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Luca Memo
AUTORI 2024
Luca Memo

Vivo momentaneamente in un paese vicino a Venezia, mi sono diplomato in un istituto tecnico linguistico e ho studiato per un periodo giurisprudenza nell’Università degli studi di Padova.
Sono fortemente appassionato di letteratura.
A ventidue anni feci un safari in Africa che mi cambiò la vita, il quale aumentò in maniera esponenziale la già esistente necessita di scrivere.
“Orti dei Dogi”
Narrativa
Notti d'estate pensieri e vagabondi






Un giorno lessi un libro che raccontava della così detta “generazione perduta” in riferimento a coloro che divennero adulti durante la Prima guerra mondiale.
Pensavo a questo mentre guardavo Carlo vomitare dietro un cipresso vicino ad un cimitero poco distante dal bar in cui io in compagnia di certi amici abbiamo trascorso la serata.
Michele lo guardava e canticchiava una canzone mentre scaldava il fumo con l’accendino.
I nati nel 1899 compirono i diciotto anni nel bel mezzo della guerra.
Non posso paragonare e non ci tengo a farlo.
Penso fermamente però che cento anni di progresso non abbiano portato a tutti questi successi.
Infine, se fossi nato un secolo prima sarei stato sbattuto al fronte a combattere per la madre patria e per il resto, consapevole però del fatto che indipendentemente da come ne saremmo usciti, che sia in una cassa da morto, o con una medaglia al valore sul petto la nostra vita sarebbe irrimediabilmente cambiata.
Tutto questo per arrivare centovent’anni dopo e ritrovarsi a fumare hashis dopo aver bevuto cinque habana cola con un solo ed unico obiettivo: sballarsi.
E peggio ancora per non dover dimenticare nulla!
Ecco la mia generazione, direi che più che perduta la definirei disorientata, come un ubriaco bipolare con disturbi dissociativi della personalità.
In tutto ciò a Michele piaceva davvero fumare erba. Diceva pure che lo rendeva una persona migliore e inoltre cosa molto importante lo aiutava a combattere l’ansia.
Diciamo che non ho ricordi di aver conosciuto un ragazzo/a che nella sua brevissima vita di 22-24 anni non sia mai stato: dallo psicologo, o dal nutrizionista o dallo spacciatore, o che non abbia fatto cilecca a letto a causa dell’ANSIA.
Se tu che stai leggendo non rientri in nessuna di queste categorie, e hai meno di trent’anni beh caro mio/a COMPLIMENTI.
Forse in un futuro ti premieranno.
Il disorientamento collettivo si ripercuote nella nostra società e ci porta ad essere infelici nonostante non ci sia il motivo, perché la realtà è che la nostra vita rispetto a quella dei nostri nonni ha avuto un miglioramento che ritengo esponenziale in termini qualitativi.
Avevo diciannove anni e una sera d’estate mi trovai vicino ad un argine poco distante dalla spiaggia, un luogo dove io e molti altri ragazzi ci incontravamo alla sera per fumare o semplicemente stare in compagnia a chiacchierare.
Ricordo bene che quel giorno c’erano delle ragazze che parlavano animatamente della loro vita sessuale mentre ascoltano Travis Scott da una piccola cassa bluethoot.
D’un tratto si senti un rumore metallico, come un qualcosa che si rompe e notai che a circa trenta metri qualcuno era caduto da una bicicletta. Incuriositi noi ragazzi andammo a vedere e notammo che disteso per terra c’era Jerri un tale che nessuno ha mai capito il cognome, un alcolizzato che passava la sua vita per i bar del paese a sbronzarsi. D’estate lo trovavi quasi sempre in giro ed essendo un uomo con una faccia molto amichevole quasi tutti gli erano amici.
Giuro che per incontrarlo bastava trascorrere una serata fuori ed avevi la matematica certezza di beccarlo, sempre in sella alla sua bicicletta.
Poi incredibilmente eri capace a non vederlo più per mesi.
E tutti in paese si chiedevano dove diavolo andasse.
Voci dicevano che si barricava a casa, altre che andava in giro per il mondo a fare il barbone.
Diciamo nei pochi momenti di lucidità ci raccontava spesso delle sue sgangherate avventure in giro per il mondo. Un giorno mi disse che trascorse un periodo assieme ai Touareg nel deserto e che si sposo con una brasiliana che aveva casa ad Aruba dove, secondo lui, c’era un tizio che faceva il miglior rum al mondo.
Ti guardava e sorrideva, portava sempre un cappello tipo panama ingiallito dal tempo, ma i suoi occhi nonostante l’abuso di alcol risultavano sempre allegri e indomiti.
Erano di un azzurro molto particolare, lo stesso azzurro del mediterraneo in certi giorni di primavera.
“È morto non si alza più” disse uno.
Il vecchio stava disteso a pancia in su con un leggero sorriso nel volto.
“Jerri tutto bene, ti sei fatto male?”
Giró lentamente la testa e una volta accertati che fosse ancora vivo lo aiutammo ad alzarsi. Quella sera faticava a parlare, io gli offrii una sigaretta, lui non accetto e noi gli consigliammo di andarsene a casa. “Ma mi so a ccasaa”
“Va bene Jerri come vuoi tu ma stai attento a non finir sotto una macchina”
Probabilmente si portava dietro la sbronza da un paio di giorni ma dopo aver raccolto la bici senza dirci ne ciao ne grazie, ci guardo tutti e ci disse “il divano rovinerà la vostra vita”.
Prese la bici a mano e torno da dove era arrivato.
“Quel povero diavolo è proprio pazzo, altro che Aruba, prima o poi lo rinchiudono dentro a qualche centro per malati mentali”
Disse Thomas.
“Sisi, è da TSO” disse un altro ragazzo.
A me personalmente piaceva pensare che tutte le sue storie fossero vere, navigavo con il pensiero quando me le raccontava ed ero felice di immaginarmelo così, come se fosse un pirata d’altri tempi ora in pensione.
Mi sono sempre chiesto quanti anni potesse avere, aveva la pelle piena di rughe e macchie solari ma i capelli erano ancora scuri fatta eccezione per qualche ciuffo grigio.
Lo trovarono morto l’anno successivo sulla scogliera. I medici dissero che morì annegato dopo aver aver sbattuto la testa su uno scoglio.
Poco distante dal corpo fu trovata una vecchia sedia pieghevole in vimini, una bottiglia di whisky, un mozzicone di sigaro e cosa più incredibile un paio di mutande da donna blu.
Che diavolo ci facessero li un paio di mutande da donna nessuno riuscì mai a spiegarselo.
Sapevo che lui era solito a dormire in diga nelle calde notti di luglio il che spiega il motivo della sedia, ma per quanto riguarda le mutande non riuscii mai a darmi una spiegazione.
“Che brutta fine” dissero in molti, per me no, infondo morì nella stessa maniera in cui ha vissuto tutta la vita e il suo letto d’ospedale fu il mare. Non ci vedevo nulla di così sconvolgente.
Sempre meglio che in un manicomio imbottito di farmaci.
Pensai di recente alle sue parole dopo l’incidente con la bicicletta.
Quel povero pazzo aveva proprio ragione. Il divano può rovinarci la vita.
La realtà è che la nostra vita si basa troppo sulla sicurezza, cerchiamo sicurezza in tutto, dal lavoro alla famiglia, quando la vita in realtà è selvaggia.
Puoi trovare una donna che dica di amarti, puoi pure sposartela ma chi ti assicura che ti possa amare per sempre? Chi ti assicura che dopo una vita di sacrifici tu riesca a goderti i tuoi soldi? Pianifichiamo tutto, senza accorgersi che il tempo, cioè l’unica cosa che ci appartiene davvero ci sfugge inesorabilmente dalle mani.
Siamo accumulatori ossessivi di tutto ciò che non abbiamo ed il problema è che nel 2024 si può ottenere tutto restando comodamente NEL DIVANO di casa.
Tremendo, ecco perché molti disperati nonostante non abbiano alcun motivo di disperarsi si ritrovano in uno stato pseudo-depressivo. Hanno il mondo alla loro portata ma dal divano non ci arrivano a prenderlo ed è un qualcosa che Amazon purtroppo non ti può consegnare (nel 2024).
È difficile uscire da una zona di confort dove si sta bene ma non si è felici, perché non si è neanche così distrutti da sentir viva la necessita di alzarsi e prendere in mano la situazione.
Il problema sono i social network dicono alcuni. Altri dicono che è tutta colpa dell’educazione data dai genitori.
Io penso che passiamo troppo tempo a cercare di dimostrare cose che non contano a persone che non ci interessano.
Infondo oggi l’importante è dimostrare non essere.
Ricordo un tramonto sul mare in Thailandia di una bellezza mozzafiato, l’acqua era una distesa d’oro ed in alcuni punti le onde creavano un movimento lento simile alla lava di un vulcano. il cielo sfumava dall’arcione al giallo ocra, al cremisi, e per completare il quadro il sole baciò l’orizzonte e affondò nel mare.
In lontananza si vedevano le barche dei pescatori che avrebbero passato la notte fuori, per me fu come vedere delle piccole mosche sul volto di un leone incapaci però di nascondere la sua eterna bellezza.
Mi sentii in pace finalmente. Ero parte di quella meraviglia. Come quelle sterne bianche che volavano nel cielo color oro.
C’erano molte persone attorno a me, notai che tutti guardavano il mare attraverso lo schermo del proprio telefono, e mi misi a ridere.
Il vero progresso è il regresso in certi termini, ne sono convinto.
Possiamo comprare un biglietto aereo da casa ed essere dall’altra parte del mondo nel giro di un giorno, ma non sappiamo più valorizzare l’attimo, cioè il miglior momento della nostra vita, esattamente qui, in questo preciso momento. ADESSO. È questo il punto; in divano non si vive perché mentalmente si è altrove.
Clara Cuba e sigarette






Sono fermamente convinto che la dottrina buddhista abbia pienamente ragione.
In ogni momento della nostra vita bisognerebbe essere presenti, pienamente consapevoli di tutto ciò che ci accade.
Non è semplice lo riconosco.
Immagina di vivere intensamente ogni momento come se fosse l’ultimo, infine non puoi desiderare nulla dal momento che si ha già tutto e così si innesca un’incredibile catena cinetica di eventi per i quali non esiste più alcuna sofferenza perché non si desidera più nulla.
Bella storia vero?
È una sorta di super potere.
Però se si smette di desiderare qualcosa cessa anche l’ambizione e perciò la voglia di elevarsi nella vita, (elevarsi in senso economico-sociale) cosa che per la società occidentale si traduce automaticamente in fallimento.
Mi trovai in un bar ed erano circa le 22:30 di un triste venerdì sera di dicembre, parlavo di questo ad un mio caro amico, il quale mi guardava con aria stanca e visibilmente poco interessato al discorso, io invece mi sentivo in vena di parlare di argomenti importanti, ma necessitavo soprattutto di sentire qualcosa che già non sapessi o che per lo meno smuovesse le mie convinzioni. Dal nulla Carlo mi guardò con fare solenne, fini in un sorso il calice di vino sospirò profondamente e mi disse “l’altra sera sono finito a letto con una che se avessi seguito la tua filosofia ora probabilmente mi ritroverei traumatizzato a vita”.
Soffocai un sorriso e capii che dopo una bottiglia di vino rosso certi discorsi non sono per tutti.
Successivamente ci lasciammo trasportare da pensieri ben più leggeri e finimmo per trovarci a parlare con delle sconosciute di quanto non sia bello andare a vivere in Australia.
Frequentavano tutte e tre l’università e sicuramente erano molto più sobrie di noi, due di loro erano molto carine e finimmo per ordinare un’altra bottiglia di vino.
Clara era la più bella delle tre, ma anche Sonia non era male, e sicuramente era la più disinvolta fra tutti noi cosa che le attribuiva un valore aggiunto.
Sarah non la capivo parlava poco e faceva molta fatica ad intromettersi nei discorsi, ma nei suoi occhi era come se vedessi un fuoco acceso e ciò fece scattare in me la necessita di capire quanto quel fuoco potesse bruciasse.
Ad essere sincero a me di ciò che studi mi interessa relativamente poco, ciò che voglio sapere è cosa ti arde dentro nei momenti belli e brutti della vita.
Voglio sapere cosa ti smuove l’anima fino a che punto è burrascoso il tuo mare. Questo è ciò che voglio sapere pensai fra me e me.
“Non sei italiana vero Clara?” Le chiesi
Lei rimase colpita dalla domanda così a bruciapelo e mi guardo molto intensamente fino a farmi sentire quasi in difetto ad aver posto una domanda così poco ponderata.
Giuro che il suo sguardo mi penetro tanto che stavo quasi per chiederle scusa, poi sorrise e si versò un calice di vino.
“Sono italiana, mia madre però è cubana”
In cuor mio mi sentii sollevato ma sapevo infondo che quella domanda aveva smosso qualcosa in lei e ora avevo la necessita di capire cosa fosse.
Il vino rosso ci porto ad essere molto più espansivi e in certi momenti sembrava quasi che ci conoscessimo da molto più tempo.
Era un bel momento dove si respirava un’aria molto leggera.
Notai che molte volte Clara mi guardava e nel momento in cui spostavo lo sguardo su di lei non lo toglieva ma anzi, continuava a fissarmi. Diciamo che, se non fosse stata così bella un po’ di preoccupazione mi sarebbe venuta.
Finimmo un’altra bottiglia e mi passo per la testa che oltre al fuoco nei suoi occhi avrei voluto vedere pure oltre le sue mutandine.
Tutte e tre vivevano in un appartamento poco di stante dall’università.
Pensai “è fatta”. Una ragazza se ti dice dove abita senza che tu glielo chieda è perché vuole che tu vada a trovarla.
Uscimmo dal locale alle 3:20 della notte e nonostante facesse freddissimo nessuno di noi lo sentiva.
Il vapore dei nostri respiri creava piccole nuvole che si dissolvevano nel cielo scuro. Carlo chiese subito a Clara se le servisse un passaggio lei lo ringrazio e accetto.
Io rimasi stupito e non riuscii a nascondere il disprezzo che provai per loro due.
Salutai le altre e andai verso la macchina, pensai a come fosse possibile che avesse scelto Carlo, avrei messo la mano sul fuoco che fra i due scegliesse me.
Tornai a casa, lanciai le scarpe e mi sdraiai a letto.
Misi una sveglia alle 9:30 che avrei sicuramente posticipato e in quel momento mi arrivo una notifica da Instagram.
Era Clara e nel messaggio diceva “vieni voglio parlarti”
Io rimasi stupito ma risposi prontamente chiedendole se fosse sola o con Carlo.
Era sola e mi diceva di raggiungerla in appartamento.
Il mio cuore sussulto e maledicendola per il fatto che mi avrebbe fatto uscire di nuovo mi misi i pantaloni, la giacca e presi le chiavi dell’auto.
La strada era completamente deserta e iniziai a pensare che sotto questa storia ci doveva essere qualcosa di strano.
Mi venne in mente così di chiamare Carlo al telefono, il quale rispose e mi disse che era a casa e che Clara una volta arrivati sotto casa sua lo salutò senza dire niente e dopo averlo ringraziato chiuse la portiera della macchina e se ne andò. “Te dove sei” “io, a casa sono ora vado a letto” mentii
“Strana quella tipa, voleva dirmi qualcosa ma non riuscivo a capire cosa”
Fai fatica a capire una cosa che ti viene detta figuriamoci se una si esprime in maniere alternative pensai.
Salutai Carlo e gli augurai una buona notte.
Il suo appartamento era ubicato in una zona residenziale molto modesta e tranquilla, e notai che un appartamento aveva ancora le luci accese così scesi dalla macchina e le dissi che mi trovavo giù.
Mi arrivò un messaggio dove diceva che sarebbe scesa ad aprirmi.
Aspettai 5 minuti dove mi chiesi più volte del perché mi trovassi alle 4 del mattino fuori casa si una sconosciuta apparentemente schizzata.
Clara mi venne incontro con una pelliccia sintetica nera e portava un paio di ciabatte da casa rosa.
“Ciao, seguimi che fa freddissimo” “si, volentieri sto congelando” entrai a casa e sentii un odore strano, un mix di spezie e candele, notai che l’ambiente era relativamente poco illuminato. Sarah mi fece accomodare su una poltrona e io mi tolsi la giacca. “Posso offrirti qualcosa da bere”
“Sì volentieri”, anche se devo dire che di bere non avevo alcuna voglia.
Mi verso un bicchiere di un liquore che non riuscii a decifrarne il gusto. “Cosa mi devi dire Clara”, lei si volto a guardarmi, e mi penetrò alla stessa maniera che aveva fatto nel bar. Mi venne incontro e in lei notai quasi un filo di rabbia, era molto bella e per istinto mi alzai in piedi.
“Ti volevo dire che secondo me tu sei la persona adatta”
“Adatta per cosa”
Lei prese una sigaretta l’accese e se la mise in bocca. La luce calda della stanza delineava ancora di più i suoi lineamenti latinoamericani e i suoi occhi neri mi incantavano. Nonostante fosse più piccola di me mi metteva in soggezione. Rimase molto distaccata e io guardandola notai che indossava ancora la pelliccia con la quale era uscita.
“Bevi qualcosa con me, perché indossi ancora la pelliccia”
“Indosso questa perché sotto sono nuda”
Abbozzò un sorriso sarcastico, poi si avvicinò e torno subito seria.
Tracannai un sorso di quel liquore se così si può chiamare e lei dal niente fece scivolare a terra la pelliccia.
Era completamente nuda, neanche un briciolo di mutandine o qualcosa di simile. Era di una bellezza mozzafiato, il corpo tonico e sodo aveva il seno voluminoso con i capezzoli leggermente scuri. Il mio cuore si fermo per un secondo.
Percorsi con lo sguardo ogni centimetro del suo corpo. La pelliccia era per terra e quando vide che avevo finito di guardarla salì sopra di me ed inizio a baciarmi io mi tolsi la maglia e provai a prenderla in braccio per portarla sul divano ma lei mi spinse contro lo schienale della poltrona io la baciai nuovamente. Provai ad alzarmi in piedi, ma sentii un qualcosa di caldo nella schiena e poi gridai.
“Che cazzo fai, sei impazzita “quella pazza mi aveva spento la sua sigaretta di merda sulla schiena.
In quel momento le avrei tirato uno schiaffo ma lei mi calo i pantaloni e se lo mise dentro. Inizio a muoversi e sembrava che non fosse neanche in questo mondo. Il dolore passò e su quella poltrona mi portò molto lontano, fino a casa sua, a cuba, il suo corpo profumava della terra rossa di Vinales, aveva la schiena leggermente sudata, come l’agricoltore di canna da zucchero che li ci lavora e sentii tutto il calore della sua terra e la voglia di vivere della sua gente. Faceva l’amore come fosse l’ultima notte al mondo, come se esistesse solo quel momento.
Aveva il dono. E mi voleva. Ogni parte di lei mi voleva.
Venni. Lei non si alzo rimase sopra di me allungo il braccio prese una sigaretta l’accese e me la mise in bocca.
La fumai, poi si alzo e mi sorrise, il suo fuoco negli occhi era spento.
Ci dicemmo poche cose, infondo che altro si poteva dire, io mi vestii e lei si sedette sul divano.
“Io devo andare ora” “mi devo scusare per la schiena?”
“Non è necessario” le dissi
“Lo so” buona notte.
Presi le mie cose e uscii erano le 5:15 del mattino la osservai per la finestra e notai che era ancora nuda nel divano.
La macchina era ghiacciata, l’accesi e tornai a casa.


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