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Veronica Venturoli
Lagunando 2024 > AUTORI 2024
Veronica Venturoli

Classe '74, fiorentina di nascita, inizia ad appassionarsi alla letteratura gialla quando da ragazzina vede bisticciare mamma e nonna su chi avesse trovato per prima il Giallo Mondadori arrivato per posta.
Dopo gli studi lingue e anni di insegnamento, una lunga estate calda offre l'occasione giusta per concretizzare una passione che la accompagna da anni.
Nel 2023, spronata dagli amici, pubblica Fritto Misto a Colazione, 10 racconti ben mescolati con crimine, spirito e qualche fantasma.

“Orti dei Dogi”
Narrativa
Crimen Sollecitationis








Don Bastiano era davanti alla canonica, in giardino, nel verde del prato tenuto benissimo dal giardiniere confessore.
Don Bastiano era inclinato a circa 45°, sui piedi, appoggiato a un bastone di legno che lo sorreggeva.
Visto da una certa distanza pareva addormentato o sospeso, come si fosse stancato all’improvviso e avesse cercato un sostegno.
Quello che non si vedeva era che il bastone era il manico di un forcone a tre spunzoni che era completamente infilato dentro Don Bastiano, di corporatura robusta a sufficienza da non far uscire le punte. Sarà stata l’inclinazione, sarà stato il peso notevole di Don Bastiano, sarà stato un gioco di equilibri, per i quali Don Bastiano era morto infilzato da un forcone e ci era rimasto appoggiato, quasi in piedi, in mezzo a un prato, con le braccia penzoloni, la testa chinata in avanti, poco o nullo sangue, perché doveva essere sceso lungo i piedi.
Padre Ulderighi l’aveva capito che era morto e mi aveva chiamato al telefono, prima di avvisare tutti, perché di base non voleva sollevare un polverone e mancare di rispetto al morto. Non che sarebbe arrivata la stampa, ma sarebbe bastato un fedele col cellulare per creare una situazione molto sgradevole.
Padre Ulderighi mi conosce da sempre, dai tempi della scuola, che non vorrei dire, ma abbiamo frequentato insieme, dalle suore. Lui prete, io carabiniere.
“Pietro, bisognerebbe tu venissi subito”
Mi bastava il tono di Antonio per capire che la cosa era grave.
“Arrivo”
“Dio ti benedica.”
La scena era surreale, Don Bastiano piantato letteralmente in mezzo al giardino, Antonio dalla porta della canonica bianco come un lenzuolo, io in macchina, in borghese, che avevo detto che andavo a prendere un caffè perché mi cascava la testa dal sonno.
Non lo dovevo toccare, diciamolo, ma l’ho toccato, l’ho appoggiato a terra e gli ho dato una posizione più normale, in un certo senso. Sì, ho violato un numero consistente di norme, ma questo paese è piccolo e non ci piacciono le persone che vengono da fuori e con un morto così, qui sarebbe diventato come Cogne.
Come era stato trovato Don Bastiano lo sapevamo io e Antonio.
Dopo mezz’ora, per far tornare i tempi col caffè, ho chiamato al comando e sono arrivati i colleghi.
Era evidente che Don Bastiano non ci si era infilato da solo sul forcone, come era evidente che non era stato un incidente. Ma di incidente aveva parlato il maresciallo Brescia, perché non gli andava davvero che qualcuno mettesse il naso nei suoi morti e in quello che di fatto era il suo territorio.
Aveva dato ordine di attenersi strettamente alla versione dell’incidente, fatto due foto di numero e dichiarato che era roba nostra e ce la saremmo gestita internamente.
Cosa ero andato a fare da Padre Ulderighi?
“Sono andato a salutarlo e a dire un Padre Nostro, quando sono arrivato ho trovato Don Bastiano a terra. Antonio è rimasto sulla porta quando l’ho chiamato, non si è mosso, è sconvolto”
È normale e piuttosto frequente che io vada da Antonio a dire una preghiera, col lavoro che faccio, mi dice spesso, serve una mano dall’alto.
La mano che aveva ammazzato Don Bastiano invece era partita dal basso, perché l’inclinazione e la mole di Don Bastiano non avrebbero permesso altra soluzione.
Il comunicato stampa aveva annientato qualsiasi desiderio di diffusione della notizia, un incidente in giardino, una morte subitanea, un grande dolore da parte di tutti, un uomo che si era dedicato agli altri, che il Signore lo abbia in Gloria.
Dire che il maresciallo Brescia era incazzato nero era un eufemismo.
Conosceva tutti, sapeva tutto di tutti, era andato a letto con quasi tutte le separate, perché lui i voti matrimoniali li rispettava e aspettava che firmassero dal giudice prima di portarsele a letto, sapeva di chi erano i figli dei cornuti, dove coltivavano la marihuana, da dove i ristoranti si facevano arrivare il pesce e che era tutto congelato, tutto.
Ma perché gli avessero ammazzato il prete proprio non lo capiva. Era suo anche quello, andavano a caccia insieme e sapevano dove erano tutte le fungaie.
Si poteva supporre che fosse stato qualcuno da fuori, ma che gliene veniva a uno di fuori di ammazzarci uno dei preti. Non avevano rubato nulla, il forcone era della chiesa ed era sempre stato lì, per portar via l’erba tagliata, non c’erano stati eventi particolari, aggressioni, ubriachi, tifosi infoiati, nulla.
Don Bastiano morto in giardino, ammazzato, infilzato come sullo spiedo, nessun testimone, nessun grido, nessun rumore. Eppure qui si sente tutto.
Si potrebbe anche dire che conoscesse chi lo aveva ammazzato, ma di base Don Bastiano tornava sempre ubriaco a casa, dopo delle partite a biliardo che gli venivano lasciate vincere perché altrimenti cominciava a bestemmiare. Tutti gli offrivano da bere e lui non rifiutava mai. Lo reggeva bene l’alcool e tornava a casa sulle sue gambe, ma non si può dire che fosse reattivo. L’assassino o lo sapeva, o gli aveva detto bene e lo aveva infilato di sotto in su e lasciato lì.
Poi le leggi incomprensibili della fisica avevano fatto il resto e con Antonio le avevamo nascoste.
Antonio Ulderighi aveva la mia età, compagni di classe alle elementari e alle medie. Poi lui era andato a scuola dai preti, liceo classico, seminario, ed era tornato in paese, da giovane prete, sempre secco, sempre pallido, sempre solo.
Antonio era nato per fare quello, non aveva esitato un attimo a dire in casa quale fosse la sua vocazione e aveva fatto tutto il percorso con la serenità e la devozione di un essere celeste. La sua famiglia era devota e la notizia gli aveva solo dato conferma di un progetto di vita che si portavano dietro da generazioni. La sorella di Antonio era suora. Suor Allegra, più grande di noi, severa, integerrima e altera. Chissà perché Allegra.
Eravamo tutti amici a scuola, non c’era modo di litigare con lui che emanava quell’aura di santità che ci faceva sentire tutti colpevoli di cose mai fatte. Mentre lui andava al classico, io mi ero iscritto allo scientifico. Sarei bocciato a latino mille e mille volte ancora se lui non ci fosse stato.
E c’era solo lui, perché la mia frequentazione di scuole cattoliche era dovuta al fatto che la mia famiglia era morta e io ero stato accolto in istituto da bambino e cresciuto dalle suore. Orfano di qualsiasi cosa, me ne volevo andare perché l’unica cosa che mi aspettava era la penitenza e a otto anni mi era sembrato eccessivo essere additato come peccatore.
Avevo scelto l’arma perché era la soluzione più rapida e più approvata da chi, seppur con una visione ristretta, mi aveva cresciuto con quello che riteneva fosse amore, una versione molto personale di amore, ma ce l’avevano messa tutta.
Antonio in seminario, io in caserma. Almeno avevo un posto dove stare.
Se crediamo alle strade del Signore, e io ci credo, io e Antonio dovevamo stare insieme e proseguire il cammino insieme.
Il Padre Nostro o i vespri, erano un po’ per me come tornare a casa, sentirmi in famiglia e Antonio era la mia versione di casa, dove mi sentivo accolto e un po’ meno solo.
Mi sarei dovuto sposare, secondo lui, perché è anche il volere del Signore, ma avevo molta paura che Brescia esercitasse lo ius prime noctis e francamente non lo avrei sopportato. Ad Antonio, che non poteva capire, avevo detto che sì, alla prima brava ragazza mi sarei sistemato.
E sì, Antonio comprendeva che ci sarebbe voluto tempo, perché lui le vedeva in chiesa e io le vedevo in giro.
Ma non disperavo. Sempre tenendo conto di Brescia, che santiddio, sarebbe pure invecchiato un giorno.
Don Bastiano a padre Ulderighi non piaceva.
Questo lo sapevo io, perché a Brescia non lo poteva dire davvero.
Padre Ulderighi aveva risposto alle domande dalla canonica, perché se lo avessero visto al comando le voci sarebbero corse alla velocità di un fotone.
Don Bastiano non aveva discusso con nessuno, non ce n’era motivo, ma non aveva discusso comunque, non aveva cambiato abitudini né orari e fra di sé parlavano di cose da preti, insomma. Quel fedele va seguito di più, proponiamo delle preghiere il sabato pomeriggio per tenere i ragazzi occupati, le visite alle vedove e ai malati, questi insomma gli argomenti.
Non c’erano grosse cose da segnalare francamente, andavano d’accordo perché non c’era motivo che questo non accadesse e che la notte in cui Don Bastiano era stato ammazzato, Padre Ulderighi non aveva sentito nulla, perché dormiva dal lato opposto al giardino.
Parliamo del segreto confessionale, aveva detto Brescia.
Padre Ulderighi aveva candidamente risposto che lì di segreti confessionali ce ne erano pochi, perché delle corna dei paesani si sapeva tutto, e Brescia era dovuto stare zitto.
Non era nemmeno incazzato perché aveva perso un amico, di amici Brescia non ne aveva, aveva solo servitori, gli stava sulle palle che qualcuno avesse agito alle sue spalle, che non sapesse chi fosse, che gli avessero toccato quello che era suo.
Era motivato a trovare chi fosse stato per orgoglio personale e per ripicca e quindi aveva fatto partire un controllo a tappeto su tutte le macchine che erano transitate negli ultimi giorni.
In piena stagione di caccia era un delirio, ma Brescia era un mastino e gli va reso merito che per certe cose andava lasciato stare.
Ero andato a parlare con Antonio, con il plauso di Brescia, “tra voi pretigni vi capite, vedi di cavarne qualcosa, e che non sia una benedizione”. Lui col prete non ci voleva parlare.
Antonio gli faceva venire i sensi di colpa solo a guardarlo e lui questo non lo poteva sopportare. Antonio dava fastidio solo con l’esempio, esempio che non aveva alcun effetto su Don Bastiano, che se non si portava a letto le separate, di certo ci si portava le vedove, già che i vincoli matrimoniali erano più che esauriti.
Beveva, giocava, mangiava, cacciava di frodo, fumava e non solo tabacco, diciamo che non lo avrebbero beatificato.
Come non sentisse minimamente l’aura salvifica di Antonio non me lo spiegavo. Fatto sta che Antonio sì disapprovava, ma assolutamente taceva.
Era un vaso di Pandora che non poteva scoperchiare perché Don Bastiano aveva diciamo delle conoscenze, condivise anche con Brescia, che gli lasciavano ampio margine di manovra e che anche se portate alla luce non avrebbero avuto conseguenze, se non quelle di rimuovere Antonio dal suo incarico e se lui restava era per non lasciare me da solo, che solo ero davvero.
Non volevo che Antonio facesse questo sacrificio se lì stava male, ma era una discussione persa oramai da tempo e avevo alla fine avevo pure con gioia, accettato di avere un fratello a due passi da casa.
È vero che avevamo detto a tutti che era stato un incidente, ma in alto sapevano che era un omicidio e quello andava risolto.
“Uno da fuori che cercava i soldi della questua” era la versione accreditata di Brescia e che ci copriva bene le spalle e permetteva una certa severità nei controlli sulle macchine, ma non era quella vera e di sicuro doveva essere stato uno del posto.
Il forcone di notte non era proprio visibile e l’assassino si doveva essere preparato. Da un’idea che mi ero fatto, doveva essere uno mingherlino, perché Don Bastiano sul forcone ci si era appoggiato col peso da ubriaco, altrimenti il colpo sarebbe stato inferto orizzontalmente. Strano l’attacco frontale, ma forse l’assassino voleva che lo vedesse, almeno un attimo prima di morire. Rischioso ma fino a un certo punto, Don Bastiano era sbronzo al punto da dormire fuori a volte e tornava a casa perché oramai erano anni che lo faceva ed erano le gambe a sapere la strada, non lui.
Dopo due settimane di ricerche ininterrotte sulle macchine dei cacciatori, dopo aver mobilitato la forestale che non aveva mai elevato tante multe in così poco tempo, non eravamo arrivati a nulla. Brescia stava meditando se fare una pesca coi nomi dei paesani ed estrarre un colpevole a caso e non dubito che lo avrebbe fatto.
Dopo tre settimane, si decise di celebrare una messa in ricordo di Don Bastiano. Si decise perché non l’aveva chiesta nessuno dei parenti, ma Brescia, a cui era venuto in mente che l’assassino torna sempre sul luogo del delitto se gli se ne dà l’opportunità. L’idea era di osservare molto attentamente i presenti e vedere se prima di tutto mancava qualcuno, a parte gli infermi e se qualcuno aveva un atteggiamento sospetto.
La cerimonia era stata molto bella ma molto fredda, l’unico a parlare in favore del morto era stato Brescia e padre Ulderighi, ma per motivi di lavoro. C’erano tutti, ben vestiti, ben agghindati, a rendere onore a un uomo che di onorevole aveva molto poco. Però era morto ammazzato e qualcuno doveva essere stato per forza, e qualcuno un passo falso lo doveva fare, e qualcosa si doveva vedere.
Una bella commemorazione, con fiori e canti tremendamente stonati ma accorati delle comari in abito nero d’ordinanza, tutti con lo sguardo basso, tutti ad annuire alle parole di Brescia, tutti a dire Amen, niente.
Fra quelle persone c’era un assassino.
Nel vuoto assoluto di ipotesi, restavo dell’idea che fosse stato uno mingherlino, uno piccolo, magro, una persona minuta.
Il numero in questo modo si riduceva abbastanza, data la stazza del campagnolo medio, oppure uno di quelli grossi aveva finto di essere piccolo, ma mi sembrava davvero una finezza eccessiva per il livello intellettuale della popolazione.
Il movente era una cosa che mi sfuggiva.
Un uomo che beveva, bestemmiava, andava a letto con le donne, non è che desse particolarmente fastidio, alla fine, faceva specie solo perché era un prete, ma di base si comportavano un po’ tutti così. Lui almeno non faceva cornuto nessuno, si prendeva solo le vedove e lì nessuno poteva reclamare.
Allora perché ammazzarlo.
Non aveva nemmeno debiti, non aveva segreti da mantenere, tanto lì si sapeva tutto, non aveva svelato il luogo delle fungaie.
Secondo Brescia, Ulderighi nascondeva qualcosa.
Non perché lo credesse ma perché si voleva liberare dai sensi di colpa additandolo di una colpa talmente grave da far sembrare le sue delle marachelle di bimbo.
Voleva di nuovo parlare con Antonio.
Mio fratello.
Antonio.
Ora forse non dovrei parlare così, per il lavoro che faccio, per i principi che ho deciso di servire, per la fede che ho, ma Brescia lo ammazzo se tocca Antonio. Proprio lo ammazzo. Come il suo amico Bastiano.
La sera che Brescia voleva andare in canonica, si è sentita male la figlia dei Bellandi, Teresa.
Era un po’ che stava male, dicevano i genitori, mangiava poco, aveva sempre mal di stomaco. Il dottore le aveva dato le solite cose e pensavano che fosse diventata celiaca, le aveva segnato degli esami specifici e stavano aspettando i risultati. Nel frattempo l’aveva messa a dieta per vedere come andava. Quella sera Teresa era caduta a terra e aveva cominciato fare schiuma dalla bocca.
L’avevano portata al pronto soccorso e lì sarebbe rimasta per capire cosa avesse.
Questo aveva rimandato la visita in canonica. La cosa era solo rimandata, perché Brescia oramai era convinto che Antonio qualcosa la sapesse. Ma non lo doveva toccare. Non doveva.
Teresa era tornata dall’ospedale con nessuna specifica diagnosi, se non un po’ di stress, gastrite, forse qualcosa al lavoro e comunque sempre questo fantasma della celiachia per la quale stavano aspettando i risultati.
Teresa Bellandi era una tranquilla, faceva la segretaria all’ambulatorio medico e qualche servizio alla misericordia, un ex fidanzato che era lì per dei lavori stradali ma non era del posto e quindi poi era tornato a casa. Sarebbe potuto rimanere ma non lo ha fatto, si sono lasciati senza troppo rumore e ognuno è tornato a casa sua.
Non si era poi rifidanzata perché di gente della sua età libera da impegni non ne era rimasta e di lavori stradali non ne avevano più fatti.
Le amiche di Teresa si erano fidanzate e la maggior parte sposate, la invitavano sì, ma alla fine erano tutte coppie e non è che ci fosse molto spazio per lei.
Quindi per ora, pochi matrimoni in vista.
La mattina del 7, con un freddo intenso e ancora nessun iscritto nella lista degli indagati, si era presentato un messo vaticano e aveva preso posto in canonica.
Antonio allora qualcosa la sapeva.
Brescia era scatenato. Un messo vaticano e a lui non era stato detto nulla.
Con la scusa di dare il benvenuto era andato a presentarsi. Non aveva potuto fare domande, non aveva potuto toccare Antonio, era solo potuto andare a omaggiare, furioso dentro e fuori, un’autorità che non lo aveva nemmeno considerato all’arrivo e che non aveva interesse a farlo neanche al presente.
Nessun nome per il messo vaticano, che aveva solo sorriso, annuito, fatto segno della croce ed evitato qualsiasi contatto fisico e verbale con un uomo che era evidente suscitasse il suo disgusto.
Antonio sarebbe stato protetto da forze indicibili, finché quell’uomo fosse rimasto.
Ero andato a dire il rosario, onorato che me lo avessero chiesto, ma era evidente che Antonio aveva parlato di me, come l’unico del posto che rispettasse il Credo e non facesse scempio dei 10 Comandamenti.
Alla fine avevamo parlato della venuta del messo vaticano ed è stato poi chiaro del perché ne avessero parlato con me, ero l’unico in grado di comprendere le motivazioni e le procedure, l’unico, perché ci ero cresciuto.
Antonio alla fine non aveva resistito al comportamento inaccettabile di Don Bastiano, aveva studiato a fondo come poter intervenire nei confronti di un così imbarazzante rappresentante del clero e aveva istruito un Crimen Sollecitationis a suo carico.
Dalla sede vaticana avevano, con una certa calma, inviato un loro rappresentante, un giurista esperto che avrebbe voluto parlare con l’accusato, se non lo avessero ammazzato prima.
La documentazione che Padre Ulderighi aveva presentato era davvero dettagliata. L’istruzione di un Crimen Sollecitationis era l’unica occasione in cui si potesse esporre quanto detto in confessione.
Padre Ulderighi era necessariamente il confessore di Don Bastiano e viceversa. Don Bastiano non aveva considerato l’evenienza che Uderighi ne sapesse abbastanza di diritto canonico da decidere di porre fine alla sua inesistente ortodossia, non pensava che si sarebbe permesso un tale oltraggio nei suoi confronti, o che avrebbe avuto il coraggio o forse nemmeno sapeva che la Chiesa avesse dei reati sui quali non avrebbe sorvolato, per cui si era tolto un sacco di pesi dalla coscienza, in confessione.
Compreso l’abuso della confessione.
Si chiama Sollecitatio ad Turpia, quando il confessore sfrutta la confessione per abusare di qualcuno. Ed è turpe, proprio, perché di copula si parla, resa consenziente da una posizione di autorità che ancor più rende abominevole l’atto.
Brescia l’avrebbe visto come un movente, non la Sollecitatio ad Turpia, ma il fatto che Antonio avesse chiesto l’intervento del Vaticano e non vedendolo giungere, si fosse arrangiato da solo.
Antonio.
L’avevo dovuto dire a Brescia, del perché il messo fosse venuto e ovviamente si era scatenato l’inferno, come se l’inferno non fosse già in terra e i demoni non fossero venuti a riscuotere.
Essere accusato di complicità in omicidio da un superiore non era una passeggiata, ma Brescia era uno che i panni sporchi li lavava in famiglia e non avrebbe messo in manette uno dell’arma, solo perché in primis non voleva passare male lui, et in secundis, non avrebbe dato a nessuno il potere di giudicare quello che lui decideva essere giusto o sbagliato.
Avevo coperto un amico e lui questo lo rispettava in qualche modo. Ma il punto era che Antonio non aveva ammazzato nessuno.
C’era voluta una notte intera per spiegare a Brescia cosa fosse il Crimen Sollecitationis e la Sollecitatio ad Turpia. Il punto era che per Brescia portarsi qualcuno a letto non era reato. Se l’avevi convinto e aveva detto sì, che problema c’era.
L’abuso di potere? Anzi, dal suo punto di vista, ci si doveva sentire onorati ad essere di interesse per qualcuno di un certo livello. Intendeva il suo livello ovviamente.
Don Bastiano non era uno stinco di santo ma alla fine si trattava solo di un coito e di coito, secondo Brescia, non si muore.
Ma Ulderighi poteva essere invidioso, secondo Brescia. Voleva forse liberarsi di un rivale, voleva forse prendere il suo posto.
Bisogna essere davvero perversi per pensare una cosa simile, avere una mente contorta, viziosa, essere viscidi e disgustosi.
Ho cercato di far capire a Brescia che forse la persona abusata o addirittura le persone abusate avevano poi deciso di vendicarsi.
Brescia non capisce la parola abuso. Non capisce cosa possa essere un abuso, che andare con qualcuno non è peccato e se ti hanno convinto è perché alla fine andava bene anche a te.
Secondo Antonio devo pregare per lui, che lui lo fa, perché Dio ha strade infinite e vedi mai che alla fine Brescia si redime.
Don Bastiano non si è redento, gli ho detto, è dovuto intervenire lui a denunciarlo, ma mi ha risposto che lui è uno strumento di Dio, come lo sono io e che ci sono stati dati gli strumenti per intervenire per Suo Nome e conto.
Come un forcone, per esempio.
Ciò non toglie che Don Bastiano si sarebbe potuto redimere, che il messo lo avrebbe portato con sé, che dopo adeguata penitenza avrebbe ritrovato la Via.
Invece ha trovato solo quella del cimitero.
E che strumenti avevo io con Brescia. Che strumenti. L’esempio? Davo l’esempio? Mi rideva dietro tutto il comando perché non avevo mai avuto una donna. “Invece di andare a pregare vai a …”
Perché contravvenire a quello in cui credo per allinearmi al pensiero comune di gente travolta dall’istinto, che non si guarda dentro e neanche fuori? Non giudico, ma non voglio essere giudicato.
Una donna. Ma cosa vuol dire. Una qualsiasi? Solo per avere una mera soddisfazione alle parti basse? E quale lode al Signore porterei se lo facessi, come lo onorerei?
No.
Sono andato a dormire in canonica, per qualche giorno, per proteggere Antonio e per proteggere me stesso, per avere una tregua dal mondo, per passare una notte in preghiera, a chiedere di essere guidato, come facevo quando andavo a scuola e chiedevo cosa ne dovevo fare di me stesso, senza l’esempio di un padre.
Il Crimen Sollecitationis è stato archiviato, a causa del decesso dell’accusato e quindi con l’impossibilità di un confronto. Avrebbero mandato un altro a sostituire Don Bastiano, ma stavolta avrebbero mandato qualcuno di adeguato, una persona degna del ruolo che gli veniva affidato, perché il messo aveva compreso perfettamente quale fosse la condizione in cui versava il paese. Sodoma e Gomorra.
E Sodoma e Gomorra lo era davvero, quando proprio nelle settimane in cui il messo soggiornava da Antonio, un paesano e uno straniero erano stati trasportati via in ambulanza, in una posizione sodomita tale da rendere necessario un intervento chirurgico piuttosto invasivo per separarli.
La vergogna che ho provato è stata grande, profonda, difficile.
Per quanto sapessi di non avere colpe, essere in un luogo tanto derelitto era per me fonte di sofferenza.
Il messo vaticano era rimasto impassibile, un asceta, un uomo di una levatura morale e spirituale inarrivabili, ma anche un uomo che dalla posizione in cui era, aveva assistito a delitti efferati, e da quello che aveva visto, aveva compreso che sarebbe stato necessario inviare qualcuno di severo.
No, Antonio severo non era, giusto, ma non severo.
Un mese dopo la partenza del messo vaticano, senza ancora nessun nome all’appello per la morte di Don Bastiano, la Chiesa aveva inviato Padre Mercader.
Io lo sapevo chi era Padre Mercader, sapevo che origini aveva la sua famiglia, sapevo che era il mio strumento, che era venuto perché io avevo pregato perché venisse qualcuno che pulisse quella melma che era depositata oramai ovunque.
Ero andato a pregare con lui, una sera, dopo che si era sistemato.
Per la prima volta avevo visto Antonio felice, da quando stava lì.
Padre Mercader era gioviale con chi stimava, gioiva, perché Dio vuole che siamo felici, ma alle sue condizioni, diceva.
Ho chiesto a Padre Mercader di aiutarmi, quella sera.
Mi sono confessato, gli ho detto tutto. Ho fatto penitenza per i peccati che ho commesso, ma Padre Mercader mi ha assolto. Siamo tutti peccatori, ma se davvero pentiti, il Signore ci perdona 70 volte 7.
Ho confessato di aver spostato il cadavere di Don Bastiano e ho confessato il mio odio per Brescia, ho confessato il disprezzo per i miei colleghi e per quello che vedevo accadere in paese, ho confessato come fossi stato presuntuoso a credere di essere migliore di tutti loro. Ho confessato che avevo desiderato uccidere Brescia, come Don Bastiano, se avesse toccato Antonio.
Padre Mercader mi ha visto piangere come non piangevo da anni e mi ha assolto. Mi ha detto di pregare e fare bene il mio lavoro, che lui avrebbe fatto il suo.
La domenica della prima messa di Padre Mercader, non mancava nessuno, nemmeno il sodomita. C’era lo spettacolo dal vivo e tutti volevano vedere il nuovo arrivato.
L’omelia era durata oltre un’ora e Padre Mercader non aveva risparmiato nessuno. Nonostante il Crimen Sollecitationis fosse stato archiviato, lui ne aveva parlato. Aveva parlato di tutto, perché sapeva tutto.
Non un solo dei presenti aveva alzato lo sguardo, non uno solo si era mosso o aveva tossito. Padre Mercader era il mio strumento, come diceva Antonio, e aveva colpito anche Brescia, in piena faccia.
Il maresciallo Brescia, mai chiamato per nome, era stato messo in piazza con tutti i suoi peccati, lui, Don Bastiano e tutti gli altri, nessun nome, solo i fatti, uno dietro l’altro. A fine omelia era bianco come un lenzuolo, si era fatto il segno della croce ed era uscito. Non si sarebbe confessato, lo conoscevo, ma sarebbe stato al suo posto per un po’ e forse si sarebbe anche trasferito, tanto lo sapevano tutti che si parlava di lui.
Teresa Bellandi si era sentita male ad un certo punto dell’omelia, i genitori l’avevano accompagnata fuori finché stava ancora in piedi e poi l’avevano riportata in ospedale.
Sempre mal di stomaco, sempre questa schiuma alla bocca. Avevano pensato ad un infarto, certo Teresa così giovane, un infarto, però non si può mai sapere, i sintomi erano quelli. L’avevano ricoverata subito e iniziati i controlli.
Teresa non aveva avuto nessun infarto. A quanto dice la madre ha una forte condizione di stress dovuta a cause da definire e per il momento deve stare a casa. Forse la porteranno in qualche località di montagna, un luogo molto tranquillo, dove passeggiare e respirare, ma con un medico nelle vicinanze.
Nel frattempo il calvario di Brescia era iniziato.
Nessuna donna aveva più voluto avere a che fare con lui, a dire il vero, neanche con i miei colleghi. Era forse la parte più dura, perché le uniche due prostitute residenti se ne erano andate dopo aver parlato con Mercader e le altre donne erano al momento in penitenza alla ricerca del perdono e della redenzione, ma soprattutto alla ricerca della reputazione, oramai smarrita.
Padre Mercader era stato duro, ma soprattutto era stato preciso, ognuno aveva capito quando si parlava di lui o di lei e con chi o con cosa avevano miseramente peccato.
Niente più scorribande per nessuno.
Padre Mercader aveva anche detto che Don Bastiano era stato ammazzato e questo non lo sapeva nessuno.
Teresa aveva voluto parlare con Padre Mercader.
Padre Mercader è stato trovato morto, investito da un pirata della strada, alle 6.22 di domenica mattina mentre andava ad aprire la chiesa.
Dopo solo una settimana Padre Mercader aveva terminato i suoi giorni di legittimo sdegno nei confronti della popolazione.
Sarebbe stato davvero stupido non considerare il fatto che dopo quello che aveva dichiarato ci sarebbero state delle conseguenze, di certo non ci si sarebbe immaginato un investimento con la macchina.
Nessun testimone, nessuna telecamera, nessun segno di frenata, tirato sotto come se non l’avessero visto, ma l’avevano visto eccome, perché la strada era dritta, vuota e c’era solo lui.
Omicidio volontario, forse premeditato. Don Bastiano, Padre Mercader…
Ero disperato, temevo per Antonio e ho chiesto il permesso di andare a dormire in canonica.
Brescia era al telefono da ore come un pazzo a dire che non dovevano mandare nessuno, che avrebbe sparato a vista a qualsiasi giornalista si fosse presentato e che avrebbe protetto giorno e notte l’ultimo prete sopravvissuto.
Il paese era finito sui social anche internazionali, con battute di dubbio gusto tipo “Priest don’t go” e amenità simili.
Forse non so fare il mio lavoro, ma pensavo davvero che Padre Mercader avrebbe riportato tutti sulla retta via, ci credevo sinceramente, che sarebbe stata la mano di Dio, a lavare i peccati del mondo.
Sono andato a parlare con Teresa Bellandi, per sapere perché avesse voluto vedere Padre Mercader. Si era voluta confessare, il suo confessore era Don Bastiano e aveva voluto parlare con il suo sostituto. No, Padre Ulderighi no, erano sempre andati da Don Bastiano, anche i suoi, niente di personale, solo, era sempre stato così. Si era confessata, pentita, assolta. Padre Mercader le aveva detto di pregare la Madonna, in cui lui confidava profondamente, per confortare le giovani donne e perché le stesse vicino, per la sua salute. Le era piaciuto, anche se era rimasta impressionata dalla omelia, era già agitata e sapere quelle cose sui paesani l’aveva scossa e si era sentita male.
Cosa ne pensasse non lo sapeva, conosceva tutti bene o male, le avevano tolto il velo e mostrato la realtà e non era più sicura di voler restare in paese, intanto sarebbe andata un po’ in montagna.
Se aveva bisogno poteva chiamarmi sul cellulare. Non si fa, ma io l’ho fatto. Non la mando a parlare con Brescia.
Le ho detto che avrei pregato la Madonna per lei, non lo facevo mai, ma sarebbe stata l’occasione.

Due notti in canonica e due notti di incubi. Don Bastiano col forcone piantato in corpo che mi seguiva ovunque, Padre Mercader con la spada infuocata che minacciava di tornare dall’aldilà, Brescia che si vestiva da prete e diceva “Da oggi ci penso io”.
Da domani passo la notte in preghiera con Antonio, lo fa lui, lo faccio io. Abbiamo gli incubi entrambi e lui anche i sensi di colpa per aver sollevato il Crimen Sollecitationis e che forse avrebbe fatto meglio a tenerlo per sé.
Ho spiegato ad Antonio che non avrebbe vissuto coi sensi di colpa di aver lasciato che si compisse tale misfatto e ne sarebbe stato complice, un po’ si è consolato, ma Padre Mercader era davvero la luce nella notte delle anime e non potevamo ancora credere che fosse morto.
Per Don Bastiano, pazienza, ma Padre Mercader, no, andava vendicato. Lo so che non si fa, pagherò il mio debito col Signore, ma lui era un suo messo e non potevo lasciare che tutto restasse impunito.
Mentre Brescia indagava, io ero ufficialmente incaricato della protezione di Antonio. Ringraziando tutti gli Angeli e gli Arcangeli, potevo stare in canonica ed essere esonerato dal circo inevitabile che si era creato in paese. Non poteva, no, non poteva Brescia tenere fuori l’Italia intera dal suo territorio, non poteva dire “in alto” faccio da solo, e avevano mandato rinforzi, nella misura dei RIS e di un nucleo investigativo ufficiale nominato appositamente. Alla fine Brescia non aveva fatto un cattivo lavoro, ma il paese andava interrogato per intero, compresi me e Antonio, ma eravamo abituati a Brescia, quindi i nuclei speciali erano come il tè con le signore.
Avevo detto a Teresa che cosa stava succedendo e di non tornare che a cose finite, già era sotto stress, quel bailamme glielo volevo evitare. Tanto cosa c’entrava.
Indagini iniziate di venerdì, tutto il fine settimana impegnato in interrogatori, perché nessuno si inventasse che doveva lavorare. RIS in azione per strada, perché davanti alla canonica, dopo mesi, dopo la pioggia, dopo la concimazione, dopo la semina del prato nuovo, poco c’era da vedere.
Padre Mercader in sogno però aveva detto la verità, che sarebbe tornato, che avrebbe finito il lavoro.
Il maggiore Paolo Romani stava scoperchiando il vaso di Pandora.
Era partito dall’anagrafe, uno ad uno, non aveva escluso nessuno, vecchi, giovani, donne, uomini, chiunque.
“Se non hanno compiuto, avranno saputo”. Era il suo cavallo di battaglia, aveva ragione, qualcuno qualcosa la sapeva per forza, 4 gatti e pure peccatori, figuriamoci.
Romani faceva leva sulle vendette personali, sui ricatti da vicinato, sui confini mal segnalati, sulle multe mai elevate, sulla concorrenza, sulle corna, sui gatti ammazzati e sulla caccia di frodo, sui mezzi senza targa, su quelli non assicurati, sui subaffitti, affitti a nero, tutto.
Paolo Romani era oltre Padre Mercader, non c’era un solo reato che non avrebbe perseguito.
Li stava fregando tutti, spingendoli a darsi la colpa a vicenda.
“Una firma qui, per gli atti”
E avevano firmato la denuncia nei confronti del vicino, senza saperlo.
Ero ammirato, ma non lo davo a vedere. Riferivo a Brescia e stavo alla larga.
Romani era salito in canonica, avevo capito il tipo e gli avevo raccontato tutto, escluso del cadavere spostato.
Di Antonio, che eravamo amici di lunga data, della denuncia alla Santa Sede del Crimen Sollecitationis, del rapporto tra Brescia e Don Bastiano, ai quali sinceramente non dovevo nulla.
Avevo fatto la mia figura, perché Romani sapeva già tutto e voleva solo una conferma che io fossi dalla parte giusta. Peccato per un’ultima domanda.
“Lei sa dove sono i Bellandi?”
“Sono in montagna, motivi di salute della figlia, non conosco la località esatta ma posso chiedere”
“Può chiedere ai signori di rientrare? So che ha il numero”
Quello era stato un bel colpo, ma l’ho parato.
“Vuole parlarci Lei direttamente Maggiore? Glieli chiamo e glieli passo”
La telefonata era stata mediamente lunga, perché Romani qualche domanda l’aveva anticipata ma non si era scoperto. Comprendeva, apparentemente, la decisione di restare fuori paese per evitare ulteriori problemi alla figlia ma era importante che tornassero e rispondessero ad alcune domande.
“Mi aspetto che Lei non dica nulla ai signori Bellandi. È un ordine”
Avrei disobbedito all’ordine se non mi fosse venuto il dubbio che il mio telefono fosse sotto controllo.
Ai messaggi di Teresa rispondevo che ero in canonica a proteggere Antonio e che non essendo di caserma non avevo idea di cosa stesse succedendo e che punto fossero gli interrogatori.
Non potevo giocarmi la carriera e il posto per fare un favore.
Intanto il circo stava dando grande spettacolo.
L’operazione più veloce era stata quella delle patenti scadute, assicurazioni mai rinnovate, revisioni dimenticate, veicoli rottamati ma mai dismessi, false carte di circolazione e meccanici abusivi.
Veicoli sequestrati, confiscati, fermi amministrativi, multe stratosferiche, arresti e inseguimenti. Non c’era una macchina in paese che non fosse una macchina di servizio.
Non c’era una moto, un motorino, un triciclo che Romani non avesse tolto dalla strada. C’era un silenzio di tomba. Brutto paragone, ma rendeva.
Non c’era un solo cristiano in regola con i mezzi, tutti a piedi. Sì. Romani era Mercader o un suo inviato.
Quelli immediatamente dopo erano i ristoranti. Chiusi. Tutti. Dipendenti irregolari, nessun rispetto della legge sulla sicurezza, fornitori di dubbia provenienza, leggi cacciatori di frodo, niente HACCP per gli addetti in cucina.
Se volevi mangiare, cucinavi a casa,
Da lì, intervento della Asl, ufficio di igiene, denunce per i fornitori, denunce per i cacciatori di frodo, denunce per i titolari e i prestanome.
I bar chiusi per spaccio di droga.
Arresti per complicità, spaccio, uso di stupefacenti, ubriachezza molesta, vendita di alcolici a minori.
B&B chiusi e denunciati per evasione fiscale, mancato rispetto della legge sul terrorismo, affitti a nero, Asl per la somministrazione di cibi e bevande non in regola.
Tanti sogni infranti.
Un luogo in cui tutti pensavano di essere esenti da qualsiasi legge divina o terrena finalmente vedeva la spada dell’Angelo Vendicatore.
Brescia stava affondando nella melma. Lentamente ma inesorabilmente.
Come poteva essere che non sapesse nulla di quello che succedeva.
Come poteva non essere anche lui coinvolto nella caccia di frodo, con tanto di foto sui social.
Come poteva essere che quel posto fosse stato dimenticato da Dio e fosse un luogo dove nessuno era innocente.
Romani era inesorabile.
Aveva dato incarico di passare al setaccio metro per metro tutta la zona alla ricerca di armi e ne aveva trovate, anche di auto fabbricate, coltelli, pugnali, un arsenale non dichiarato. Faceva pulizia, già che c’era, di tutto quello che gli veniva segnalato.
Eppure, in qualche modo, Romani chi era stato lo sapeva. Lo sapeva perché glielo leggevo negli occhi. Stava facendo pulizia perché come a me, gli faceva schifo quello che vedeva e visto che questi si denunciavano a vicenda senza saperlo, lui procedeva d’ufficio.
Ma era il sesso quello che gli interessava, perché è da quello che nasce sempre tutto, non è l’ozio il padre di vizi, è la lussuria, è quella che spinge l’uomo verso i più biechi comportamenti.
Voleva sapere del Crimen ad Turpia. Chi è che era stato sedotto da Don Bastiano? Sedotta. Di certo sedotta. C’era un lungo elenco di donne che avevano ceduto alle lusinghe di Don Bastiano, ma a sentirle parlare, in realtà, non erano state convinte con l’inganno, nemmeno convinte. Don Bastiano offriva una disponibilità che da vedove non avevano più e non era uno schizzinoso, che aveva pretese di fisici perfetti o pelli toniche, rughe e kg di troppo non erano per lui motivo di rinuncia, a lui bastava la disponibilità. Era un do ut des.
Ci doveva però essere qualcosa. Non è che si confessassero solo le vedove. Crimen ad Turpia. Sennò Padre Ulderighi non sarebbe intervenuto. Padre Ulderighi sapeva che qualcuno era stato costretto da Don Bastiano, col ricatto, ma chi fosse… questo non era riuscito a saperlo e Don Bastiano era morto prima dell’inchiesta e non c’era nulla che avesse lasciato che desse qualche indicazione.
Intanto i colleghi forestali avevano trovato una distilleria abusiva, diverse piantagioni di cannabis, piccole ma ben curate, animali esotici in cattività, allacci abusivi alla rete elettrica direttamente dai pali, materiale edile rubato, una serie di alloggi improvvisati e cellulari.
Brescia sospeso a tempo indeterminato.
Io chiamato in caserma.
Romani mi aveva tenuto in piedi tutta la notte, ma è da quando ho 16 anni che passo le notti in preghiera o in penitenza, la mattina stavo meglio di lui. Era incazzato perché avevo detto ai Bellandi di stare fuori, era incazzato perché non avevo segnalato Brescia, ma gli ho risposto che Brescia era come Don Bastiano, non si poteva toccare e lui lo sapeva bene, perché prima di arrivare a Brescia, aveva dovuto fottere tutto il paese. Con Don Bastiano era la stessa cosa. L’aveva ammesso alla fine, che aveva dovuto tirare fuori di tutto per liberarsi di Brescia, che era uno che aveva fatto favori a tutti e parato il culo a molti, che se Brescia parlava cadevano diverse teste. Per metterlo al muro era stato necessario screditarlo su tutti i livelli, avere denunce scritte e prove, registrazioni, foto. Ora che era stato sputtanato nessuno gli avrebbe parato il culo.
Anche metà dei miei colleghi erano stati allontanati. Sfruttamento della prostituzione.
Io non so cosa ci sia in questo posto, sembra come la porta dell’inferno, la prova generale dei gironi che uno vede da morto, come se avessero voluto concentrare la depravazione in un unico posto, una specie di riassunto peccatorum, mancava una possessione demoniaca e poi era stato fatto tutto.
Alla fine Romani mi aveva chiesto cosa sapevo del Crimen ad Turpia, se avevo qualche sospetto, qualche idea. Perché a Romani era parso che le donne ci andassero volentieri a letto col prete, che quasi andassero apposta, eppure, forse, un marito, un amante geloso, un fidanzato, un prete…
Piuttosto un giovane maschio, avevo detto. Romani non ci aveva pensato. Era saltato sulla sedia di scatto. Aveva interrogato le famiglie delle ragazze, ma non quelle dei ragazzi. Aveva escluso che a Don Bastiano potessero piacere i maschi, turpe era e non si poteva escludere nulla, avevo suggerito.
Un paio di mamme in cerca della gloria avevano pubblicato dei video in cui si dicevano scandalizzate dalle domande dei carabinieri sul fatto che i figli potessero essere stati molestati dal vecchio prete. Nel giro di poche ore avevano raggiunto la gloria delle quasi 500.000 visualizzazioni. Il circo mediatico aveva preso proporzioni inquietanti, un paio di mitomani in cerca di visibilità avevano rivendicato gli omicidi, alcune donne si erano picchiate rivendicando la posizione di “favorita” di Don Bastiano, la lobby gay si era offerta di pagare gli avvocati e psicologi degli eventuali adolescenti maschi presunte vittime di Don Bastiano, la Santa Sede al momento pubblicava un comunicato stampa in cui auspicava una rapida risoluzione e pregava per le anime dei peccatori, per il resto, silenzio assoluto.
Io resto solo per Antonio.
Mentre con le ultime leggi almeno 8 persone venivano arrestate per aver ammazzato a fucilate i gatti della zona, colpevoli, secondo assurde credenze popolari, di cibarsi di uova di fagiano e di spaventare i cinghiali, mentre la violazione delle proprietà private passava di mano alle verifiche del catasto per ripristinare confini violati, reti spostate, pali manomessi, mentre fioccavano sanzioni per alberi abbattuti senza permesso solo perché quella frutta lì non la doveva mangiare nessuno, mentre venivano sequestrati carburanti alternativi, congelatori pieni di selvaggina di frodo, mentre la nazione volgeva lo sguardo verso quella situazione inverosimile, vedendo denaro sonante entrargli nelle tasche in pochi istanti, i Bellandi erano rientrati dalla montagna e Romani, per evitare il disagio di venire in caserma, era andato ad interrogarli a casa.
Prima tutti e tre insieme, poi a due a due, poi a uno a uno.
Il 28 febbraio di quest’anno la mia vita è cambiata per sempre e ho saputo che le mie preghiere erano state ascoltate e avevo ricevuto risposta, che il Signore mi stava a fianco.
Il 28 febbraio di quest’anno ho scoperto di essere amato profondamente e disperatamente, in segreto, da una donna.
Il 28 febbraio di quest’anno, ho scoperto che non ero solo come avevo creduto e che c’era una persona che mi ammirava e mi amava e avrebbe voluto essere mia, per sempre, nella luce del Signore.
Il 28 febbraio di quest’anno ho conosciuto la gioia di essere nel cuore di una donna che aveva e avrebbe fatto per me qualsiasi cosa.
Il 28 febbraio di quest’anno, questa donna è stata arrestata per duplice omicidio, premeditato.
Il 28 febbraio di quest’anno, Teresa Bellandi ha confessato al Maggiore dei Carabinieri Paolo Romani, di aver ammazzato Don Bastiano prima e Padre Mercader dopo.
Teresa Bellandi era la vittima del Crimen ad Turpia di Don Bastiano.
Teresa Bellandi crede fermamente nella verginità prima del matrimonio.
Teresa Bellandi mi ama.
Teresa Bellandi ha pensato che se non fosse arrivata vergine al matrimonio io non l’avrei voluta.
Teresa Bellandi ha ammazzato Don Bastiano per averla toccata e Padre Mercader perché avrebbe rivelato quello che lei gli aveva detto in confessione, per smascherare Don Bastiano.
Teresa Bellandi ha ucciso per me.
Ho avuto solo pochi minuti per parlare con Teresa e non avrei dovuto, ma l’ho fatto. Le ho detto che la amavo, che l’avrei aspettata, che saremo stati insieme, che l’avrei sposata mentre era in carcere. Le ho detto che non avrei perso una sola udienza e pagato l’avvocato. Le ho detto che era Lei per me e io per Lei. Ha pianto, ha chiesto perdono, le ho detto che un amore così grande da uccidere meritava la gloria e non l’infamia.
Antonio ha scelto di lasciare questo luogo di perdizione, ci siamo abbracciati, mi ha benedetto e augurato tutto il bene. È andato in una missione in Cambogia, lo capisco. Mi dispiace e mi manca molto, ma ci scriviamo e preghiamo l’uno per l’altro. Non ha detto nulla di Teresa, so che è tormentato per non essere riuscito a salvarla da Don Bastiano, ma anche lui non può pensare di salvare tutti e Don Bastiano ha fatto la fine che meritava.
Dispiace per Padre Mercader, davvero, ma Teresa era disperata, temeva di perdermi per sempre.
È vero, Don Bastiano l’ha toccata, ma lei ha lavato l’onta nel sangue e ora è pura come un giglio.
Avrei voluto che fosse Antonio a sposarci sinceramente, ma per accelerare i tempi abbiamo accettato di farci sposare dal cappellano del carcere, dopo che avremo avuto tutti i nulla osta necessari. Ci vorrà tempo, ma un amore così non sente il passare dei giorni.
La caserma in paese è stata chiusa in via definitiva, tutti trasferiti, me compreso. Sono nella grande città adesso, vicino al tribunale, vicino a Teresa.
I genitori di Teresa sono andati a stare in montagna, problemi di salute.
Noi aspettiamo solo il giorno in cui potremo stare insieme alla luce del Signore, mentre Teresa prosegue con le visite psichiatriche, ha un buon avvocato, sta lavorando sulle attenuanti.
Io sono finalmente amato e premiato per aver atteso la donna che merito e sarò per lei l’uomo che merita. Sempre fidelis.


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