Camilla Bertolini
LAGUNANDO 2023 > selezionati 2023 Poesia e narrativa > Isole della Laguna - narrativa
1990, ecologa marina e attivista.
Dopo anni vissuti all’estero è tornata a Venezia e crede nella possibilità di ridisegnare una città sostenibile in armonia con la laguna.
Isole della Laguna
-Narrativa-
Flussi
Cammino. A occhi inesperti potrebbe sembrare che io abbia una mappa stampata in testa per sapermi districare in questo labirinto. Quello che non sa il mio compagno, che continua a ripetermi ‘ma come fai a sapere dove stai andando?’, è che neanche io lo so. Mi muovo captando segni. Ho una memoria visiva . Non saprei spiegare a voce alta il percorso più breve da fare. Eppure vado da A a B nel minor tempo possibile. So sempre se conviene attraversare a Rialto, Accademia o Scalzi; se passare per Dorsoduro o per Cannaregio e se prendere qualche traghetto o vaporetto, in rare occasioni di estrema stanchezza. So. Ma per abitudine. In realtà, non so. E so di non sapere. Per esempio so come andare da A a B e da B a C , ma chiedimi di andare da A a C e non è detto che ci sappia andare così istintivamente senza passare per B. Vado a tentoni . Dando l’impressione di sapere.
Non è così che si diventa adulti?
Vi ricordate da bambini quando guardavate i vostri genitori in attesa della risposta alla vostra ennesima domanda su come funziona qualcosa e perché? Ecco. Forse vi hanno risposto onestamente ‘non lo so’ (alla quale segue ovviamente un altro ‘e perché?’) oppure si sono arrampicati su qualche specchio, cercando magari di farvi arrivare a una risposta plausibile, e ai vostri occhi rimanevano quelli che sapevano tutto di tutto.
Poi, appunto, si diventa adulti e si capisce che non è possibile sapere tutto. Ma si acquisisce sapere su come non sapere, sapere su come scoprire e ogni tanto sul fidarsi di andare a tentoni. Destra o sinistra. Seguendo odori , colori , immagini , idee. Basta avere delle scarpe comode in caso di detour, anche se più si va avanti meno sembri averne bisogno.
E poi incroci uno sguardo semi familiare. ‘- Ciao!’, ‘- Ciao!’. Due gocce d’acqua colorate nel mezzo di un fiume grigio non possono che non riconoscersi come piccole uniche superstiti resistenti. Un po’ oleose si guardano bene dal mischiarsi con l’acqua, navigano sulla sua superficie, e si districano indisturbate tra il suo flusso riuscendo talvolta anche a risalire la corrente o abbandonandosi a essa. Si riconosce il colore perché porta con sè pigmenti di ordinarietà misti a pigmenti di speranza e rassegnazione, variabili in proporzione a seconda del loro vissuto. Il pigmento che rende la sua coloratura più evidente è che per le mani ha qualche busta contenente pane o verdure del mercato. Forse una borsa da sport. Magari una sacca stagna. Il grigio è fortemente caratterizzato dal cono gelato in mano o un bicchiere di spritz, rigorosamente in plastica. Il grigio ha meno capacità di movimento, si muove impacciato. Sa di non sapere ma non finge neanche di provare a sapere. Interrompe il flusso magico, fermandosi, tagliando una curva al momento inopportuno. Il colore a volte riesce ad anticipare, a volte impreca anche al grigio. Però attenzione a non cercare di distinguere il colore dalla sua voce o dalla sua lingua. Questa potrà confondere, e sembrare una particella cangiante , ma bisogna ricordarsi che è nel cangiante che si possono trovare i colori più sgargianti. Senza farsi confondere però da quel cangiante caratteristico del petrolio sparso che si allarga sulla superficie, prendendosela a poco a poco, disinteressato dal suo flusso.