sparire, di chiudere gli occhi e di riaprirli in un’altra dimensione. Molti avrebbero chiesto spiegazioni, suggerito soluzioni, espresso rimproveri, formulato giudizi talvolta dettati dall’amore e dall’affetto ma per lo più dalla curiosità e dal pettegolezzo.
«Quella ragazza che appariva molto seria non lo è stata affatto» avrebbero sentenziato i più con grande dolore dei suoi genitori che avevano fatto dell’onorabilità uno dei valori fondanti della propria esistenza.
Strana storia quella di suo padre e di sua madre. Si erano conosciuti a una festa da ballo durante una saga paesana quando Albertina aveva sedici anni e Ricciotti venti, ma era stato un incontro fugace, anche se aveva lasciato un ricordo indelebile nel cuore dei due ragazzi. Lui era troppo impegnato a correre dietro a tutte le sottane che gli si paravano davanti, specie a quelle che si alzavano con più disinvoltura, per pensare a una storia seria e impegnativa. Bello, con uno sguardo penetrante un po’ torvo, capelli neri lucenti di brillantina, aveva il fascino del seduttore senza scrupoli. Nessuna gli resisteva, specialmente se sposata, e scaldava molti letti di mariti inconsapevoli. Purtroppo una volta uno di loro lo sorprese in azione. Ricciotti, con un guizzo fulmineo, si lanciò dalla finestra posta a pian terreno e fuggì tra i campi inseguito dallo sposo furente che, imbracciando un fucile, tentò di colpirlo. Trovò rifugio a Roma da una sorella e tornò dopo qualche mese quando le acque si erano un po’ calmate. I suoi amici gli suggerivano di trovarsi una ragazza per bene, possibilmente illibata, ma lui, anticonvenzionale anche in questo, ironico da sempre, sorprendeva tutti dicendo:
- Non sono mica Bartali che vuole sempre arrivare primo!
Così di storia in storia si trovò scapolo all’età di quarantadue anni ancora desiderato e assediato da molte donne.
Albertina era la classica brava ragazza. Occhi immensi, dolcissimi, un sorriso accattivante contornato da labbra sensuali, morbidi capelli castani ondulati alla moda, corpo snello; timida e riservata, la fanciulla ignorava completamente la sua carica seduttiva. Fidanzata da adolescente con un giovane del posto, sopportò amaramente la sua decisione di emigrare in Francia con la promessa di sposarla al suo ritorno, se lei lo avesse aspettato. E lei lo aspettò, ma invano. Le giunse notizia che in quelle terre lontane lui aveva incontrato un’altra donna, “l’aveva messa incinta” e si era maritato con quella. Quando la notizia dell’accaduto si diffuse rimbalzando di bocca in bocca, Albertina cadde in una profonda depressione. Prese allora la decisione che non avrebbe avuto più nessun uomo al suo fianco nonostante i molti corteggiatori intenti a farle cambiare opinione. A trentotto anni, perciò, era una bellissima “zitella” che viveva con i genitori, divisa tra le faccende domestiche che espletava con impegno, la chiesa che frequentava con assiduità e il lavoro di ricamatrice che adorava. Le sue mani instancabilmente tessevano decorazioni incantevoli e raccontava con i fili una stupenda vita sognata e ancora non realizzata.
Nell’estate del 1954 un’amica di Albertina, che era anche cugina di Ricciotti, li presentò di nuovo dopo tanti anni, consapevole che, a loro insaputa, loro erano sicuramente due anime complementari.
La domenica successiva, passeggiando per il viale del paese, i due ricordarono il loro primo incontro, certamente un’occasione non colta, e capirono che, se il destino aveva concesso loro un’altra opportunità, questa volta non dovevano lasciarsela sfuggire.
- È morta la mia mamma poco tempo fa, da allora sento forte la mancanza di una donna in casa.
Certo con le parole Ricciotti non era molto bravo.
- Forse lei allora ha bisogno di una serva, non di una moglie! - Rispose pronta Albertina che voleva sentirsi dire qualcosa di più romantico.
- Non volevo intendere questo... - E il suo sorriso seducente chiarì ogni dubbio, senza che fossero necessarie altre frasi.
- Sai - diceva sua madre a Teresa ormai grande la sera davanti al fuoco - il tuo babbo voleva portarmi nel bosco, come faceva con tutte le altre, ma con me non ci riuscì.
Così quando si sposarono, il 2 giugno dell’anno successivo, festa della Repubblica, Ricciotti vinse la sua corsa, e anche se per lui non era importante, quella volta con Albertina arrivò primo davvero.
Da quel momento in poi non ci fu più nessun’altra donna nella sua vita, salvo Teresa.
L’amore per la figlia fu immenso. Tutte le sere, nonostante la stanchezza, la addormentava in braccio cantandole non le ninne nanne che non conosceva, ma Bandiera rossa, l’Internazionale, Bella ciao, Fischia il vento. La bambina imparò ben presto tutte le parole e le cantava spesso suscitando in coloro che la ascoltavano grandi risate. Per l’intera esistenza Teresa ricercò la sensazione di completo abbandono che provava su quelle ampie spalle e il senso di sicurezza, di fiducia, di affetto che il poderoso abbraccio le trasmetteva prima di abbandonarsi beatamente al sonno.
Ora che era una donna e che presto sarebbe stata madre, il fatto che non fosse sposata creava nei suoi genitori ansia. Certo conoscevano Sergio, il futuro padre, sapevano che era un bravo ragazzo e che i due si amavano, ma avrebbero preferito che tutto fosse avvenuto a tempo debito. Ricciotti aveva sempre sperato che, come sua moglie, Teresa non seguisse nessuno nel bosco.
La preoccupazione maggiore era, però, il completamento gli studi della loro figlia che rischiava di non realizzarsi.
- Abbiamo fatto tanti sacrifici fino a questo momento e ora tutto è stato compromesso!- Le dicevano in continuazione.
La ragazza, nel percepire quell’enorme sofferenza, promise loro che avrebbe conseguito la sua laurea, se l’avessero aiutata, e soprattutto lo promise a se stessa perché capiva che solo attraverso lo studio avrebbe potuto davvero realizzarsi e lasciarsi alle spalle le ristrettezze economiche in cui viveva. Purtroppo il faticoso cammino dell’emancipazione femminile di quegli anni settanta, la nuova concezione del rapporto tra i sessi, la rivendicazione di autonomia, d’ indipendenza, di autodeterminazione delle donne non aveva attecchito in quello sperduto borgo di campagna. Il perbenismo dominante aveva cancellato perfino il ricordo delle protagoniste della Resistenza, che pure c’erano state anche nel paese, e solo qualche raro racconto ammantato di leggenda trapelava ancora dalle bocche delle anziane. Casalinghe attente, madri premurose, perfette padrone di casa, massaie oculate, questi gli stereotipi più in voga. Per merito loro nelle case tutto doveva apparire perfetto, non essere. Teresa non sarebbe stata compresa ora che aveva con noncuranza buttato all’aria la sua vita.
(continua)
Nella presente antologia è stata riportata solo la presentazione del romanzo.
Per l’Opera completa contattare l’Autore.