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Claudio Botteon
AUTORI 2024
Claudio Botteon

Libri pubblicati:
Aquile contro.
Voci dall'inferno di ghiaccio.
Grecia: la campagna del fango.
Dalla vittoria al ripristino dei territori liberati.
Alpini nell'inferno bianco.
E arrivato ai primo posti in numerosi premi letterari, tra cui due premi speciali nel 2021 ai concorsi "Valenti" di Milano e "Costa" di Pescara.
Nel 2023 ha ottenuto un altro premio speciale al concorso "Set-Dirt" di Pescara.
“Orti dei Dogi”
Narrativa
Violata






“Paola, Paola”, la voce di suo padre riecheggiò nel piccolo paese.
Con uno scatto balzò in piedi e si avviò verso casa.
Nonostante l’autunno promettesse un clima mite, in realtà in quei giorni le giornate erano fresche, un periodo anomalo a memoria degli anziani.
Una leggera pioggia, alternata a brezze di vento aveva mostrato i primi segni dell’inverno non ancora incombente.
Le ferie stavano finendo per tutti, ma in paese soggiornavano ancora gruppi di turisti intenzionati a godere quelle ultime giornate di vacanza.
Paola si era allontanata dal borgo per cercare erbe medicinali nel bosco, erano la sua passione, l’aveva ereditata dall’anziana nonna, con il tempo ne era diventata una profonda conoscitrice ed era in grado di preparare pozioni ed unguenti che spesso venivano richiesti dalla sua gente.
La si vedeva spesso vagare per le radure all’alba e qualche volta anche verso il tramonto, secondo la luna del periodo, silenziosa, era una figura quasi evanescente.
Nelle sue camminate tra gli alberi e le radure, stava sempre attenta a quelle persone che vagavano sole nel bosco, non si fidava ciecamente, era gente solitaria, quieta, silente, ma avevano qualcosa che non la convinceva.
I paesani accoglievano i turisti nella loro terra, nei loro locali, d’altronde il turismo rendeva bene, per tutti.
Paola stava camminando verso casa quando una folata di vento freddo l’avvolse provocandole alcuni brividi sulla pelle, le ombre lunghe della sera cominciavano a circondare la vegetazione.
All’improvviso qualcosa si mosse dietro un cespuglio, turbando l’immobilità del paesaggio e attirando la sua attenzione.
In mezzo a tutto quel verde apparve il profilo maestoso di un cervo.
L’emozione e lo stupore per quella visione imponente e inaspettata la colsero di sorpresa.
Bellissimo e regale, l’animale annusava l’aria muovendosi lentamente, guardandosi intorno come fosse alla ricerca di qualcosa, sembrava un sogno di pace e infinita dolcezza.
Un movimento brusco di Paola lo allarmò facendolo tornare tra i suoi cespugli.
Gli ultimi uccelli volteggiavano abbassandosi all’altezza dei suoi capelli per poi riacquistare quota, prese la scorciatoia e poco dopo fu finalmente a casa.
I suoi genitori la stavano aspettando, la tavola era già imbandita per la cena e il caminetto acceso da poco emanava un piacevole calore che si diffondeva per tutta la stanza.
Si fece il segno della croce, seguito da una breve preghiera e si tuffò su quel piatto appetitoso che l’anziana madre le aveva preparato.
Il padre era preoccupato, dicevano che era arrivata gente non troppo raccomandabile in paese, le voci si rincorrevano da qualche giorno.
Paola conosceva molti di quei turisti che frequentavano la loro zona alpina nel periodo estivo, alcuni li salutava per nome, ma negli ultimi tempi erano arrivati alcuni personaggi non troppo convincenti, non erano come i soliti frequentatori estivi di quella zona, avevano grosse auto, erano arroganti e perciò non erano simpatici a tutti, avevano insomma una presenza sinistra.
Il mattino dopo Paola si avviò verso i margini del bosco per raccogliere un po’ di legna, fra qualche giorno sarebbe servita, il freddo stava avanzando anticipando la stagione invernale.
Era una ragazza gentile, voleva bene a tutti in paese e per questo ne era ricambiata, era solare, solerte e operosa.
Camminando incontrava qualche erba medicinale che prontamente raccoglieva mettendola nelle ampie tasche del grembiule.
Le servivano per curare gli acciacchi dei paesani, quelli che lavoravano la terra in pendenza, con quei poveri corpi piegati dalle fatiche, leniva, sedava, mitigava e calmava, secondo i bisogni.
La legna raccolta insieme alle erbe era sufficiente per quel giorno, di più non poteva portarne, si avviò verso il paese soddisfatta del bottino della giornata, quando all’improvviso da dietro un cespuglio sbucarono alcuni giovani sconosciuti.
In quel momento scese un silenzio etereo, quasi irreale, anche gli uccelli erano diventati muti.
Quei giovani la guardavano avvolta nel suo vestitino azzurro, con quegli orecchini d’argento che le illuminavano il viso, dondolando ad ogni suo movimento.
Furono colpiti dalla sua bellezza adolescente, il suo camminare sicuro, i lunghi capelli scuri lasciati liberi sulle spalle.
Sguardi di lupi che fiutavano la preda guardando avidi il corpo giovane e snello di lei.
Non li aveva mai visti, in un attimo la circondarono facendole cadere la legna appena raccolta, la presero, le legarono le mani dietro la schiena e la portarono ai margini del bosco verso una capanna isolata.
Entrarono, sentì uno strattone improvviso e si ritrovò distesa sul pavimento.
Povera ragazza, sola, impaurita, con gente che non conosceva, raggruppata nell’angolo di un tugurio sperduto nel bosco, il pensiero correva alla famiglia, un dolore la assalì.
Si sentiva come una foglia avvizzita, calpestata, umiliata.
Si accartocciava in quel lurido giaciglio appoggiato sul freddo selciato di una squallida baracca ai margini del paese.
Aveva freddo, una vorace angoscia pervase il suo corpo e la sua mente, aveva le membra indolenzite.
Il suo mondo era rimasto fuori, le sue erbe, la sua gente, nessuno poteva aiutarla, si sentiva sola, abbandonata.
I suoi occhi mandavano lampi di pietra in quella stanza semibuia, fiammeggianti di un’ira repressa mista a paura.
Aveva un brutto presentimento, quei ragazzi sconosciuti l’avevano circondata e la osservavano avidamente.
Aveva sempre combattuto contro la natura selvaggia, aveva sempre aiutato tutti con le sue pozioni e la sua disponibilità, non capiva ma intuiva a cosa stava andando incontro, era terrorizzata.
Guardò quegli sconosciuti, uno sguardo colmo di terrore puro stava prendendo il posto della spensieratezza tipica della sua età, le lacrime cominciavano a liberarsi dagli occhi arrossati, ma nonostante tutto la speranza covava ancora in fondo al suo cuore.
Quegli aguzzini si lanciarono sul suo corpo con violenza inaudita.
Lei non poteva difendersi, era legata, non parlò, lo fecero i suoi occhi rivolti come fari nella notte verso i suoi persecutori.
Non aveva la possibilità di difendersi, non le lasciarono il tempo.
Desiderava solo essere libera, sperava che passassero velocemente quei momenti infami, pensava alla cattiveria di quegli elementi del mondo maschile, era sola e indifesa in quella minuscola stanza buia.
Sola, schiacciata e spenta.
Il giorno seguente alle prime luci dell’alba si svegliò, era sola, ancora viva ma dolorante, sia nel fisico che nell’anima, anche il tempo era smorzato, nuvoloso.
Lentamente, con molta fatica a causa delle violenze subite, si avviò verso la porta, non avevano nemmeno avuto la compiacenza di chiuderla.
La schiuse gradualmente, i suoi occhi lucidi puntavano verso la luce, il sole era già alto nel cielo, ma non era limpido, anche gli animali del bosco erano silenti, sembrava che tutti avessero intuito la drammatica vicenda accaduta in quel lembo di bosco.
Pareva che tutta la natura volesse condividere il suo dolore, le sue sofferenze fisiche e interiori.
Si avviò verso il sentiero che si inoltrava nel bosco in direzione del paese, li conosceva bene quei luoghi, si trascinò dolorante per più di un’ora finchè giunse in uno spiazzo a lei familiare, la sua radura delle erbe medicinali.
Quel giorno però anche quel suo pianoro sembrava stregato, le erbe parevano appassite, tutto si presentava in modo diverso, inconsueto.
Osservò le sue erbe, sembrava volessero parlarle, per provare a lenire il suo dolore, la violenza subìta, ma non potevano capire, in quel giorno infausto oltre al dolore fisico e morale, aveva perso anche la fiducia nell’umanità, anzi di una parte di essa.
Socchiuse gli occhi per un momento, sentì una spinta provenire dal cuore, era la sua forza interiore che la incoraggiava ad andare avanti, a proseguire verso il paese, in direzione della sua casa.
Mezz’ora dopo arrivò in vista del suo villaggio, e poco dopo davanti all’uscio di casa.
Bussò, in quell’istante nella sua mente iniziarono a scorrere le immagini di quei tragici, strazianti momenti, di quella brutalità che aveva subìto da persone sconosciute ma dotate di una meschinità inaudita.
La porta si aprì, la madre la guardò negli occhi e intuì che era successo qualcosa di drammatico.
Il suo mondo, quello che aveva tanto amato in quegli anni era scomparso all’improvviso, era svanita la luce, rimaneva solo il buio più profondo.
Sua madre l’abbracciò in silenzio ed entrarono in casa.
Paola, una ragazza solare e altruista aveva smarrito il suo mondo.


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