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NICOLE CAPITANIO
LAGUNANDO 2023 > Selezionati 2023 Liopiccoli
I LIOPICCOLI
SCUOLA SECONDARIA
-NARRATIVA-
Secondo classificato
Scuola Secondaria - Narrativa -
NORA BUBACCO

Nasce nel 2009 a Venezia e vive a Cavallino - Treporti
assieme ai genitori e alla sorella. Frequenta con profitto la classe 3D della scuola secondaria Vittore Carpaccio di Cavallino.
Ama ascoltare la musica e praticare danza














Lettera dal lager

                                                                                                         
17 aprile 1939
Cara mamma, vorrei tanto essere in America con te.
Come ti ho scritto nella lettera precedente, qui in Germania, le cose non stanno andando bene.
Da un po’ di tempo, ormai, il governo e le sue squadre d’azione stanno diventando sempre più violente verso le ‘razze’ che loro ritengono inferiori e, come puoi ben immaginare, tra queste ci siamo anche noi ebrei.
Fino a qualche giorno fa non sapevo bene in che cosa consisteva il loro piano, ma quando Klara, la mia amica di cui ti ho parlato nella lettera di gennaio, è stata prelevata e portata via dai tedeschi, mi sono resa conto che di lì a poco lo avrei capito e sperimentato in prima persona. Infatti, sei giorni fa, i nazisti hanno bussato anche alla mia di porta.
Stavo dormendo insieme a Lucas nel lettone, quando due uomini armati, possenti e dagli occhi di ghiaccio sono entrati e mi hanno ordinato di preparare un borsone con all’interno solamente cose essenziali.
Ho preso dei vestiti per me e per il piccolo.
Non ho fatto in tempo a prendere altro. Ci hanno accompagnati alla stazione, urlandoci, infastiditi e senza cuore, di muoverci, perché non avevano tempo da perdere con e per noi.
Lucas piangeva e tremava dalla paura.
Ricordo di aver guardato l’ora sulla sveglia prima di lasciare casa.
Erano le 04:32 del mattino.
Fortuna che avevo un orologio al polso, così potevo rendermi conto di quanto tempo passava, perché, arrivati alla stazione, ci hanno privati dei bagagli e fatti salire su un treno.
Noi donne stavamo in vagoni separati dagli uomini.
Il viaggio è durato circa tre giorni ed è stato terribile.
Ci hanno costretti in piedi, ammassati gli uni sugli altri, senza cibo, senza bagni e con solo due piccole finestrelle sbarrate da cui entrava la luce del sole e da cui, ogni tanto, si potevano vedere grandi estensioni di campi di grano.
Non avevo alcuna idea di dove eravamo diretti.
Avevo solamente tanta paura.
Paura per me e per Lucas, paura che ci separassero, paura di perderlo e di doverlo lasciare solo.
Si lamentava, tanto.
Aveva fame, sete e voleva solo stare in braccio, ma io ero veramente stanca da non avere quasi più le forze necessarie per accoglierlo tra le mie braccia.
Una signora si è offerta di farlo al posto mio.
Si chiamava Adele.
Aveva poco più di quarant’anni e portava i capelli lisci e dorati legati in un grazioso chignon.
Il viso era un poco scavato ed aveva dei grandi occhi azzurri.
Appena ho incrociato il suo sguardo ho pensato a te, mamma.
Quella donna sembrava un angelo.
Deve averlo pensato anche Lucas, perché quando lei gli ha teso le braccia, lui ha annuito. Si è calmato quasi subito e poco dopo si è addormentato. In tutti e tre i giorni del tragitto, Adele ha sempre avuto parole gentili per noi ed è riuscita  sempre a rassicurarmi, nonostante fossi agitata come non lo ero mai stata. Purtroppo, scesa dal treno, non l’ho più rivista.
Siamo arrivati a destinazione da due giorni, credo. Fa freddo, tanto freddo. All’entrata della struttura immersa fra i campi, c’era un enorme cancello con una scritta in tedesco. Tradotta diceva ‘Il lavoro rende liberi’. Quando l’ho letta era ancora ignara di quello che mi sarebbe accaduto.
Ci siamo introdotti nel campo. Dicevano che sarebbe iniziato lo ‘smistamento’.
Un’ora dopo ero totalmente un’altra persona.
Mi hanno rasato i capelli, fatto spogliare e indossare pantaloni e maglia a righe bianche e azzurre.
Mi hanno poi bruciato la pelle, incidendomi un numero: 142963. Mi hanno privato di ogni avere, sia materiale che umano, infatti sono sola; hanno portato via il mio bambino. Ho pianto, ho pianto tantissimo. Prego Dio, affinché non gli venga fatto del male.
Mamma, avrei tanto bisogno di un tuo abbraccio, delle tue parole di conforto. Ho bisogno di sapere che non sono sola. Ho tanta paura di non farcela, di non riuscire a sopportare tutto questo. Devo ritrovare Lucas. Qui, ovunque io sia, lui è l’unica cosa che mi rimane, il motivo per cui sopravvivo ogni giorno.
Spero che ne usciremo entrambi sani e salvi.
Per sempre la tua piccina,
                                                                                                         Hannah

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