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Alberto Pedrazzini
LAGUNANDO 2023 > selezionati 2023 Poesia e narrativa > leggere lagune - poesia
Terzo classificato (Silloge)
È nato a Luzzara, in provincia di Reggio Emilia. Ingegnere e architetto, per diversi anni è stato professore incaricato di “Storia dell’Architettura” presso il Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Territorio della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna.
La sua attività di ricerca gli ha consentito di pubblicare libri, saggi e articoli su diverse riviste di settore.
Ha partecipato a missioni umanitarie nei paesi dell’Africa e del Sud America.
Assai diversificati i suoi interessi, da quelli storiografici a quelli musicali, in particolare del violino, e la grande passione per la poesia.
Numerosi i primi premi in concorsi letterari, nazionali e internazionali, Menzioni d’onore e di Merito.
Leggere Lagune
INDIFFERENZA





La guerra sa aspettare.
Vigile, drizza le antenne
e cambia le attese della storia.
Il bambino che gioca contento
ha in sé la bellezza e
l’innocenza della prima neve.
Come stella cadente,
un’idea di potenza si abbatte
a perpendicolo, da cielo a terra.
Scoppiano atomi di male
sull’odore delle zolle smosse.
Gocce di sangue s’impigliano
alle vene del cielo: gli occhi
di un bimbo che muore.
Composto da frasi interrotte,
senza più peso di carne,
il corpicino martoriato,
che scendeva allegro
dallo scivolo di metallo,
giace, immobile, sul freddo
metallo di un obitorio.
Consegnato all’oscurità
di un’ombra senza ore, riposa,
con il pallore della luna,
in attesa che il dolore
trovi le sue ragioni.
Così poco è la vita.
Avrà ali di cera l’innocenza?
Gli operai sono già al lavoro.
Saranno presto rimossi i rottami
e le altalene, rimesse in buono
stato come le schegge
della nostra coscienza,
riprenderanno a dondolare.
Il carrozzone dei media,
con il suo deficit di memoria,
sempre affamato di audience,
è già partito per un altro luogo.
Il dolore che aveva commosso,
in fin dei conti, non ci appartiene
e il tempo, che annera cause
ed effetti, non sa che farne
del suo destino: “l’indifferenza
è inferno senza fiamme”.



MI SARÀ D’AVANZO




Soffro l’irrealtà dell’ombra
ma se chiudo gli occhi
irrompi ancora con la violenza
di un uscio che sbatte
e non chiude.
Lascio al bianco delle cose
sospese la tensione infinita
delle emozioni più vere,
quel non detto gravido
di parole in eterna attesa,
che aggiunge vita ai giorni.
Bastarti così mi sarà d’avanzo.
Mi sarà d’avanzo contro la violenza
statica e inapparente del quotidiano
che, acquattandosi,
si rintana nel consueto;
mi sarà d’avanzo per avversare
ogni logica matematica dell’essere
che rende meccanica l’esistenza.
Dalla pena del vivere
ho preservato, coltivandolo,
un chiaro sentimento
che include, nel respiro del mondo,
il profumo della tua presenza.
E lo completa, indivisibilmente,
senza pretender nulla in cambio,
come l’amore ama sé stesso.
Dividere quel nulla
mi sarà comunque d’avanzo.
NON SARÀ UN ADDIO


Non indugiare, non volgerti indietro.
Non sarà un addio.
Nulla cambierà nell’intemporaneo
se non l’assenza della corporeità.
A rimarginare il vuoto dello strappo
basterà un bisbiglio di alfabeti prenatali,
l’idea stessa del suono
che riempie gli spazi infiniti,
musicale il silenzio, inusuale l’incontro.
Con dolcezza inquieta aspetterai
il mio futuro imperfetto di prossimità
nascosta che conserva,
come la conchiglia il mare,
la presenza riconosciuta
di uno sguardo e non svanisce.
Così ti basterò senza mancarti mai.
Nell’aperto privo di peso
sarò la nostalgia di una carezza
dal respiro breve,
lo sfioramento della brezza umida
che condensa sulle tue labbra
in un continuo bacio.
Abbraccio d’immenso cielo,
sarò lì, sul crinale del tempo
a raccontarci, fra i sentieri
sempre nuovi della poesia,
la bellezza di un cammino.


CUORE BAMBINO



Il corpo che rispondeva,
pronto, ad ogni comando
non ha più la leggerezza del lupo,
né la maestosità dell’aquila
quando plana ad ali orizzontali.
Sulle salite disselciate della vita
sento mancare il respiro
e, passo a passo, il calcagno
batte l’orma del ritorno
lasciando ai sassi sparsi,
alla polvere, solo il sapore
di un andare svelto.
Filtrano tra i pioppi
le luci oblique di ottobre
e penzolano gli anni
al filo del destino
che attende cieli d’inverno
ma da pupilla a pupilla,
lungo la curva dei vostri occhi,
mi ritrovo fresco di rugiada,
con un cuore bambino.
Sotto la leggerezza
del contatto di ciglia
si svela l’azzurro più elementare
di un infinito marecielo.
Abito lì, nell’interstizio sottile
dove il pronome io vuol dire noi,
in una santità del nulla
che ci rende felici del niente
se non dell’esistere.
Ringrazio la vita che, in silenzio,
annoda le nostre differenti infanzie
in fili sottili di intatto amore.

IL BUIO DELLA NOTTE



Intrisa di incertezza
la notte minerale piomba
nello spazio di gravità
come se sfondasse
l’architrave del cielo.
Si consuma, senza rumore,
in un cerchio di niente,
come una morte che non ha luogo.
Nella verità luminosa del buio,
dove vegliano solo le cose
e più intimo è il presente,
vado incontro a me stesso
con la sola stringa del pensiero.
Tastando la grana del silenzio
l’anima si accorda al battito del cuore
in un ascolto leggero, a misura di respiro.
D’improvviso, sulla superficie
del sogno, un cruccio assiduo
si affatica nel tormentarmi.
Mette paura, produce cieco dolore
come se l’artiglio di un rapace
graffiasse la pelle, pezzo a pezzo.
Che sia il timore di aver preso
o perso qualcosa;
di aver rubato il tempo,
io, ladro a me stesso?
O forse solo la paura
di esser me stesso?
Spento nel misterioso tumulto
anche il più tenue bisbiglio mentale,
si ricompone uno stato di quiete
e il timore d’ali spezzate svanisce,
non so come, non so dove,
al buio di un cielo denso di stelle.

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