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Lorenzo Ratisti
LAGUNANDO 2023 > selezionati 2023 Poesia e narrativa > Orti dei Dogi - narrativa
“Nato a Firenze, laureato in Scienze Politiche, scrivo racconti brevi dal 2013.
Ho ottenuto importanti riconoscimenti in diversi concorsi letterari ed alcune
pubblicazioni in raccolte antologiche. Sto lavorando ad un romanzo breve che,
insieme a tutti gli altri racconti, e a questi collegato, formerà il mio primo libro”.
Già presente edizione:







Orti dei Dogi
-Narrativa-
CONFETTI IN TESTA





1

Mi sono sposata.
Anche se un po’ tardi (ho già 25 anni), alla fine ce l’ho fatta.
Bukesh è diventato mio marito e si occuperà per sempre di me.
Non devo più temere nulla e nessuno.
La cosa più bella sarà svegliarsi domattina fra le sue braccia, ed andare a preparargli la colazione.
Parenti ed amici sono tutti di fronte a me, finalmente felici.
Abbiamo avuto aspri contrasti, ma adesso è tutto passato, l’amore ha prevalso su tutto.
Nel cortile di fronte alla chiesa, la luce è così intensa da non permettermi di veder bene i loro volti, le loro mani, ciò che in esse con forza stringono.
Ma certo, è riso, brillante come oro sotto i raggi del sole.
All’unisono me lo lanciano contro e, come per riflesso, il sorriso che ho dipinto sul volto si allarga ancor di più, come se mani invisibili tendessero gli angoli della bocca per poi appenderli con minuscoli acchiappini su di un sottile filo immaginario.
Quando s’infila tra i capelli e mi sbatte sulla fronte, sento che è molto pesante.
Per forza, adesso ho capito, non è riso, sono confetti.
Che bella sorpresa, una tradizione che non conoscevo, forse inventata apposta per me e Bukesh. Chissà di chi è stata l’idea. Sicuramente ci sarà lo zampino di Miriam.
Quante ne abbiamo passate insieme. Adesso che si è trasferita in un altro villaggio, ci vediamo così poco.
Lei è sempre stata quella più coraggiosa, più estroversa.
Alla fine però si è dovuta piegare alle regole della famiglia. Non ha estratto gli artigli, non ha graffiato.
Più tardi, se riusciamo a ritagliarci un momento tutto nostro, la voglio abbracciare così forte, da disegnarle sulla pelle tutti i lividi del mio affetto.
Che bello avere tutti questi confetti in testa, mi sento come la Regina del Regno di Marzapane nel suo Palazzo di Zucchero.
Cosa posso volere di più, sono la donna più felice del mondo, e potrei morire contenta.
2

Circa un anno e mezzo fa, mentre l’idea del matrimonio prendeva forma, tutto ha iniziato improvvisamente a remare contro di noi.
Non solo le persone, anche gli animali, gli oggetti, i luoghi, sembravano guardarci con ostilità.
Il vento ci sferzava con più veemenza, la pioggia ci gocciolava addosso come volesse scavare solchi sulla pelle, l’aria si saturava di pollini al nostro passaggio, rincorrendoci con allergie mai conosciute dalle nostre parti.
Se una farfalla si posava su di noi, non era per allietarci col profumo dei campi coltivati, ma per trasmetterci l’odore di fiori appassiti.
Poi, dopo la visita dei due Angeli, le cose hanno iniziato lentamente a migliorare.

3

Prima è arrivato l’Angelo Bianco che, senza dire una parola, mi ha presa per mano e, volando, mi ha portata indietro nel tempo, mostrandomi la mia vecchia casa, poco più di una catapecchia, la scuola, dove nessuna maestra è mai riuscita a convincermi d’ esser meno intelligente dei compagni maschi, l’altalena in mezzo all’erba incolta, dove ho continuato ad andare fin da grande, immaginando di spingervi un giorno un figlio tutto mio.
Ho rivisto mamma e papà più giovani e più belli lavorare nei campi, fieri del sudore sprizzante da ogni poro.
Ho riascoltato me stessa salutare con lacrime imprigionate negli occhi mio fratello maggiore Cosha, nel giorno della sua partenza.
Ho rivissuto la mia vita con tutte le gioie, le sofferenze, le delusioni, le speranze.
Ad un certo punto, l’Angelo ha iniziato a salire di quota, dirigendosi a gran velocità verso una grande nuvola grigia, al cui interno non ero più in grado di veder niente.
Nemmeno il tempo di provare a balbettare una parola di smarrimento, che è esplosa davanti ai miei occhi una luce così violenta da marchiarne a fuoco la retina.
Quando finalmente sono stata in grado di riaprirli, ho intravisto attraverso un manto di lava incandescente, il contorno di oggetti familiari.
Non stavo più volando e l’Angelo aveva lasciato la mia mano.
Mi sono girata su un fianco e ho nascosto la testa sotto il cuscino, per evitare che i raggi del sole continuassero a salutarmi gioiosi dalle persiane semiaperte.


4

L’Angelo Nero non mi ha presa per mano.
Mi ha invece costretta a seguirlo sotto terra e ad entrare, dopo aver percorso una serie infinita di stretti cunicoli, in una lugubre cantina, rischiarata appena dalla tremolante luce di una candela quasi del tutto consumata.
Su di un piccolo tavolino di legno c’era una foto capovolta.
Senza riflettere, l’ho presa in mano e, a quel punto, l’Angelo Nero ha parlato.
 “Se la guardi, giovane donna sorridente morirai”.
 “Sai benissimo che non ho scelta. Tu riesci a percepire la mia anima, senti che sta ardendo dalla bramosia. Una sola cosa voglio sapere. Avrò qualcosa in cambio?”.
 “Certo, sarai la donna più felice del mondo. Ma per poco, perché quello che sta per accaderti non potrà essere perdonato”.
Non ebbi indugi, afferrai la foto e la capovolsi.
Bukesh da bambino. Sei anni, sette al massimo.
Guardai l’Angelo Nero per chiedere spiegazioni, ma era già sparito.
Avevo fatto la mia scelta e adesso fra le mani altro non stringevo che
un lembo di coperta.

5

Ahi, che dolore!
Un confetto mi ha colpita in testa troppo forte.
Sento i capelli bagnati e appiccicosi, è sangue.
Mi cola sulla fronte fino a penetrare nell’occhio destro.
Qualcuno sta un po’ esagerando con i festeggiamenti.
Non vorrei che questa ferita mi imbruttisse.
Ragazzi fate più piano, altrimenti nelle foto verrò un mostro.
Lo dico ridendo, non ce la faccio a sgridarli, sono troppo belli nel sole.
Ma loro, presi dall’euforia, ne lanciano altri ancora più forte.
Che strano, fra gli invitati mi è sembrato di vedere pure Oklahore.
Devo avere le traveggole, non può essere lui. Non verrebbe mai al mio matrimonio. Non dopo essere stato a lungo il mio sposo promesso.
Eppure quell’uomo, che pare il più contento di tutti e, senza sosta, mi inghirlanda con una pioggia di confetti, gli assomiglia così tanto.
Se solo non avessi tutto questo sangue negli occhi.
Ma che fa Bukesh, anche lui che di solito è così tranquillo, urla come impazzito di gioia, mi lascia la mano e corre incontro agli invitati, i pugni levati in aria.
Insieme ballano, cantano, si abbracciano, sempre con quel fare un po’ manesco tipico degli uomini.
A volte sembrano proprio dei bambini.
Adesso che l’attenzione non è tutta concentrata su di me, decido di approfittarne per riposarmi un po’.
Mi accascio a terra nella polvere del cortile, cinta con affetto dal candido abito nuziale.
Non ce la faccio più, la stanchezza accumulata nelle ultime settimane mi ha sfinita, e l’emozione durante la cerimonia è stata troppo forte.
Non credo che gli invitati si offenderanno se faccio un sonnellino.

6

Poco distante, in una moderna abitazione adiacente alla chiesa, c’è una culla.
Il signore anziano sedutovi di fianco pare assopito, nonostante le grida del neonato.
Non si desta neppure quando il piccolo, finito il pianto, si affaccia oltre il bordo e con occhi vigili si guarda attorno.
Adesso ha i capelli e quasi tutti i dentini.
Scavalca la culla e raggiunge la porta.
Ha quasi quattro anni e senza difficoltà riesce ad aprirla e a dirigersi con passo deciso verso il cortile.
A terra giace una giovane donna sorridente.
Il bambino, che ha ormai sei anni, ed è lo stesso che molte notti prima un Angelo le aveva mostrato in foto, si china su di lei e la bacia delicatamente sulla guancia.              
“Ciao mamma, ti voglio bene. Adesso riposati, sei troppo stanca. Domani devi accompagnarmi fino all’altalena in mezzo al campo e spingermi per tutto il giorno, fino al tramonto… e per sempre”.  
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