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Laura Altamura
Lagunando 2024 > AUTORI 2024
Laura Altamura
Classe 1975, dottore in Giurisprudenza, dopo la laurea viaggia per lavoro e per diletto all’estero e in Italia.
Attualmente vive con la famiglia, a pochi passi da Udine, dove, nel tempo libero si dedica alla cura e al sostentamento dei gatti randagi.
Scrive a periodi alterni fin dalla fanciullezza e, da adulta, pubblica per riviste e partecipa a concorsi letterari, conseguendo spesso menzioni di merito o riconoscimenti.
Dal 2020 inizia a pubblicare in self o con case editrici.
Ha all’attivo raccolte poetiche, libri per bambini, romanzi.
Versi Spettinati (In Prosa Edizioni) è la sua ultima silloge.
Il suo romanzo sociale su bullismo e disabilità, “Connessioni sommerse” è stato insignito del riconoscimento “Il libro dell’Anno 2023 ” dall’Associazione Area Cultura.
“Leggere lagune”
Poesia
Arké





Gli occhiali spessi le segregavano
lo sguardo,
infossate tutte insieme nella glabella,
le domande fermentavano.
Assecondare
le sopracciglia
a cercare l’Arké era rischioso,
meglio forse fermarle presto,
sigillarle con la resina,
non lasciarle
libere di dispiegarsi.
Circonflesse le rughe,
e quel gesto
scarno
crocifisso
legnoso
-se mi perdo non cercarmi-
Quello era il suo rituale per conservarsi,
sparire,
sovvertire.
Incertezza





S’acquattano s’assestano le chiome
nelle viscere della notte.
Aruspice il vento ne sfilaccia
la coriacea compattezza.
Nell’incursione fulminea
-gracile la mia fortezzanembi
mi minacciano, mi stracciano
la bocca di menzogne e saliva.
È il cedere della certezza,
la sua levata severa, è il tempo
dell’ assenza zelante del senso,
è il tempo
del dissenso
del dissidio
dell’assedio.
A mia madre da bambina





Era lo sfumare
dei colori dell’estate
a rendere quell’istantanea un po’ mossa,
tremolante fino a risalire alle tempie
come l’odore enigmatico del fieno agostano.
V’era tanta terra su cui correre
abbracciando pensieri afosi,
tanta strada per seminare sogni,
sgretolare risate
tra ciottoli e calzoni corti
crepacci e futuri semplici.

Donna cicatrice





Hai visto la tua vita
Scritta fra le righe
Di un foglio ruvido e secco
Come i solchi spenti del tuo sorriso
Mentre rivoli di rosso sangue
Riempivano gli spazi
Fra il tempo desiderato
E il tempo sospeso
In quello iato
Percorso ad occhi chiusi
Lame di luce bussavano
Ai cancelli dei tuoi sensi serrati
Ostaggio della tirannia
Di una sola imperante ossuta sovrana :la paura
Una nenia monotona
Nutriva la tua fragilità
Risvegliando corse incompiute
E fiatoni lontani dal traguardo
Hai visto il bianco ed eri sola
La tua mano era tesa
Perno per non andare
Ponte per ritornare
Nuda
Nuda
Solo quel taglio bruciante a scavare
A percorrere chilometri di vuoto
In un corpo
Antro e anfratto pieno di specchi
Ora siedi con quella cicatrice
Intrecciata fra le dita
Come i grani di un rosario
Fanne una collana
Fanne una veste
E indossala
Con l’eleganza di una Vanessa.
La Poesia ci salva





Tornavi alla fonte, Amica,
calandoti nella maglia ancestrale
d’una terra brulla,
era la sete a spingerti,
la sete e la febbre.
T’aspettavi forse
la frontiera,
lo sbarramento,
il filo spinato
e invece no, Amica mia,
c’era un ruscello di voci dissetanti a attendere,
un linguaggio di gocce,
un alfabeto corale.
Scendendo nell’umbratile mistero
del divenire,
toccasti la reversibilità della parola,
la finitezza smunta dell’immanenza
e noi ti guardammo avvicinarti,
Amica cara,
abbracciati, sudati, galvanizzati
ebbri
fradici di sogni.
Nell’anticamera dello sperdimento,
scegliemmo di toccarti,
baciarti
per poi scrivere
-rapida fulminea eternauna
poesia,
per salvarci,
per salvarti,
per dirti - noi Siamo,
danzeremo col vento
fino a essere vento.
T’ abbiamo aspettato
molte vite,
nella preghiera inquieta dei versi,
nel salmodiare slabbrato d’un perpetuo canto.
Resta.
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