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Daniela Cibin
Lagunando 2024 > AUTORI 2024
Daniela Cibin
Pubblicati tre romanzi e due antologie con lo pseudonimo
-Daniela Cibin-
Finalista in molti concorsi ha ottenuto numerosi Premi.
“Isole della laguna”
Narrativa
Tre uomini e la Gigiotta





Anni ottanta. Mattino di inizio estate.
A Passo Campalto la Gigiotta si dondolava lasciandosi accarezzare dalla lieve brezza, nelle prime ore del giorno, in attesa di prendere il largo dopo un inverno di rimessaggio.
Era una vecchia simil cofano larga e pesante che affrontava l’acqua della laguna sculettando sulla scia di motoscafi e vaporetti, a volte imbarcando acqua dalle basse sponde.
Nel riposo dell’inverno era stata restaurata, scartavetrata e ridipinta dal suo proprietario, Luciano,  che l’aveva comprata per poche lire, con l’aiuto dei suoi amici Gianni e Valerio che come lui amavano navigare la laguna e visitare le sue isole.
L’automobile parcheggiò sotto l’ombra di un albero: tre uomini sui quarant’anni scesero stiracchiandosi e chiacchierando presero a scaricare borse frigo, asciugamani serbatoio della benzina e un motore  da barca piccolo, potenza di pochi cavalli, inadeguato alla mole della vecchia Gigiotta. I remi di riserva erano già in barca, ben nascosti sotto un telo per evitare che qualcuno ne approfittare per farli sparire.
In testa cappelli di tela e di paglia, i tre “pirati” salparono con il cuore di ragazzi verso l’avventura. Come pescatori non valevano nulla: erano amanti della natura e dei luoghi conosciuti che tornavano a visitare con entusiasmo.
Rivedevano gli uccelli stanziali: gabbiani aironi e cavalieri d’Italia…. E pantegane stanziali.
Luciano, dopo essersi arrampicato su una bricola, stava in piedi tenendosi in equilibrio precario prima di tuffarsi per fare il “ganzo” con un largo sorriso. Più tardi andava a “cappe”: chino sull’acqua, una maglietta legata in vita come contenitore dei mitili, mentre i suoi amici lo guardavano prendendo il sole sulla riva.
Al Bacan si pranzava in modo rustico: pasta alle vongole, grigliata di pesce e vino e caffè, senza tovaglia su piatti di plastica.
Dopo aver navigato il canale arrivavano agli orti di Sant’Erasmo dove si potevano acquistare i prodotti di stagione.
San Francesco del Deserto li accoglieva con i suoi giardini e la chiesa, nella pace e serenità del suo chiostro dove si narrava avesse soggiornato il Santo.
A Burano passeggiavano fra calli e case colorate, come fanno i turusti quando ancora il turismo non era di massa, convulso come ai nostri giorni. Macchina fotografica pronta all’ennesimo scatto per immortalare le merlettaie chine sui tomboli: un frammento di storia.
A Torcello i turisti colorati e chiassosi infrangevano quella pace che Valerio apprezzava tanto. La chiesa con i suoi mosaici, i nuovi scavi archeologici all’aperto erano magnifici. Il trono di Attila, bianco sotto il sole, in attesa di essere fotografato e Gianni commentava:
-chissà chi si è seduto per primo su quel “trono”. Preti e frati sicuramente.-
Al tramonto ritornavano a casa, il sole sull’acqua brillava come frammenti di specchi, di vetro di Murano. Sulle isole della barena i fiori selvatici gialli e viola, i canneti dondolavano alla brezza. Gli uccelli tornavano al nido.
E Venezia nella luce dorata emerge dall’acqua come una visione. Un sogno fantastico.
Oggi.
Seduto sui nuovi gradini di San Giuliano Valerio guarda la laguna. Gli anni sono trascorsi; i suoi amici non ci sono più. I suoi occhi si velano di malinconia. Sfila la penna dal taschino della camicia, apre il taccuino che porta sempre con sè e scrive….



LA GIGIOTTA

Barca igada   
Da corda   strosada

Barca de egno
De quea coi pagioi
Abandonada sfranta
Sfregiada dal sol
Dea laguna

Barca dei giorni
Più bei
Che portava
Amighi e fradei

I rideva e schersava
De tuto e de gnente
Dea spuma dee onde
Dei speci riflessi
Sull’acqua dal sol


Barca dei sogni
Dell’aventura
Che a nissun
Faseva paura

Barca dea
Più bea gioventù
Che ride che canta
E svanise nel blu  


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