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Fotios Katsaros
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Fotios Katsaros

Tre anni presso lo studio dell’architetto Gian Paolo Mar (Zelarino Mestre).

Due anni insegnamento di disegno libero e rilievo presso la Scuola Tecnica di Agrinio.
Premiazioni Premio Nazionale nel concorso per il disegno industriale 1983.
Premio letterario per la poesia nel concorso internazionale in memoria di Aldo Moro 1995 Italia.
Altre attività: Membro fondatore della “Società Storica ed Archeologica di Agrinio”.
Candidato come Sindaco per le elezioni Comunali di Agrinio 1986.
“Leggere lagune”
Poesia
silloge


Greco al foro Romano

Popoli del deserto

Vestire il nudo

Egoismi

Colombo (No a Itaca)
Greco al foro Romano





Ho visto busti di rame,
tombe nel marmo,
l` altezza della potenza,
le mie venne dentro i graniti ho sentito.
Uomini di Omero
figli di Priamo
secoli fin` oggi
eterni dentro policromi sarcofagi.
Figlio dell` Olimpo io
di Agamenone
di tutti i Re.
Il compagno di Ulisse
lo stesso Hercole
l` uovo argentato del mito
l` oceano della sapienza
il vento delle parole
il frontone del Partenone
il segno della Minerva.
Il prigioniero di Paolo
lo sciavo dell` uno
tradimento lenzuolo funebre
dei miei uomini
per secoli figure nei muri
nei cieli dell` uno
nella bianca tomba dell` Olimpo
nelle nuvole delle visioni d` Oriente
siamo la morte.
Popoli del deserto





L` immensa inesistenza
nel deserto
crea religioni, visioni, Dio.
Il suo silenzio fa
che le sabbiose coline parlino.
Una pietra
se ce`
e` parola caduta
di Dio
Una roccia
e fata di molte parole insieme
che diventano leggi
per quegli che vivono nel deserto.
Tutti quegli del deserto
hanno paura della morte
forse perché il deserto
non promette nascite.
Vestire il nudo





La mancata vegetazione nella natura
non irrita gli occhi, ma la mente in profondità.
La sua povertà spinge
l’immaginazione a scavare più a fondo,
a fantasticare su cose non ordinarie ma complesse.
Quando osservo i pendii spogli,
l’unica soluzione è vestirli con la fantasia.
E questa istintiva mania di vestire,
raggiunge il massimo della creatività.
Montagne di pienezza naturale
ti schiavizzano
e ti legano con le catene di pienezza.
Che dire?
Solo, vestire il nudo.
Egoismi





Le onde del mare
degli egoismi
mangiano le coste
del umanità.
Uomini sassolini
nelle lunghe spiagge umane
si levigano
trascinati dalle tempeste
della vitta.
Pace non ce
e quando la bufera passa
ci troviamo
avvolti di scorie
Allora
aspettiamo una mano
per pulirci.
Colombo (No a Itaca)





Soli ne ho visto molti
nascere
nei mari nuovi
Molte Troie
senza il cavalo
di Ulisse
ho espugnato.
Di legno, pietra, acciaio, trasparenti
celesti
i miei sogni
ho fatto.
Il mio ritorno
a Itaca
non l`ho mai pensato.
“Orti dei Dogi”
Romanzi
Introduzione

La città dei fatti è Agrinio, ovest Grecia. E` divisa da un torrente in due rioni, quello ovest si chiama “Fuscari” perche e` stato occupato dal Doge Foscari 1423-1457 e l` est, “Genova”, perché e` stato occupato dai Genovesi. Gli atti notarili tutt`oggi, si riferiscono, in quale dei due rioni avvengono.
Il romanzo e` dedicato a Franco, Luca e Alberto che hanno colorato la mia vita da ragazzino.
A casa mia parlavano spessissimo di loro che nascondevano in tre case diverse e distanti, in modo che se ne arrestavano uno, gli altri potessero scappare, quando i Tedeschi ispezionavano il paese.
Quelle case mantengono i loro nomi, Casafranco, Casaluca e stanza di Alberto in casa mia.
Tutti gli ospiti, li mettiamo a dormire da Berto, cioè la stanza di Alberto.
Nei necrologi che sentivo dalla nonna e le zie, per i loro morti durante la guerra, delle volte sentivo anche i nomi degli italiani. Mi aveva impressionato che versavano lacrime anche per loro.
Fino agli anni ottanta sentivo spesso parlare degli Italiani, sia a casa mia, che nei caffè della città.
I fatti che si riferiscono agli italiani sono veri, li avevano vissuti durante l`occupazione della Grecia.
Il resto e`un mosaico di realtà e mitoplassia.
I piu` fanatici filo-italiani, erano mio zio Niko e Taki, gli avevo detto che li sputtanavo e Taki mi aveva risposto: Noi siamo già sputtanati.
Il romanzo l` ho scritto con la speranza che se lo legge qualcuno e individua dai nomi sopra scritti, almeno uno di loro tre, vissuti nel paese che allora si chiamava Katsarù, sarebbe una immensa gioia. Mio padre e tutti i famigliari mi chiedevano sempre di cercare, non smettere mai.
Se succederà e dirò loro che ho avuto notizie, scommetto che andranno tutti a ballare felici.
Forse ho ritardato a comunicare col romanzo, mi dispiace di non averlo pensato per tanti anni.






Con mio zio a Venezia



Ero in studio.
-Ebbene, nipote, in due anni ad Agrinio, sei andato tre o quattro volte in Italia e a tuo zio niente, nianche un avviso?
- Partivo sempre in fretta, non potevo ricordarmi di te.
-Beh, ci sei andato quattro volte, non una, non due, non tre, ma quattro, sai cosa vuol dire, quattro volte?  
Non pensi per niente a me, malgrado che tuo zio per te, si fa a pezzi. Non e` cosi?  
Ogni volta che mi incontrava, mi faceva questa lamentela: perché non lo portavo in Italia?
Quando veniva in studio, su suo ordine, telefonavo al bar per portare una grappa.
Le prime volte cominciava con l'occupazione della grecia dagli italiani e Pertini.
Diceva che era un uomo, che si era comportato come un ragazzino sull'aereo, quando gli italiani avevano vinto la coppa Europea in Spagna e tutta una serie di riferimenti sempre incentrati sugli italiani.
Ma l'intimità che si è sviluppata tra noi col tempo, si è estesa anche ad altre cose. Vedeva il primo ministro dei socialisti come vedono i tori il telo rosso dei toreri e alla minima occasione, che creava sempre lui, iniziava a paragonarlo a Pertini, dicendo che lui ,era impossibile facesse quello che aveva fatto Pertini e altre cose simili.
Quando un giorno gli feci notare che lo stesso valeva anche per l`ex primo ministro della destra, si infiammò, perché avevo osato paragonarlo col capo di stato.
Allora ingoiava le grappe una dopo l`altra e continuava il discorso con coglionate.
E, mentre mi dava l'impressione che stava per crepare per il nostro disaccordo politico, con un'  ndripling  Italiano di gran classe, mi portava al suo argomento preferito:
"L'Italia e gli italiani durante l'occupazione".
Iniziava sempre la conversazione con la seguente frase:
<Che fighi gli italiani, nipote!>.
Il giorno dopo la parata di ricorrenza del NO, da Metaxas a Mussolini il 28 ottobre 1940, e` venuto in studio, mi rimarrà indimenticabile. Venne verso le undici e mezza, cosa rara, di solito veniva dopo l'una.
Era molto figo, portava anche la cravatta, sembrava continuasse a vivere il giorno del NO.
Sia il suo tono alla frase <salve nipote>, sia il modo in cui si sedette, erano da imperatore, diede subito ordine: -Telefona per portare una grappa, nipote, con spuntino, non come l'ultima volta che l'aveva portata schietta.
- Allora, zio, che c'è di nuovo?
- Non ti ho detto che non mi piace essere chiamato zio?  Mi fa male alle orecchie, porco boia, chiamami barba* e basta. Allora, non sei andato in Italia, vero?
Cosa credi che vada spesso in Italia?, certo che no, cos'è andare in Italia, come andare  in paese?
- L'altra volta pero`,  te ne sei andato con la scusa che era urgente.
- Vedo che sei molto figo, ti tieni cosi`dalla parata del "NO", mi sembra che tu stia ancora festeggiando la nostra vittoria sui tuoi amici italiani.
- E..., gente speciale, unici! Erano fenomeni sessuali, imbattibili. <Che fighi gli italiani nipote>!
Secondo Taki le avevano inscemenite le donne quei fenomeni, quando montavano cantavano anche! Sono  venuti come conquistatori e sono finiti turisti, turisti bellicosi.
Non ho fatto a tempo a dire una parola quando ha preteso di tradurgli l'inno nazionale italiano, secondo lui e i suoi amici.
- Una @@@a da leccare, .......canticchiava.
- Questo, mi disse, deve essere il loro inno nazionale sessuale.
Glielo avevano confermato anche gli altri, Mitsos, Takis e Panos l'Italakias, che lo chiamavano così, perché durante l'occupazione se la passava con gli italiani.
Quando tradussi le parole, una per una, di quello che mio zio e gli altri del suo gruppo chiamavano "l'inno nazionale sessuale italiano", gli vennero le lacrime agli occhi dalle risate e per gli italiani da quel momento in poi, aumentarono ancora di più, le azioni  sessuali.
Ma mi fece capire che sapeva qualcosa dell'inno perché mi guardò come quando voleva pescare  dalle cose che sapevo.
- L'altra, l'hai saputa, barba? Una trentina di concittadini amici degli italiani dell'occupazione, hanno formato, in primavera, un circolo con il sindaco come presidente e sai come l`hanno chiamato? "Amici della Julia". Erano stati invitati in Italia da quelli della divisione Julia che gli avevano fatto anche una grande tavolata a Bologna.
Fu interamente scosso, gli occhi scintillarono di ammirazione e di emozione.
- Cosa mi dici, come non l` ho saputo? Nel circolo c'è anche Takis?
- Non so se ci sia, ma è mai possibile che non ci sia Takis?
– Eh.., se lo trovo quel depravato, gli sputo addosso, il coglione; ma non dirmi niente, il fottuto comunista!?
Va bene, lascia da parte le maledizioni anticomuniste, ho anche altre notizie. Sai come hanno chiamato la piazza sopra la chiesa della Santissima Trinità?  "Piazza Bologna", in ricordo della città dei vostri  insegnanti sessuali.
- Belle cose sento oggi nipote, bravo al sindaco, non ingrato pareggia gli obblighi agli italiani, ordina un'altra grappa.
- Siamo fessi, noi barba; gli italiani ci hanno cavalcati  e noi li onoriamo con il nome di una piazza, per ricordarci che fantini erano stati.
- Ei, nipote, anche noi gli abbiamo messo il fucile nel culo, non quadra quello che hai detto. Maestro ti voglio, di quello che erano stati loro maestri, dei tedeschi cosa possiamo dire?  
Mi hai rovinato l`umore nipote, ordina subito un`altra grappa, per rimettermi in sesto.
Appena il barista se ne andò, porto` il bicchiere alla bocca e lo guardò con una tale distrazione che mi sembrò che nella grappa vedesse tutte le cose che desiderava e aveva più di sessanta anni.
Il profumo della grappa cominciò a espandersi nell'ufficio insieme ai suoi desideri esteriorizzati.
Queste cose accadevano ogni volta che veniva a trovarmi, iniziava con la lamentela del viaggio in italia e finiva felicemente brillo.
Se in quel momento aveva la sfortuna di entrare qualche cliente che conosceva, lo mandava via con la scusa più strana e quando si rassicurava che se ne fosse andato, allora apriva un altro capitolo.
-Vai al diavolo, morto di fame, che vuoi anche casa; hai visto Nionios?
(Nionios era uno zingaro e chiunque non gli piaceva lo chiamava Nionios).
Quando gli dicevo che, vivevo progettando case per quelli come Nionios, disapprovava che ero diventato architetto.
- Senti qua, architetto ad Agrinio! Agrario, caro mio, agrario, avevamo terreni, avevamo gente, che architetto e cavolate mi racconti adesso!
Non aveva mai digerito che ero diventato architetto, non lo considerava un lavoro nobile, lo vedeva come un lavoro da facchino. Quando un giorno gli parlai del ruolo dell` architetto, mi rimproverò ricordandomi agrari di successo e commercianti milionari della mia generazione.
- Hai soldi, nipote, la gente ti rispetta, non ne hai, non ti danno nemmeno il buongiorno. Lascia l'arte ai muratori, avresti dovuto fare agraria. mania per gli italiani.

(continua)
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