Gaetano Catalani2022
LAGUNANDO 2022 > selezionati 2022
Medico Dermatologo.
103 primi premi Nazionali e Internazionali.
Presidente di giuria e giurato in numerosi concorsi.
Diploma Honoris Causa in Arte e Cultura dalla ISLAS
PRIMO PREMIO
SEZIONE.
"LEGGERE LAGUNE"
"LEGGERE LAGUNE"
Lo stile personale, la ricchezza del linguaggio e il registro adeguato, suscitano emozioni ed evocano forti immagini poetiche, ottenendo significatività e originalità dei testi prodotti.
LEGGERE LAGUNE
POESIE
Ancora una volta
Lo sento ancora il sapore dell’estate
e delle carezze che le stelle c’invidiavano,
dei baci di mare e sale sotto il glicine
che le labbra e l’anima incendiavano.
Credo ancora nel tuo sguardo tenero
che più di un bacio unisce e rasserena,
scruto i tuoi occhi e ci ritrovo il mare,
poi al crepuscolo due vele all’orizzonte.
Ti amo amore mio, qui tutto è incanto,
sento il profumo prima che sbocci il fiore,
avverto il fremito e l’ansia della foglia
perché è in arrivo il suo primo temporale.
E’ aprile, mi dirai, e i fiori sbocciano!
Per me sono i sogni dell’inverno
che prepotenti esplodono dai rami,
sono ghirlande di farfalle variopinte
che col profumo di zagara s’inebriano.
Ancora una volta scriverò di primavera
e della brezza che scompiglia i miei pensieri
come onda che s’increspa e spumeggia
per paura di morire sulla rena.
Ma torna indietro, era solo un’illusione
e ancora danza al canto dei delfini,
un giorno, forse, si disperderà nel vento
quando improvvisa la burrasca infurierà.
Pietre senza età
“Le più belle poesie si scrivono davanti a un altare vuoto, accerchiati da argenti della divina follia”
Alda Merini
E me ne stavo lì, in quella piccola chiesa,
a respirare preghiere e salmi antichi,
fra mura di lacrime e di tufo
che il tempo non ha voluto cancellare.
Tutto intorno ulivi, muri a secco e pace
come schegge di luce nel cuore
a illuminarmi un Dio dimenticato.
Ascoltavo voci di pietre senza età
centellinando i passi del silenzio
e incollando frammenti del mio vivere,
incurante del tempo che passava.
Solo una tortora si librava nell’aria
verso le valli e l’orizzonte azzurro
dove il sussurro del vento evoca ancora
un soffio antico umido d’incenso.
M’inginocchiai e cominciai a pregare,
colpevole di fuliggine e peccato,
imbrattato dalla cenere che plasma la vita,
negando ciò che non può essere spiegato.
E avvolto dai suoni del silenzio,
in quella bellezza austera mi immersi
come una spugna ad assorbire l’infinito,
seppure indegno di averlo desiderato.
Sulla via delle mangrovie
Stavi seduta in un angolo del bar
con una tazza di caffè fra le mani
per placare il freddo del maestrale
e l’eterno tuo dolore nell’anima.
Mi raccontasti una storia, la tua vita,
mi parlasti di profumi e di mangrovie,
di corse sull’erba a rincorrere il tramonto
e poi supina ad ascoltar le rane nel fosso.
Anche stasera sei lì sul marciapiede
sotto il solito lampione malato
mentre ripassi il rossetto e tiri su la gonna
a mostrare squarci di carne alla luna.
Mi abbozzi un cenno con la mano
ed un sorriso velato di tristezza,
acqua chiara che scorre in uno stagno
dove gli angeli non osano volare.
Ti sfioreranno labbra con un muto ghigno
e occhi con le pupille incandescenti
sopra un letto sfatto e una persiana chiusa
a nascondere l’orgasmo del silenzio.
Ascolti il canto di una libellula che muore
e un fremito d’angoscia ti attraversa,
c’è uno spicchio di luna, è quasi l’alba
e le luci dei lampioni ormai si spengono.
Ora lo sai, si può vivere nel dolore
fra le braccia scomposte della notte
dove il frastuono del cuore si addolcisce
al soffio del vento sulle tue mangrovie.
Una nebbia sui ricordi
Una nebbia la sua mente assopisce
e i ricordi di una vita si dissolvono,
le immagini del passato sbiadiscono
e questo vuoto le sconvolge il cuore.
Distrattamente sfoglia libri di chiesa
monchi allo sguardo, ma per fede antica,
poi il sole accecante si dilegua
e lascia il buio delle notti insonni.
Le braci degli anni hanno scalfito il viso
e la mano, quando erano fuoco,
ora porta il bagaglio vuoto della vita,
il più pesante, ad incurvare le sue spalle.
Guarda vecchie foto in bianco e nero
per arginare il vento dei ricordi,
sembra una barca in balia del mare
che l’orizzonte non riesce a trovare.
“Ti voglio bene mamma, a cosa pensi?”
China la testa, ma non mi risponde,
è in un luogo che non riconosce,
è in una nicchia dove la porta il cuore,
è uno sguardo gettato lontano
alla ricerca dei suoi giorni più belli.
Scrive pensieri e poi li rilegge,
ma non ricorda di averli già scritti
e mentre la penna graffia la carta
la sua memoria s’immerge nel vuoto
come inghiottita da un mare d’inverno.
Piove una lacrima che neanche la bagna
e i suoi occhi sono sempre più dolci.
Scende la nebbia e lei già non ricorda.
Tutt’a vita ca resta
“Pecchì mi fati u campu nto spitàli?
Dimmìgliu papà, moru cotraregliu?”
Chi nci rispundi, staci sempi mali,
ndavi cinc’anni e pari n’omicegliu.
Vol’u vaji a scola u mpar’a storia
e vol’u vidi u mundu sup’e navi,
du Pataterno nci ricanusciu a gloria,
ma ora pecchì cu igliu a ndavi?
Capisci tuttu chigliu ca non dicu
e s’accorgi si u sorrisu esti forzatu,
sent’a rraggia quand’u celu malidicu,
ma dici sempi “Non star’ammancupàtu!”.
Quandu nci manca l’aria s’ammaràzza
comu faci sutt’o ventu nu gabbianu,
ndi guarda spiritàtu e pò nd’abbrazza
c’a mamma sua ca nci ten’a manu.
Ferm’u rihjàtu finu a cchì m’affucu
e guard’u cogliu di gliu piccirigliu,
vorrìa u sciupp’u tubu i chigliu bucu
pemmu mi strozzu eu o postu d’igliu.
E’ terribili? No, è sulamenti a vita
ed è iglia ca voli u duna i tempi,
di voti è beglia, nta attri è dissapìta
e grida n’cogliu ca non si vinci sempi.
Ma comu fazzu ora mu m’arrendu
nta na guerra i sempi cumbattuta,
stasira dint’a chjesia vaju fujèndu
c’u cori a pezzi e na preghiera muta.
Tutta la vita che resta
“Perché mi fate vivere in ospedale?”
“Dimmelo papà, morirò bambino?”
Che gli rispondi, sta sempre male,
ha cinque anni e pare un ometto.
Vuole andare a scuola ad imparare la storia
e vuol vedere il mondo sulle navi,
al Padreterno gli riconosco la gloria,
ma ora perché ce l’ha con lui?
Capisce tutto quello che non dico
e si accorge se il sorriso è forzato,
sente la rabbia quando il cielo maledico,
ma dice sempre “Non stare a preoccuparti!”.
Quando gli manca l’aria si abbatte
come fa un gabbiano sotto il vento,
ci guarda spaventato e poi ci abbraccia
con sua madre che gli tiene la mano.
Fermo il respiro fino ad affogarmi
e guardo il collo di quel bambino,
vorrei strappare il tubo da quel buco
per strozzarmi io al posto suo.
E’ terribile? No, è soltanto la vita,
ed è lei che vuol dettare i tempi,
a volte è bella, in altre è insipida
e ti urla addosso che non si vince sempre.
Ma come faccio ora ad arrendermi
in una guerra da sempre combattuta,
stasera dentro la chiesa andrò correndo
col cuore a pezzi e una preghiera muta.