Giovanni Angiolo Rubino
LAGUNANDO 2023 > selezionati 2023 Poesia e narrativa > leggere lagune - poesia
Autore di romanzi e racconti. Molta poesia.
Vincitore del Primo Premio di Poesia anno 2019 Giulio Stolfi città di Pignola.
Romanzi Pubblicati:
Treno - Terra di Luna - Vacanza in Basilicata - L’Orcodimonio - Sposi in Love… -
Leggere Lagune
La grotta pugliese
Dal mare che si arriccia
e mostra la sua ciccia
è meglio stare lontani.
Dall’acqua che sbatte
sempre acqua di mare
per non cambiare
meglio il litorale
in posizione di stabilità.
Sul mare lineare
uguale a un plantare
avventure non si corrono
si può navigare.
Agli incontri di mare
come per esempio ad Otranto
le onde si accapigliano
ma non c’è parapiglia
si può pattinare.
Per Zinzulusa
si va normali
ma lo scalo è dubbio
la grotta è fonda
i particolari abbondano
quello dell’ombra
più o meno umana
che appare e scompare
è come quella cumana.
MI SARÀ D’AVANZO
Soffro l’irrealtà dell’ombra
ma se chiudo gli occhi
irrompi ancora con la violenza
di un uscio che sbatte
e non chiude.
Lascio al bianco delle cose
sospese la tensione infinita
delle emozioni più vere,
quel non detto gravido
di parole in eterna attesa,
che aggiunge vita ai giorni.
Bastarti così mi sarà d’avanzo.
Mi sarà d’avanzo contro la violenza
statica e inapparente del quotidiano
che, acquattandosi,
si rintana nel consueto;
mi sarà d’avanzo per avversare
ogni logica matematica dell’essere
che rende meccanica l’esistenza.
Dalla pena del vivere
ho preservato, coltivandolo,
un chiaro sentimento
che include, nel respiro del mondo,
il profumo della tua presenza.
E lo completa, indivisibilmente,
senza pretender nulla in cambio,
come l’amore ama sé stesso.
Dividere quel nulla
mi sarà comunque d’avanzo.
NON SARÀ UN ADDIO
Non indugiare, non volgerti indietro.
Non sarà un addio.
Nulla cambierà nell’intemporaneo
se non l’assenza della corporeità.
A rimarginare il vuoto dello strappo
basterà un bisbiglio di alfabeti prenatali,
l’idea stessa del suono
che riempie gli spazi infiniti,
musicale il silenzio, inusuale l’incontro.
Con dolcezza inquieta aspetterai
il mio futuro imperfetto di prossimità
nascosta che conserva,
come la conchiglia il mare,
la presenza riconosciuta
di uno sguardo e non svanisce.
Così ti basterò senza mancarti mai.
Nell’aperto privo di peso
sarò la nostalgia di una carezza
dal respiro breve,
lo sfioramento della brezza umida
che condensa sulle tue labbra
in un continuo bacio.
Abbraccio d’immenso cielo,
sarò lì, sul crinale del tempo
a raccontarci, fra i sentieri
sempre nuovi della poesia,
la bellezza di un cammino.
CUORE BAMBINO
Il corpo che rispondeva,
pronto, ad ogni comando
non ha più la leggerezza del lupo,
né la maestosità dell’aquila
quando plana ad ali orizzontali.
Sulle salite disselciate della vita
sento mancare il respiro
e, passo a passo, il calcagno
batte l’orma del ritorno
lasciando ai sassi sparsi,
alla polvere, solo il sapore
di un andare svelto.
Filtrano tra i pioppi
le luci oblique di ottobre
e penzolano gli anni
al filo del destino
che attende cieli d’inverno
ma da pupilla a pupilla,
lungo la curva dei vostri occhi,
mi ritrovo fresco di rugiada,
con un cuore bambino.
Sotto la leggerezza
del contatto di ciglia
si svela l’azzurro più elementare
di un infinito marecielo.
Abito lì, nell’interstizio sottile
dove il pronome io vuol dire noi,
in una santità del nulla
che ci rende felici del niente
se non dell’esistere.
Ringrazio la vita che, in silenzio,
annoda le nostre differenti infanzie
in fili sottili di intatto amore.
IL BUIO DELLA NOTTE
Intrisa di incertezza
la notte minerale piomba
nello spazio di gravità
come se sfondasse
l’architrave del cielo.
Si consuma, senza rumore,
in un cerchio di niente,
come una morte che non ha luogo.
Nella verità luminosa del buio,
dove vegliano solo le cose
e più intimo è il presente,
vado incontro a me stesso
con la sola stringa del pensiero.
Tastando la grana del silenzio
l’anima si accorda al battito del cuore
in un ascolto leggero, a misura di respiro.
D’improvviso, sulla superficie
del sogno, un cruccio assiduo
si affatica nel tormentarmi.
Mette paura, produce cieco dolore
come se l’artiglio di un rapace
graffiasse la pelle, pezzo a pezzo.
Che sia il timore di aver preso
o perso qualcosa;
di aver rubato il tempo,
io, ladro a me stesso?
O forse solo la paura
di esser me stesso?
Spento nel misterioso tumulto
anche il più tenue bisbiglio mentale,
si ricompone uno stato di quiete
e il timore d’ali spezzate svanisce,
non so come, non so dove,
al buio di un cielo denso di stelle.