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Francesco Brusò
LAGUNANDO 2023 > selezionati 2023 Poesia e narrativa > Isole della Laguna - narrativa
Laureato in Economia e Commercio all’Università di Cà Foscari a Venezia, esercito la professione di amministratore di condomini, e scrivo come “condominio terapia”.
Ho pubblicato a febbraio 2018 il mio primo giallo “ConDELITTO Primavera” e ho vinto alcuni premi a concorsi letterari nel 2018 e 2019.

Già presente edizione:





Isole della Laguna
-Narrativa-
PER SEMPRE                                         





L: Perché hai voluto incontrarmi proprio qui?
M:  Come sarebbe a dire, non ricordi? E’ stato in questo luogo che ti ho conosciuta ed è cambiata la mia vita.
L: Lo so bene, io ero di servizio al mio reparto e tu sei arrivato, sembravi un pulcino bastonato.
M: Forse lo ero veramente. Entrare in questo ospedale, qui a Venezia, con un atrio così imponente con queste colonne che sembrano quasi opprimerti. Mi sentivo già sotto interrogazione da un monumento. Non è stato facile.
L: Te l’ho spiegato quasi subito, proprio per calmarti, l’Ospedale di San Giovanni e Paolo era prima la scuola Grande di San Marco e fa parte dell’ex convento dei domenicani. E’ una costruzione medievale. Come in tutti i conventi all’interno ci sono anche i chiostri dove potevi tranquillamente camminare e meditare.
M. Ma io mi ero già perso prima. Quei due che mi hanno accompagnato certo non mi hanno spiegato come lo fai tu.
L: Ma dimmi perché sei armato? Dove hai preso quella pistola?
M: Non sono venuto qui per darti spiegazioni. La pistola comunque è solo per sentirmi sicuro. Sono venuto solo per te. Ho in mente ancora quanto eri bella quel giorno. Quegli occhi scuri come la pece che nascondevano un grande sentimento. Mi sono innamorato di te subito al primo sguardo.
L: Non cambiare discorso. Tu sei sempre stato un grande affabulatore. Eppure anch’io mi sono innamorata subito di te. Quel bell’uomo, alto con quegli occhi celesti magnetici che aveva tanto bisogno del mio aiuto. Dimmi cosa vuoi ancora da me?
M: Volevo rivederti, tenere la tua mano nella mia. Dai vieni con me.
L: Dove mi stai portando?
M: Seguimi, che questo posto sono sicuro ti piacerà.
L: Ma questa è la chiesa di San Zaccaria.
M: Si è dove ci siamo sposati.
L: Che bel ricordo! Sono arrivata in gondola e tu eri lì ad aspettarmi.
M: Ricordo ancora che la chiesa era poco illuminata ma appena hanno aperto la porta d’ingresso una luce è entrata e dietro c’eri tu, indossavi quell’abito bianco: uno dei pochi momenti felici della mia vita.
L: Ti ricordi la musica?
M: Non posso non ricordarla, il mio amico Giorgio ha suonato quel magnifico organo di Gaetano Callido del 1790 a trasmissione meccanica che esprime la musica con quella tonalità unica. Ha suonato per noi musiche di Galuppi. Sembrava di essere nel settecento veneziano.
L: E poi la foto.
M: Non potevamo mancare alla foto davanti all’altare più bello di quella chiesa. Il dipinto di Bellini della Madonna in trono con il bambino e i santi dietro di noi. Un posto unico, magnifico.
L: Lì ho lasciato il mio mazzo di rose bianche.
M: Entriamo ancora una volta.
L: Perché hai voluto sposarti proprio qui?
M: Sai dopo che ti ho conosciuta ho cercato di farmi invadere dalla pace. Un posto dove venivo spesso era proprio questa chiesa. Mi avevano colpito i quadri della morte di Gesù di J. Palma il Giovane. Sembravano descrivere la mia vita di allora. Da persona persa, morta, a persona che era rinata e questo grazie a te.
L: Non mi lodare troppo, se sei guarito e hai potuto superare quel momento, è stato solo grazie a te e alla tua forza di volontà. Ti ricordi cosa ti ho raccontato di questa chiesa?
M: Si, che accanto c’è un antico monastero e che si vocifera che le monache avessero un forte impatto nella vita della città. Come tutte le donne d’altronde hanno questo potere di cambiare il senso di ciò che facciamo.
L: non dire stupidaggini, tu la tua vita te l’hai scelta.
M: Io ho scelto te. Ti ricordi cosa ti ho detto appena sei arrivata all’altare?
L: E come potrei dimenticarmelo: “Per sempre” era e lo è tutt’ora il modo come ci salutiamo: un nostro codice d’amore.
M: Guarda c’è sempre quel sacrestano. Mi sembra che ci stia osservando, non vorrei che mi riconoscesse è meglio che usciamo.
L: Dove mi porti adesso?
M: Stai tranquilla, e seguimi. Dobbiamo camminare in mezzo a questi turisti, nasconderci è facile con tutta questa gente. Parlano lingue sconosciute e si vestono proprio da turisti quasi fossero in spiaggia tutto l’anno. Ti ricordi, una volta non era così. In questa parte di Venezia c’eravamo soltanto noi veneziani.
L: Tu sei diventato veneziano solo perché mi hai sposato.
M: Si ma ho sempre amato questa città e soprattutto l’ho rispettata. Oggi vedo di tutto e sono molto dispiaciuto. Vedi lì sono seduti sul ponte a mangiare pasta che chiamano fresca ma non so da dove venga. Lasciano bicchieri, piatti di plastica in ogni posto. La cosa che non sopporto e vederli senza scarpe come se queste pietre che hanno secoli e che i nostri padri hanno costruito con grande impegno oggi non fossero che pezzi da museo, da calpestare senza ritegno.
L: Non ti arrabbiare che ti fa male.
M: Lo so devo calmarmi, ma solo tu riesci a farlo.
L: Che bello mi hai portato alla chiesa di San Martino!
M: Sono contento che ti piaccia ancora questo posto. Una chiesa dei veneziani. Peccato che le reliquie del santo ormai non sono più custodite qui ma sono state cedute alla scuola Grande di San Giovanni Battista con l’impegno che ogni anno vengano portate in processione in questa chiesa. Non potevo non portarti qui. Ci siamo sposati proprio il giorno in cui si festeggia San Martino: l’undici novembre e se ti ricordi
L: e come faccio a dimenticarlo, lo abbiamo scelto assieme. La nostra torta era proprio a forma del classico dolce che a Venezia si usa per questa festa. Una forma unica come l’immagine che vediamo qui sulla chiesa: San Martino a cavallo con il mantello. E’ un dolce di pastafrolla dove vengono inserite con la glassa di zucchero delle caramelle e altri dolcetti.
M: Io ricordo che ho mangiato un pezzetto anche di cioccolata che era buonissima.
L: Che grande festa che abbiamo fatto quel giorno. Anche in gondola siamo andati.
M: E’ stato veramente bello, avevano preparato la gondola con tutte le stoffe damascate in rosso. Sembravamo due re.
L: Per forza era la gondola che aveva portato il principe Carlo e la sua sposa di allora Diana di Inghilterra nella loro visita a Venezia!
M. Ma noi siamo migliori!
L: Non farmi ridere che non ci riesco più.
M: Dai vieni è arrivato il momento.
L: Non voglio.
M: Ho bisogno di capire.
L: Non portarmi lì non ce la faccio.
M: Mi è rimasto solo questo e devi dirmi il perché.
L: Lo sai. Basta che ci rifletti.
M: Ma perché proprio lì. Forse perché c’era il trono di San Pietro quel bellissimo trono donato al Doge Pietro Tradonico dall’imperatore d’Oriente Michele III . Dove si dice fosse stato seduto proprio San Pietro e in realtà è costruito con una stele funeraria islamica con versetto del corano all’interno. Io so che tu ti sei sempre sentita importante hai scelto quel campanile per questo?
L: Sono andata sul campanile della chiesa di San Pietro perché è così pendente che mi sembrava proprio che stesse per cadere. Come me. Come tu ben sai, non stavo bene ormai da un po’. Mi avevano diagnosticato un tumore tra i più invadenti e mi avevano dato pochi mesi di vita. Non potevo sopportare che tu stessi accanto a me a vedermi distruggere dal male. Ero sicura che non l’avresti sopportato e così mi sono lasciata andare.
M: Potevi almeno dirmelo. Forse avrei capito e mi sarei fermato. Ora ho bisogno di correre è l’unica cosa che mi rilassa se sono troppo teso. Dai Vieni con me, siamo ormai ai giardini di Sant’Elena: un bellissimo angolo verde nella città più verde del mondo.
L: Finalmente ti riconosco, so che ami questa città soprattutto dopo che hai visto quanti giardini ci sono in tutte le case.
M. amo questa città perché ci sei tu: per sempre.
L: Vai più piano non ce la faccio, ho il fiato corto, non sono più abituata a correre.
M: Dai forza, devo scaricare la tensione.
L: Fermati sediamoci su quella panchina. Guarda che begli alberi che ci sono che ci fanno ombra da questa giornata così calda.
M: Va bene, hai ragione, oggi è proprio caldo.
L: E tu cosa hai fatto dopo?
M: Lo sai
L: Quanti ne hai uccisi?
M: Non lo so ma tanti.
L: il motivo è sempre lo stesso?
M: ormai non so più per quale motivo, certo che la rabbia che ho addosso è sempre tanta.
L: E adesso cosa vuoi fare?
M: Ho già deciso tutto.
L: Non mi lasciare così, costituisciti.
M: non lo farò mai
L: guarda c’è un mendicante, stai tranquillo, non fargli del male.
M: Tieni, caro, questi soldi mi raccomando non spenderli nel vino, non ne vale la pena.
L: Vedi, sei sempre stato un generoso con le persone se lo vuoi, l’ho sempre saputo.
FERMO, NON SI MUOVA! PROFESSOR MONTIPO’ SI ARRENDA E’ CIRCONDATO NON HA ALCUNA POSSIBILITA’ DI SCAPPARE.
Il professore si alza in piedi e con un movimento fulmineo estrae la pistola, il poliziotto spara e tutto finisce.
Questore: Allora tutto bene mi sembra, finalmente lo abbiamo fermato; non farà più del male a nessuno.
Poliziotto: Sa questore il mendicante che ci ha informato di aver visto il professore, ha detto che l’assassino era in compagnia di una donna. Ma tutti gli altri testimoni non hanno confermato la sua tesi.
Questore: Forse il poveraccio aveva già bevuto troppo.
Poliziotto: Un’ultima considerazione, la pistola era un’arma giocattolo e nella mano il professore aveva un foglietto tra le macchie di sangue abbiamo scoperto che c’era scritto “per sempre” chissà perché l’aveva scritto.


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